Mentre mangiavamo, c'era solo un grande silenzio.
Un'assordante e rumoroso silenzio.
Però in quella situazione mi faceva piacere non dover parlare, perché stavo pensando e dover conversare con i miei genitori mi faceva solo perdere tempo.
Ma a disturbare il mio flusso di pensieri fu, come al solito, mio padre.
"Com'è andata l'altro giorno alla cena?"
Quasi mi strozzai.
Ormai era la quarta uscita a cui partecipavano Levi e i suoi amici, ma io non avevo voglia di discutere per la milionesima volta con lui, quindi non gliel'avevo semplicemente detto.
Anche con mia madre evitai di parlarne più di tanto.
"È stata almeno una settimana fa, comunque bene." Risposi già stanco di parlarne.
Poi mia madre decise di darmi il colpo di grazia.
"Sai tesoro, mi sembra brutto che andiate sempre a casa di Reiner... Perché non inviti i tuoi amici a casa nostra questo sabato? Per cambiare un po'."
Io rimasi a bocca aperta, terrorizzato.
"Ha ragione tua madre, non dovresti approfittare troppo dell'ospitalità altrui. Invitali qui."
Mio padre con questa frase ci mise il carico da novanta.
Io provai in qualche modo a rimediare.
"Ma no, loro stanno bene così, poi a Reiner piace avere qualcuno a casa, i suoi non ci sono quasi mai..."
Mia madre mi interruppe.
"Dai Eren, non ti daremo fastidio, avrete la casa tutta per voi, tranquilli."
Io tentennai scuse su scuse, ma i miei non mollarono e mi toccó accettare.
Arrivato in camera, mi crogiolai nella mia disperazione.
Non potevo non invitare i nostri nuovi amici, mi ci trovavo bene e desideravo riallacciare un rapporto con Levi, anche solo di simpatia.
Ma mio padre me lo avrebbe negato in tutte le maniere possibili immaginabili.
Dovevo trovare una soluzione, era di vitale importanza.
Così mandai un messaggio a tutti, dicendo che l'uscita sarebbe stata spostata a casa mia e poi mi confidai con Armin e Mikasa per chiedere loro un aiuto.
Armin mi disse che ero stato un'idiota perché già li avevo invitati ormai e non si poteva tornare indietro e Mikasa lo appoggiò in tutto e per tutto.
"Bei migliori amici di merda."
Inviai il messaggio e me ne andai a letto.
Quella sera mi ritrovai da solo in un mondo di sogni strani, strascichi di qualcosa che era a metà tra il passato e il futuro.
La mattina seguente ero più stanco da solito, nonostante avessi dormito.
Armin mi guardò e sospirò.
"Bene, oggi sei anche mezzo addormentato! Senti, non m'interessa, cercherò una soluzione per la storia della cena.
La faremo, a casa tua e senza che tuo padre se ne preoccupi."
Sapevo che il biondino era intelligente e sarebbe riuscito a fare qualcosa.
Lo vedevo lì a rimuginare, avvicinandosi avrei potuto sentire le sue rotelle che giravano.
Ad un certo punto si alzò urlando.
"EUREKA!"
"Armin siamo in autobus, stai calmo." Gli dissi sussurrando, sotto gli sguardi dei passeggeri.
"Non importa, allora ho trovato la soluzione."
Io ero esterrefatto, ma come faceva?
"E cioè?"
"In realtà Eren, è molto semplice. Mio padre sai che lavora nel negozio di alimentari, no? Ecco. Visto che è stato il miglior dipendente del mese, gli hanno regalato una cesta di roba da mangiare. Quindi, lui stava pensando di invitare qualcuno ad assaggiare queste cose e quel qualcuno saranno i tuoi!"
Armin era convinto delle sue idee e alla fine io accettai di proporlo ai miei.Tornato da scuola trovai mia madre a cucinare.
Mi avvicinai piano piano, sorridendo.
"Oh Eren! Che colpo! Come mai quel sorrisetto?" Chiese dubbiosa.
Cominciai a parlare velocissimo spiegandole tutto, lei mi bloccò ad un certo punto e sorrise.
"Va bene."
Io la guardai di sbieco.
"Come?"
"Senti amore, capisco che vuoi stare da solo con i tuoi amici, l'importante è che vengano qui. Anche tuo padre sarà contento di scroccare un pasto buono e gratis a casa del signor Arlet."
Io cominciai a saltellare per la casa tutto contento, lei semplicemente mi incitò a mettermi a tavola.
Finito di pranzare chiamai Armin per raccontargli la buona notizia e lui esplose di gioia.
"SONO UN CAZZO DI GENIO!"
Io alzai gli occhi al cielo, ma in realtà avrei voluto fargli una statua.
Ero troppo felice e non smettevo di sorridere.
In più, mio padre, come previsto da mia madre, accettò.Passai i giorni successivi a fare il conto alla rovescia, perché per la prima volta organizzavo qualcosa a casa mia, con i miei amici.
Il sabato salutai i miei genitori a spinte, con la speranza che se ne andassero prima dell'arrivo di Levi.
L'ultima cosa che sentii furono le raccomandazioni di mia madre che ignorai totalmente.
Poco dopo arrivò Connie con Sasha, Annie, Reiner e Mikasa.
Entrarono senza praticamente salutarmi e si sedettero a chiacchierare.
Reiner mi chiamò.
"Beh Eren, ce l'hai fatta a scamparla dai tuoi. Ma io non ho capito, perché loro non volevi che ci fossero?"
Loro non sapevano della bisessualità di Levi e nemmeno che mio padre fosse in quel modo omofobo.
"Ti spiego dopo." La buttai lì, sperando che quel 'dopo' non sarebbe mai esistito.
Alla fine, gli universitari arrivarono.
Hanji come al solito mi abbracciò, grattandomi la testa come si fa ai ragazzini.
"E i tuoi? Dove sono?" Chiese quasi delusa.
"A cena fuori."
Levi mi guardò in maniera strana.
"Non lo rivedo da un po' Grisha." Sembrò più un pensiero che una frase.
Io non risposi, ma mi limitai a sorridere sperando che il discorso andasse oltre.
La cena proseguì normale e ci divertimmo, fino a quando Isabel non fece una cosa molto stupida.
"Ragazzi!" Urlò allegra.
"Cosa c'è?" Chiese Connie per tutti.
"Ho avuto un'ideona! Giochiamo a nascondino?"
Tutti ci mettemmo a ridere e poi tornammo a parlare tra noi.
Lei rimase com'era, in piedi sulla sedia.
"Guardate che non stavo scherzando." Disse, seria.
Levi sospirò e la guardò con aria sufficiente.
"Seriamente Isabel, quanti anni hai?"
"Ma che significa, è divertente."
Sapevo che la rossa fosse un po' così, particolare, ma giocare a nascondino a quest'età...
Eppure lei non lasciò la presa, cominciò a lamentarsi come una macchinetta.
"Vi prego, vi prego, vi prego, vi prego, vi preg-"
"OKAY HAI ROTTO ISABEL, GIOCHEREMO A 'STO CAZZO DI NASCONDINO." Urlò Annie, spazientita.
"Si!" La ragazza alzò le braccia e cominciò a saltellare.
Noi tutti alzammo gli occhi al cielo, ma lo stress era diventato troppo, quindi accettammo una ed una sola partita.
Levi, che era stato costretto da Hanji per evitare di fare il solito guastafeste, prima di andare a nascondersi guardò la sua amica sbarazzina.
"Sei proprio una mocciosa."
"Già e sai cosa fanno le mocciose? Giocano a nascondino!" Gli fece la linguaccia e se ne andò a contare."1,2,3..."
Comiciai a cercare un posto qualsiasi dove potermi mettere.
Vedevo i miei amici che facevano piano piano per non farsi sentire, alla fine ci stavamo divertendo.
Entrai nella camera dei miei genitori.
"4,5,6..."
Non sembrava esserci nessuno, così decisi di infilarmi nell'armadio.
Mi feci spazio tra le giacche e le camicie di mia madre, provando a fare meno rumore possibile.
"7,8,9..."
Nonostante pensai che dieci secondi fossero pochi, io stavo ben nascosto lì dietro.
Ad un certo punto però, sentii la porta aprirsi e dei passetti cauti che si avvicinavano al mio nascondiglio.
"10!"
L'armadio si aprì ed entrò qualcuno.
Inizialmente non capivo chi fosse, poi riuscii ad intravederlo da un piccolo spiraglio di luce, apparso chissà come.
"Levi?"
Lui si spaventò e si girò di scatto.
"Cosa ci fai tu qui!?"
Eravamo a tipo tre centimetri di distanza e non riuscivamo a trovare una posizione.
"Io mi sono messo qui prima che arrivassi." Protestai sussurrando.
Lui sbuffò e si girò bruscamente.
Mossa sbagliata.
Scivolò da qualche parte e si trovò addosso a me.
"Spostati!" Disse lui, scontroso.
In realtà era stata colpa sua, ma pensai di aiutarlo andando in avanti e feci il doppio del disastro.
Lui perse l'equibrio e cade all'indietro, io lo seguii.
La porta dell'armadio si spalancò e ci ritrovammo presto doloranti a terra.
Io era sopra di lui e cercavo di alzarmi, non riuscendoci, ovviamente.
Lui si stancò e decise di catapultarmi via.
Dovevamo aver fatto casino, perché subito dopo Isabel e Sasha (che era stata trovata), arrivarono in camera e ci chiesero dubbiose cosa fosse successo.
Sia io che Levi eravamo imbarazzati e scocciati, così la buttammo sul "nulla di che" e loro lasciarono perdere.Finito il gioco ci ritrovammo in salotto e Sasha tirò fuori la storia dell'armadio.
Nel frattempo io le mandavo maledizioni di ogni tipo."È stato troppo divertente!" Disse dopo aver raccontato ciò che avevano visto lei e Isabel.
Hanji si mise a ridere e poi parlò a Levi.
"Eh Levi... Ora ti fai anche i ragazzini!"
Lui si congelò e la guardò malissimo.
Tutti si misero a ridere, pensando si stesse solo scherzando, ma io capii a cosa si stesse riferendo. Nonostante questo, tutto il resto andò avanti tranquillamente.
Eppure rimasi molto a pensare a come poteva vivere Levi tutta la questione riguardo la sua decisione e la sua famiglia, così organizzai un piano.
Volevo parlargli, da solo.
Uscii fuori casa e gli chiesi di darmi una mano a spostare i cesti dell'immondizia, per racimolare un po' di roba.
"Se sei proprio così smidollato..."
Sentenziò lui, prima di prendere la giacca.
Una volta finito di sistemare la spazzatura ci sedemmo a prendere fiato, quei cosi si rivelarono parecchi pesanti.
"Senti Levi, devo dirti una cosa." Dissi io, senza preoccuparmi troppo della mia impulsività.
"Cosa vuoi?" Chiese lui, distratto.
"So che cosa è successo tra i tuoi genitori e te. Me l'ha raccontato mio padre."
Lui parve sorpreso e poi, occasione eccezionale, sorrise lievemente.
"Immaginavo." Disse solo questo.
"Volevo dirti che mi dispiace e che a me le persone omofobe fanno schifo e..."
Lui alzò la mano per incitarmi a smetterla di parlare e io così feci.
"Senti, non mi interessa. Io ho semplicemente capito cosa volevo e l'ho detto ai miei, loro non hanno apprezzato ciò che sono realmente e me ne sono andato. Se a te piacesse o meno il fatto che io possa essere bisex, non mi è mai importato."
Le sue parole furono un colpo al cuore, mi faceva male sentirlo dire questo su di me.
Decisi di ignorare il dolore che mi mordeva lo stomaco e continuai a parlare.
"Come l'hai capito? Insomma di esserlo."
Lui mi guardò indifferente.
"Mi sono reso conto, nella corso della mia breve vita, che certe cose non avvenivano per caso, succedevano per un motivo. Quindi questo mi ha dato la chiave per capire ciò che sono e ciò che voglio.
Sto bene così."
Sembrava sempre così cupo e vuoto, che vederlo parlare in quel modo mi fece sorridere.
"Capito."
Quel giorno capii che avrei voluto anch'io capire cosa desideravo veramente.
Ci speravo con tutto il cuore.SPAZIO AUTRICE
Ciao ragazzi! Eccomi oggi con il quinto capitolo!
Eheh, sono successe un po' di cose effettivamente...
Povero Eren, che non sa di essere potenzialmente gay!
Detto questo, ci stiamo avvicinando alle 100 visualizzazioni, sono troppo felice.
Grazie per essere arrivati fin qui ragazzi, davvero.
Stellinate, commentate e niente, vvb.
Ciao a tutti!
(Grazie, come sempre, a ultima_onda)
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Non Ti Voglio Bene [Ereri] (conclusa)
FanfictionEren ha 17 anni e vive con i suoi genitori, è sereno e ogni giorno si vede con il suo gruppo di amici. Ha una vita normale, ordinaria e odia andare a scuola. Non sembra succedere mai nulla, fino a che nella sua vita torna qualcuno di inaspettato, un...