Di solito, riesco a riconoscere una giornata particolare da un'altra, ma in quel caso non ci pensai proprio.
Sembrava andare tutto liscio, avevo pranzato ed aspettavo Levi perché venisse ad aiutarmi con lo studio. L'ultima volta era andata relativamente bene, quindi nutrivo forti speranze.
Nonostante questo e nonostante ero felice riguardo la situazione di amicizia tra me e Levi, mi dispiaceva terribilmente dover restarmene a casa con il sole che c'era fuori. Faceva freddo, questo sì, ma io amavo ed amo tutt'ora, l'inverno.
Cercai di levarmi dalla testa il pensiero e mi misi a preparare i libri sugli scaffali.
Ben presto, il citofono squillò vivace, lo sentii dalla mia camera e capii chi era arrivato.
Cominciai a scendere per dare il benvenuto a Levi, ma qualcun altro mi precedette.
Ovviamente la persona sopracitata era mio padre, che i cazzi suoi non è mai riuscito a farseli. Sentii parole strascicate e forse tensione, quel tipo di momento in cui entrambe le persone si osservano dall'alto verso il basso, senza però dirselo mai.
Scesi a dare un'occhiata, ma i due già non si parlavani più.
"Ehi." Salutai il mio compagno di studi che mi fece un cenno e salì per conto suo verso le scale.
Entrammo in camera in un silenzio un po' trattenuto. Io provai a dirgli qualcosa.
"Hai parlato con Grisha?" Sapevo che la risposta era positiva, ma volli cercare conferma.
"Sì. Sai le ho parlato della mia ragazza, Petra." Sospirò, sarcastico.
Io gli volsi un sorriso stentato, come per scusarmi.
Lui mi ignorò e si sedette sulla sedia.
Non feci in tempo nemmeno a seguirlo, che mia madre urlò dalla sua stanza il mio nome.
La raggiunsi in fretta, con Levi stranamente alle mie spalle, che mi seguiva.
"Che è successo?"
"Oh bene, c'è anche Levi. Ragazzi devo chiedervi un favore, so che dovreste studiare ma io devo cucinare e mi manca la farina, non posso fare nulla senza. Non potreste farci un salto voi due? Il supermercato dista una decina di minuti a piedi."
Io rimasi interdetto, guardando Levi.
"Quale farina preferisci?" Il corvino lo chiese a Carla, bypassando completamente il sottoscritto.
Lei le volse un sorriso meraviglioso.Eravamo usciti di casa e camminavamo lungo il vialetto, verso il negozio.
Il sole era freddo, per assurdo. Io ero rintanato nel mio giacchetto, con la speranza di fare in fretta. Nessuno di noi due parlava, solo un profondo e tremolante silenzio. L'unico rumore che potevamo percepire erano i sassolini dell'asfalto che scivolavano sotto i nostri piedi. Ogni volta che Levi respirava, usciva dalla sua bocca una buffa nuvoletta di fumo, a quanto pare aveva freddo anche lui, anche se non lo dava a vedere. Aveva una giacca di pelle, aperta sul davanti e camminava con la schiena dritta e il solito sguardo annoiato. Le sue guance e il naso si erano però un po' arrossati, mentre le mani le teneva ben nascoste in tasca.
Ci ritrovammo a circa dieci metri dal supermercato, quando il mio telefono suonò.
"Pronto ma'?" Levi mi guardò di sbieco, con forse una leggera nota di sorpresa negli occhi.
"Comee!?" Urlai io, dopo che sentii le sue parole.
Chiusi affranto la telefonata, per poi guardare il mio amico.
"Non le serve più la farina." Lui alzò gli occhi al cielo e io mi sedetti su un muretto lì vicino.
"Che si fa?" Chiesi, con le gambe doloranti.
Lui si mise nella mia stessa posizione e alzò le spalle.
"Aspettiamo un po' prima di tornare, mi piace il freddo." Non sembrava una cosa su cui io avrei potuto provare a dissentire, ma andò bene così.
Stranamente, dopo qualche minuto di silenzio, iniziammo una conversazione.
Eravamo seduti in un parcheggio sperduto davanti a un supermercato, non il massimo come luogo, ma trovammo il nostro spazio anche lì.
Cominciammo a farneticare, che nemmeno gli ubriachi, su cose futili e stupide. Mi sentivo incredibilmente a mio agio a fare lo scemo con lui e, nonostante non ridesse e si contenesse sempre, anche Levi sapeva essere un po' più spensierato.
Osservammo insieme i carrelli che erano a pochi metri di distanza da noi.
"Io amo i carrelli." Dissi, risoluto.
"Perché?"
"Non so, mi piacciono un sacco. Da piccolo ci salivo sempre."
"Sì bhe, non sono male."
Qualche manciata di secondi in silenzio.
"Sai che... voglio farti un regalo." Mi disse il corvino, pensante.
Io scoppiai a ridere.
"Che vuoi regalarmi scusa, un carrello?"
Lui assunse un espressione strana, un po' malevola.
"Esattamente."
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Non Ti Voglio Bene [Ereri] (conclusa)
FanfictionEren ha 17 anni e vive con i suoi genitori, è sereno e ogni giorno si vede con il suo gruppo di amici. Ha una vita normale, ordinaria e odia andare a scuola. Non sembra succedere mai nulla, fino a che nella sua vita torna qualcuno di inaspettato, un...