Gita!

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Eren's Pov

La settimana dopo passò in fretta, non vidi mai Levi, come in realtà già sapevo, ma non ci fu neanche una mezza occasione. Per la prima volta in vita mia mi concentrai per bene sullo studio, così da poter fare un viaggio senza ansie e paranoie del tipo 'devo recuperare tutto lo studio arretrato appena torno'
In classe la situazione era la solita, Berthold continuava a rimanermi ostile, parlava molto poco anche con gli altri ragazzi. Mi chiesi con chi passava le giornate, a quel punto.
Mikasa e Armin tornarono a essere gli amici di sempre, insomma, lo erano rimasti tutto il tempo.
Sapevo che Mikasa aveva sofferto per me e mi dispiaceva, ma le stava passando per davvero.
Due giorni prima di partire mi mandò un messaggio per assicurarsi che avessi preso tutto, scoprii di avere una seconda madre, a quanto pare.
Io ero super contento, anche perché mi sarei allontanato da mio padre e da tutta la strana situazione che si era creata in casa. Era un continuo conflitto nella nostra famiglia, non mi piaceva starci.

La mattina della partenza arrivai presto e la cosa stupì Armin.
Mi guardò titubante per almeno un minuto e poi si avvicinò cauto.
"Eren...? Sei tu o é un tuo ologramma?" Con le mani fece il gesto per controllare che non fossi davvero una proiezione olografica.
"Simpatico. Sì che sono io!" Gli scostai la mano e lui si mise a ridere.
Piano piano arrivarono tutti, compresi i professori.
Impaziente guardai l'autista, che abbastanza scocciato metteva a posto le valigie, probabilmente non si divertiva un granché a svegliarsi così presto.
Jean si avvicinò a me con un'espressione strana in volto, come se fosse arrabbiato e felice allo stesso tempo, il suo ghigno era comunque piazzato come al solito sulla sua faccia da cavallo.
"Beh Erenino bello, la Prof. mi ha detto che in stanza stai con me." Appoggiò il suo braccio sulla mia spalla e io lo guardai alzando gli occhi al cielo.
"Ma perché!? Scusa ma solo noi due?"
Dopo la mia domanda sembrò innervosirsi, come se stesse camminando sui dei carboni ardenti ma non dovesse darlo a vedere.
Spostò il braccio e si grattò la testa, abbassando la voce.
"Con Berthold."
Armin spalancò gli occhi e la bocca.
"Ma che problemi hanno!?"
Io lo guardai alzando le spalle, cercando di assumere la più totale indifferenza.
"Alla fine loro non sanno i nostri trascorsi, non possiamo fargliene una colpa. Poi magari potrebbe essere un'occasione per riappacificare la situazione."
Sorrisi lievemente.
Jean mi guardò dubbioso, indagando sulle mie parole.
"E da quando sei diventato così saggio? Se essere gay rende più intelligenti potrei farci un pensierino."
Il biondo lo guardò male, come a rimproverarlo.
"Beh ma è vero! Senti gli ho anche fatto un complimento, dovreste esserne fieri."
Sapevo che le parole di quella FacciaDaCavallo non erano instrise di cattiveria, lo conoscevo.
"Sì sì, bravo Jean."
Lui si portò le mani alla bocca, facendo finta di essere sconvolto e tutti e tre scoppiammo a ridere.
Finalmente dopo un'infinita serie di litigate tra l'autista e Sasha, che insisteva a voler portare il cibo nell'autobus.
L'uomo pelato, scoprimmo dopo che si chiamava Billy, urlava contro la rossa che lo pregava di poter portare almeno un panino.
Alla fine riuscì a portarsi una crostatina alla fragola, Connie gliene mangiò metà e lei minacciò di lasciarlo.
"Ma che tipo di relazione malsana è la loro?"
Mikasa era apparsa da dietro il mio sedile e aveva messo la testa tra me e Armin.
"Porca puttana!"
Lei rise, senza capire.
"Scusa scusa, non pensavo fossi lì, ah ciao Annie."
La bionda sbuffò, alzando le spalle.
Finalmente, partimmo.
Il viaggio fu qualcosa di incredibilmente straziante.
Non potrò mai scordare la musica assordante messa dai professori, solo per far impazzzire noi poveri alunni.
Ricorderò per sempre la faccia di Armin che vacilla prima di dare completamente di matto.
Dopo circa un'ora di strazio, la radio smise di provocare suoni.

"RAGAZZI! SIAMO QUASI ARRIVATI NEL DISTRETTO DI STOHESS!"
Il mio Prof. di Motoria urlava a squarciagola, ma Mikasa alzò la mano titubante.
"Sì, Ackermann?"
"Prof., non per dire nulla, ma mancherebbero quattro ore."
Venne ignorata.
Io mi stesi sul sedile e mi infilai le cuffiette stanco, pronto ad ascoltare qualcosa che non comprendesse urli strazianti e strani versi gutturali.

Non Ti Voglio Bene [Ereri] (conclusa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora