Capitolo 58

7.8K 172 12
                                    

"Dove sei?"
Stavo aprendo la porta di legno di quell'antico casale che sembrava racchiudere grandi fette del mio passato, mentre il rumore dell'arrivo di una notifica mi aveva distratta.
Era da tutta una notte che viaggiavo in macchina, cercando di non perdere la lucidità, di arrivare intera e soprattutto a destinazione.
Torino era leggermente più sù dalla Toscana ed io non mi ero mai avventurata, da sola e per di più di notte in macchina , in questa zona dell'Italia.
"Sono arrivata".
Era giusto che rassicurassi Mat che mi stava reggendo il gioco, forse non aveva del tutto capito quello che avevo velocemente cercato di spiegargli prima di mettermi in viaggio ma, non aveva inveito ne aveva fatto storie cercando di desistermi.
Non era più come credevo di ricordarmela, seppure per grandi linee la casa era rimasta la stessa, c'erano dei dettagli che la cambiavano rendendola diversa.
Risposi al secondo squillo, subito dopo aver appoggiato la valigia sul divano della cucina.
-stai bene?- mi chiese la sua voce un po preoccupata.
-mai stata meglio Mat, non è più come pensavo di trovarla ma, ha comunque il suo perché- continuavo a guardarmi intorno, i centrini che coprivano il vetro dei pensili erano quelli tipici delle case di campagna, un tovagliato spesso con la fantasia a scacchi rossi e bianchi.
-lo sai che non chiedo mai ma, avete litigato?- sorrisi perché non era vero che lui non chiedeva mai, ma allo stesso tempo alcune volte gliene ero proprio grata perché spingermi a parlare era stata la soluzione migliore.
-no, assolutamente no- non ero una ragazzina a cui serviva litigare per portare a galla un problema ne che attraverso il litigio pensava di risolvere il problema.
-allora perché non sei con lui a Courmayeur?- ecco quale sarebbe stata la destinazione.
-perché stavamo correndo troppo Mat ed entrambi ce ne siamo resi conto in tempo per poter riprendere in mano la situazione- dalla finestra aspettavo l'arrivo del proprietario di questa cascina che, per anni l'aveva affitata ai miei nonni e che ieri notte, quando la follia mi aveva spinto a chiamarlo, non aveva tentennato per un secondo, garantendomi che l'avrei trovata disponibile e pulita, cosa che effettivamente era stato.
-quindi passerai l'ultimo dell'anno, chiusa in una casa di campagna da sola. Certo che hai proprio dei gusti strani- non c'è miglior compagnia di se stessi; mio nonno Alessandro lo ripeteva ogni volta.
-davanti ad un buonissimo barattolo di marmellata che ho appena trovato- lo afferrai dal mobile
-sta attenta, non sai da quanti anni potrebbe essere li- la svitai e il profumo che ne usci fuori era superlativo.
Era fresca, forse fatta dall'autunno passato, era alle fragole come recitava l'etichetta di carta con la scritta fatta a mano.
Sarei dovuta andare a comprare del buon pane caldo e qualche formaggio dolce spalmabile per mangiarli insieme alla confettura,come avevo imparato a mangiarla quando abitavo a Lione.
-sei stranamente felice e inizio a credere che nel tuo futuro ci saranno solo tanti gatti- un ipotetico futuro da single non mi spaventava affatto ma,non volevo che fosse il mio destino.
Volevo Paulo, oggi più di ieri o dell'altro o dell'altro ieri ancora.
Staccai la chiamata quando sentii bussare alla porta; Raffaele il figlio del signor Tancredi era stato cosi gentile da portarmi una coperta di calda lana e un cesto pieno di cibi che avrei potuto mangiare senza la necessità di cucinarli.
Molte cose erano chiuse in barattoli e sapevano proprio di conserve, quelle che mia madre mi raccontava che anche lei ,quando era bambina, doveva farle aiutando sua madre.
Ogni periodo dell'anno era un'occasione buona per far le conserve, che siano stati i pomodori essiccati al sole e poi messi sott'olio o la caponata, quel miscuglio di verdure fritte al sugo che solo al pensiero mi si riempiva lo stomaco per più di una settimana.
Di sicuro la cucina siciliana non era dietetica e per niente ad alta digeribilità ma metteva tutti d'accordo proprio perche era buona.
-grazie, siete stati cosi gentili- ringraziai Raffaele e come lui uscii di casa per scendere in paese a comprare qualcos'altro da mangiare.
Avevo ancora due ore di tempo prima che anche i piccoli negozi di generi alimentari, tipici di questi altrettanto piccoli posti di campagna, chiudessero per dedicarsi alle festività.
Questi paesaggi facevano bene al mio umore perché erano in grado di sollevare dalle mie spalle tutte le preoccupazioni e soprattutto perché riuscivo ad assaporare il gusto dell'ispirazione.
Le case non erano come a Torino, dove imponenti palazzi si susseguivano tra di loro.
Qui, ogni piccola casa godeva della propria intimità e le finestre erano decorate di luci colorate e piccole rappresentazioni artiginali stavano poste all'ingresso, appese al muro con qualche chiodo che riusciva a reggerle senza farle precipitare per terra.
L'inverno non era famoso per i fiori, pochi di essi riuscivano veramente a resistere alle basse temperature ma, una pianta in particolare riusciva a compensare tutto.
L'agrifoglio.
Era verde e rosso e sapeva di Natale oppure era il Natale che sapeva di Agrifoglio ma ad ogni modo, da solo riusciva ad esprimere l'atmosfera nataliza.
Le case ne erano totalmente decorate e seppure pungesse nei suoi angoli, continuava ad essere coltivato per poi poterlo raccogliere.
Volevo acquistare la bottiglia del miglior vino italiano e dovevo sbrigarmi se volevo trovarne ancora qualcuna.
Lo scout che avevo praticato insieme a mio padre, mi stava tornando utile nel dover accendere il camino per evitare di morire assiderata dal freddo; la coperta di lana era tenuta a debita lontananza e il mio corpo giaceva sul divano di pelle marrone che iniziava a riscaldarsi.
Fuori aveva iniziato da poco a piovere e il vento soffiava forte sbattendo contro le imposte di legno; non avevo paura anzi, ero affascinata dal verso della natura e speravo che avrei goduto della neve, in modo tale da poter tornare a casa con il cuore ebbro di felicità, come quando tornavo a casa dopo esser venuta qui per le vacanze di Pasqua, il momento che più attendevo durante l'anno.
La biografia di Paulo era ancora agli albori e sapevo che nonostante tutto il tempo che avessi a disposizione, molto di questo si sarebbe rivelato inutile.
Scrivere non era qualcosa che potevo comandare; accadeva all'improvviso come per magia che le mie mani prudessero e l'unico sollievo che sapevo dargli era quello di permettetegli di scrivere.
C'erano stati giorni in cui nemmeno la mancanza del sonno era stata capace di farle arrestare, era come se queste vivessero di vita propria e più volte avevo preso in considerazione l'idea che la mia mente e le mie dita, in quel particolare periodo, fossero lo strumento utile per qualcun'altro.
Scrivere sulla carta era rilassante, molto più di quanto lo fosse pigiare sui tasti della tastiera del computer ma, seppure amassi l'odore della carta e il sapore delle mani sporche di inchiostro, dovevo tenermi al passo.
L'immagine di ieri si materializzò davanti ai miei occhi, e ripercorrento tutti i tratti rugosi che si alternavano a quelli distesi del suo volto, riuscii a capire ancora un piccolo pezzo del puzzle.
A volte fa più paura l'idea di soffrire che ci si accontenta di non amare o almeno ce se ne convince perche poi, quante possibilità ha l'uomo di poter vincere la guerra contro un sentimento così forte?
Poche o addirittura nessuna.
Il bicchiere di vino rosso era mezzo pieno tra le dita della mia mano sinistra, mentre i miei occhi si perdevano assorti nell'osservarlo oscillare e sbattere contro le pareti trasperenti di vetro.
I pantaloni del mio pigiama di pile erano impilati dentro le calze calde e il maglione che gli avevo rubato qualche giorno fa, toccava la mia pelle proteggendola dalle basse temperatute, spente dal calore del fuoco che ardeva dentro il camino.
Il sapore fruttato del vino, aveva invaso tutta la mia bocca lasciandomi tante sensazioni positive; il posto non era cambiato ma ero cambiata io.
Con ritmicità digitavo velocemente parole dopo parole e ad intervalli irregolari accompagnavo la mia mano destra sul ponte del naso per sistemare gli occhiali che indossavo a casa, al posto delle solite lenti a contatto.
L'anno vecchio era appena finito e lo capii dai fuochi d'artificio che squarciarono il buio del cielo.
Mi alzai dal divano e con la coperta di lana sulle spalle mi avvicinai alla porta per uscire fuori ad osservarli con i miei occhi.
Erano colorati e facevano parecchio baccano, un tempo quando ero bambina mi terrorizzavano da morire perche non riuscivo a concentrarmi suoi colori, quanto sul rumore simile a un boato assurdo che si scatenava lontano.
Al mio rientro, il cellulare suonava per l'arrivo innumerevole di notifiche che avrei ignorato per augurare buon anno ai miei genitori e a Mat, come avevo da sempre fatto.
Cercai il suo contatto e vi pigiai sopra senza alcuna esitazione; attesi che mi rispondesse e lo fece subito dopo il quarto squillo.
-Nenita- mi rispose immediatamente
-hei- gli risposi, ero contenta di poterlo sentire a telefono.
-buon anno- ci augurammo contemporaneamente per poi ridere alcuni istanti dopo.
-come va?- ora che sapevo la destinazione delle sue vacanze di fine anno, potevo immaginare cosa avrebbero fatto.
-una merda- mi disse e rimasi stupita.
Era con la sua famiglia in un deliziosissimo posto di montagna, uno dei migliori se non il migliore in assoluto .
-qualcosa non va?- lo senti allontanare perché il baccano ,che da prima faceva da sfondo alla sua voce, era improvvisamente sparito.
-tutto non va, a partire dal fatto che non ho avuto le palle di portarti con me ieri sera, quando eri tu che volevo al mio fianco; non sei qui con me perché ti ho ferita e non merito nemmeno di parlarti a telefono e perché Nuhauel è un gran cretino- mi accomodai sulla sedia di legno della cucina.
-io non sono ferita Pau, sto bene e sono tornata in un posto per ricordare un po la mia infanzia ma, sono dispiaciuta nel sapere che non ti stai divertendo come credevo e come speravo- lo senti sospirare prima che un singhiozzo mi arrivasse dritto nelle orecchie gelando tutto.
-Paulo?- avvertivo il rumore del suo pianto e di una porta che veniva chiusa.
-hei tesoro- cercai di farlo rispondere e magari di distrarlo.
-shss, va tutto bene- dedussi che si era appena infilato sotto le coperte, dal rumore del letto.
-giuri che non ti arrabbierai? E che mi amerai anche dopo quello che sto per dirti?- gli risposi di si ma dentro di me, nonostante sapessi che lo avrei amato comunque, ebbi paura.
-Nuhauel ha trovato carino invitare Antonella - sospirai di sollievo.
Mi preoccupava di più l'idea che, non lo so...avesse deciso di cambiare squadra e questo avrebbe significato non poterlo vedere più o almeno non con la stessa frequenza di adesso.
Dal sollievo scoppiai a ridere come se non dovvesse esserci un domani e dopo un po anche lui rise, probabilmente trasportato dalla mia risata.
-perché dovrei smettere di amarti per colpa di Antonella?- glielo chiesi non appena riuscii a riprendere fiato.
-perche lei è qui, con me e la mia famiglia per colpa di quel deficiente del cazzo- adoravo sentirlo imprecare ma certamente non mi piaceva affatto l'idea che potesse aver litigato con uno dei suoi migliori amici.
Io non avrei mai litigato con Mat per nessuno, neppure per Paulo.
-non mi importa Pau; non importa a te figuriamoci a me....non puoi lasciare che una persona condizioni così il tuo umore o almeno, non lasciare che sia qualcuno che non ha più tanta importanza per te a farlo. Quando hai pianto pensavo fosse successo qualcosa di grave ,non che la tua ex avesse accettato di venire li per cercare di conquistarti. Io sono sicura di quello che provo per te e ti amo e ti credo quando me lo dici anche tu- speravo di aver spento qualsiasi suo dubbio o paura che si affondasse nell'insicurezza del mio sentimento per lui.
-te amo, mucho- amai il fatto che me lo disse nella sua lingua perche sapeva ancora più di Paulo.
-dovresti andare a giocare con i tuoi amici e con la tua famiglia e lei, è pur sempre la ragazza che ti è stata accanto per tanto tempo e non voglio temerla ne tenerla lontana da te, sei tu il padrone della tua vita- sorrisi a me stessa e a quanta strada avevo percorso senza rendermene effettivamente conto.
-lei è stata la mia ragazza ma tu, sei la mia donna Gwen e io ho bisogno di una donna come te al mio fianco- l'avrei baciato se ne avessi avuto la possibilità e non mi vergognai a dirglielo; probabilmente avrei fatto con lui l'amore per tutta la notte e non mi sarei stancata.
Mi addormentai più forte di prima e più leggera, certa che il mio cuore stesse dormendo accanto al suo.

Fino Alla FineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora