L'inizio della fine

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Eren's Pov

Mi svegliai frastornato alle sei.
Sei di mattina anche in gita.
Tutto questo solo perché dovevamo andare a fare una camminata in campagna, ovviamente.
A chi non piacciono le camminate? A parte me e tutto il resto della popolazione esistente?
Inoltre, quella che sarebbe dovuta essere una gita con la classe e solo la classe, si era trasformata in me e Levi.
Non che mi dispiacesse, ovviamente, ma dovevamo anche stare attenti a non farci beccare.
Quando io ero fuori, Levi se ne andava a vagare per il distretto di Stohess, accumulando una gran voglia di stare con me per tutto il giorno.
Più o meno la mia giornata tipica.
Jean mi svegliò dai miei pensieri picchiettandomi su una spalla, in maniera troppo gentile per essere davvero in sé.
Svogliatamente alzai la testa e lo guardai.
"Ieri Berthold mi ha fatto delle domande, stacci attento, grazie."
Ero stato costretto a dire a FacciaDaCavallo dove andavo la sera, dato che lui poteva coprirmi con quella palla al piede di Berthold, che sicuramente appena lo sarebbe venuto a sapere avrebbe spifferato tutto ai professori.
Sbuffai, ma aveva ragione.
Nonostante tutto anche Jean rischiava nel coprirmi, quindi avrei dovuto fare più attenzione.

Armin nel frattempo però si era ripreso molto bene dalla disavventura con il polpettone, l'importante era non pronunciare parole che iniziassero con "po" e finissero per "one".
Tutti quanti eravamo stati segnati dalle sue struggenti lacrime e nessuno aveva intenzione di assistere nuovamente a quel deprimente spettacolo.
Sasha già dal secondo giorno era tornata a sorridere, aiutata molto dall'appoggio del suo premuroso ragazzo, Connie in questione.
Armin che invece non aveva ancora la sua storia d'amore, ci aveva messo di più.
In ogni caso come terzo giorno le cose stavano andando bene, ma, ovviamente, sono sfigato.

La montagna era ripida, ci avevano avvertiti. La nostra guida continuava allegramente a parlare della bellezza degli alberi che ci circondavano, senza rendersi conto che l'unica cosa che lo circondava erano ragazzi che si lamentavano.
Reiner si stirava la schiena, stropicciandosi gli occhi. L'unica persona allegra del nostro gruppo era, in via del tutto eccezionale, Annie.
Vedere Annie sorridere e saltellare da un piede all'altro era incredibilmente inquietante.
Connie la guardò preoccupato.
"Annie, ma sicura di sentirti bene?" Tutti quanti si zittirono per ascoltare la sua risposta.
"Io? Mai stata meglio!"
Qualcosa non ci convinceva.
"Ci credo Annie, tu non sorridi tipo... mai! Si può sapere da dove spunta tutta questa allegria?"
Lei sbuffò, ma ero fatto o cosa?
"Stiamo per entrare in uno dei pochi boschi di Paradise che ha una pianta velenosa, introvabile qui."
Ci guardammo, scoppiando a ridere.
"Fortunatamente sei ancora sana di mente, sempre la solita!"
Qualcuno di un'altra classe provò a ribattere, dicendo che essere felici per una pianta velenosa non era propriamente "sanità mentale", ma venne zittito.
Per noi anche piangere per un polpettone era normale.
Quasi.

La scampagnata durò tanto. Io ero morto, crocifisso, sepolto e resuscitato.
Tornammo in hotel alle cinque e trenta di pomeriggio, più stanchi della mattina appena alzati.
Arrivato in camera mia feci una doccia così bella che penso non la scorderò mai.
Sotto il getto dell'acqua riuscii però a sentire lo stesso Berthold entrare in camera, parlava con qualcuno, al telefono probabilmente.
Rimasi in silenzio e allentai un po' la manopola per captare meglio le sue parole attraverso la porta che ci seperava.

"Jean, tra poco dobbiamo andare a cena cena, muoviti!"
Non dissi una parola.
Berthold era convinto che io fossi FacciaDaCavallo, perciò evitai semplicemente di rispondere.
Il fatto che Jean continuasse ad avere un rapporto con lui mi dava comunque sui nervi, non capivo cosa ci trovasse in quel ragazzo, ma non potevo evitare si parlassero, quindi ignoravo il tutto.
Il problema però persisteva, perché se Berthold fosse rimasto in stanza tutto il tempo io non sarei potuto uscire. O almeno, sì, ma con non poco imbarazzo e una sua probabile incazzatura.
Dal discorso che stava avendo riuscii a capire ben poco, parole come "prof.", "pagare", "due" e... grattugia?
Il suono era ovattato nella doccia.
Alla fine sentii la porta aprirsi e poi sbattere, presi fiato.
Uscii dalla doccia mi vestii, pensando all'unica cosa che mi interessava davvero in quel momento, anzi, la persona.
L'eccitazione che mi ribolliva nello stomaco era sempre la stessa ogni volta che vedevo Levi, come se fosse sempre la prima uscita, il primo bacio o la prima volta.
Prima di andare da lui mangiai giusto qual cosa al volo a cena, Armin mi interrogò con lo sguardo e io sorrisi incerto.
Mi fidavo ciecamente di lui, ma avrei preferito parlargliene una volta tornati a casa, meno la cosa si sapeva meglio era.
Per quanto fosse rischioso, non riuscivo proprio a rinunciare a Levi, avrei sacrificato anche cinque stupidi minuti.
Arrivai in camera sua e bussai quattro volte, come ci eravamo raccomandati.
Aprii la porta e inizialmente non vidi nessuno, poi abbassai la testa e lo vidi steso sul pavimento.
Aspetta... cosa?
Era in tuta e stava giocando a un solitario, con le carte.
Aspetta... cosa?
Rimasi a guardarlo un po' interdetto, ma non dissi nulla.
"È possibile perdere a un solitario?"
Alzai le spalle.
"Se ci sei riuscito lo hai appena reso possibile."
Lui si grattò un punto sulla testa e poi sbuffò, girandosi verso di me.
Mi fece un po' tenerezza e mi sedetti accanto, dandogli un bacio su una guancia.
"Da quante ore stavi giocando a solitario?" Gli chiesi, prendendo in mano un asso di bastoni.
Lui si guardò intorno come a cercare un orologio e poi assunse un'espressione neutra.
"È importante?"

Non Ti Voglio Bene [Ereri] (conclusa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora