Neanche dovessi dichiararmi

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Sentii il telefono squillare e mi prese un colpo.
Lo ignorai perché non avevo voglia di parlare con nessuno, avevo solo un sonno tremendo.
La testa me la sentivo scoppiare, mentre le ossa mi facevano male ovunque.
Odiavo sentirmi così debole.
Nel frattempo, avrei dovuto studiare e fare mille compiti ma non trovavo la forza nemmeno a pagarla.
Mia madre intanto era di sotto a lavare la cucina e non aveva la minima idea di come mi stessi sentendo in quel momento.
Mio padre invece era al lavoro, fortunatamente. Anche perché, di solito, quando stavo male, era consueto sminuire la situazione, perché "Eren sei un uomo devi essere forte e blablabla..."
Ho solo voglia di dormire.
Il telefono riprese a squillare e alla fine decisi di rispondere
Era Armin.
"Giuro che se non è importante ti prendo a sprangate in faccia."
"Ciao Eren, tutto ok...?"
Chiese il mio amico, evidentemente preoccupato.
"Oh sì, benissimo. Ora dimmi cosa c'è." Risposi io, acido come una vecchia zitella.
"Bhe, ti avevo chiamato perché avevo voglia eccezionalmente di andare a fare una passeggiata ma se non ti va..."
Ci pensai una manciata di secondi e alla fine accontentai Armin, un po' d'aria fresca mi avrebbe fatto stare meglio forse.
Ci incontrammo al nostro parco abituale e seduti su una panchina ci mettemmo a chiacchierare.
"Non so, è da oggi che sto così. La testa mi pulsa e qualsiasi cosa faccia non fa che peggiorare la situazione, è da stamattina che va avanti così, anche se a scuola stavo meglio."
Il mio amico biondo mi guardò con aria compassionevole.
Io fissai le stringhe delle mie scarpe, sperando che queste potessero darmi la forza di cui avevo bisogno.
Non avevo accettato quell'incontro con Armin solo perché mi andava di uscire, in realtà dovevo parlargli.
Alla fine mi feci coraggio e decisi di raccontargli cosa mi faceva davvero stare male.
"Armin." Ruppi il silenzio, serio.
"Sì?" Lui sapeva che dovevo dirgli qualcosa probabilmente.
"Devo raccontarti una cosa, ma mi raccomando, non andare in giro a parlarne o per me saranno guai grossi."
Lui annuì, aspettando che cominciassi a parlare.
Io mi sfogai e gli racconti tutto ciò che era successo all'ultima cena con Levi, ovviamente rivelandogli la bisessualità di questo.
Finito di parlare mi resi conto di sentirmi arrabbiato e agitato.
"Capisco." Disse Armin, serio.
"Capisci?" Chiesi io, non riuscendo a interpretare le sue parole.
"Sì, capisco. Ma sinceramente Eren, riesco a comprendere meglio il comportamento di Levi che il tuo. Comunque, se la cosa ti ha lasciato così segnato, bhe, vacci a parlare." Sentenziò infine, tranquillo.
Io lo guardai male inizialmente, perché non mi era passato neanche per l'anticamera del cervello, ma riflettendoci capii che non aveva tutti i torti.
"Potrei provare." Gli risposi con aria sufficiente, pensando che così non avrei dato l'impressione dell'idiota. Ma Armin mi conosceva bene e si mise a ridere sonoramente.
Io sorrisi senza darlo troppo a vedere.
Tornai a casa in autobus, da solo. Il mal di testa mi era sparito e finalmente avevo una minima idea sul cosa fare.
Avrei chiamato Levi e gli avrei esplicato i miei pensieri, amichevolmente.
Chiamato, incontrato... Insomma quello che è.
Tornato a casa salutai mia madre e mio padre appena tornato dal lavoro, lui mi fece le classiche domande che un padre annoiato fa a un figlio disinteressato e se ne andò.
Arrivato in camera mia mi sedetti vicino alla scrivania, cominciando a ruotare su me stesso con la sedia girevole.
Mi sentivo un po' solo, l'unico rumore a farmi compagnia era il cigolio della sedia.
Mi strofinai gli occhi e mi accorsi che stavo piangendo. Non capii il perché, sembravo solo un adolescente in piena crisi ormonale.
Piangevo e non ne capivo il motivo.
Intorno a me vedevo sfocato, come se tutto fosse coperto da un mantello invisibile.
Alla fine mi misi a letto, dimenticandomi della cena, dei compiti che non avevo fatto e tutto il resto.

La mattina dopo mi sentivo un po' meglio, nonostante avessi ancora sonno.
Mi avvicinai al telefono per guardare l'ora, ma lo sguardo mi cadde sul calendario alla mia destra.
Sabato.

Io il sabato non vado a scuola.
Ommiodio io il sabato non vado a scuola.

La mia reazione fu più o meno questa, ero troppo felice.
Mi scordai completamente di guardare l'orario e mi rimisi a dormire, visto che potevo.

Non Ti Voglio Bene [Ereri] (conclusa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora