Capitolo 81

8.8K 187 32
                                    

La sconfitta in caso contro il Real, sembrava aver macchiato di grigio le bianche pareti degli uffici dello Stadium e la squadra era andata in ritiro intensivo sia per la partita in trasferta contro il Sassuolo ma soprattutto per quella di ritorno a Madrid.
-Dario hai finito con le pratiche che ti avevo detto di sistemare?- gli chiesi mentre speravo vivamente che le avesse portate a termine.
Mancava poco meno di un'ora e avrei avuto il mio pranzo in "famiglia" o almeno cosi avevano deciso di definirlo, con le due donne ormai complici ed amiche tra loro.
Non mi dispiaceva affatto andare a pranzo con mia madre e con Alicia, forse però mi turbava il fatto che loro stessero accelerando su tutto quando sia io che Paulo, eravamo sicuri di volerci godere le cose giorno dopo giorno.
Quando si hanno caratteri come i nostri, un po difficili da gestire, un po diffidenti e abituati a cercare dell'individualità personale,in tutte le cose, è difficile provare ad immaginare una vita fatta di condivisioni e allora, onesti come eravamo sempre stati tra di noi, ci eravamo ripromessi che non avremmo sottratto del tempo alla nostra relazione.
Certo, mi aveva chiesto di sposarlo solo sei mesi dopo che ci eravamo fidanzati , e per ovvie ragioni questo sembrava decisamente affrettato ma, fare una proposta non necessariamente significava sposarsi con imminenza.
Era solo una proposta, di certo aveva un significato di rispetto e di fedeltà ma, rimaneva comunque solo una promessa tra due persone che si amano e che decidono di voler iniziare a costruire qualcosa insieme.
Chissà quando sarebbe arrivato il giorno del matrimonio, chissà che non decidessimo di convivere e magari di mettere al mondo dei figli; la vita di certo non ti obbligava a fare qualcosa prima o dopo qualcos'altro.
-tutto fatto Gwen, puoi andare a pranzo- lo ringraziai e sgattaiolai fuori dal mio ufficio, salutando velocemente Sandro che mi consigliò di non correre sui tacchi.
Non sapeva quanto frenetica era diventata la mia vita.
Mi mancava Paulo perché non lo vedevo dalla fine della partita di martedì; aveva ancora, giustamente, l'umore sotto i piedi quando l'avevo saluto l'indomani mattina per lasciarlo andare in ritiro e da allora erano passati tre giorni senza che sapessi come l'avesse gestita.
Questa, potevasi rivelare una grande sfida per me che in genere preferivo avere sempre la situazione sotto controllo mentre adesso dovevo accettare l'amara verità, quella che mi poneva davanti ad un problema: non potevo gestire la vita di Paulo ne tanto meno avrei potuto gestire la mia, perché eravamo cresciuti e di responsabilità ne avevamo tante, forse anche troppe.
La sua espulsione al ventunesimo minuto dalla ripresa aveva decisamente incattivito il suo umore, facendolo chiudere su se stesso e lo capivo a pieno.
Non era fiero di se stesso e ben poco avremmo potuto farci perché non dava a nessuno l'opportunità di avvicinarlo.
Non lo vedevo dal dopo partita nella quale mi aveva semplicemente guardato, come a dirmi che " voleva solamente essere lasciato in pace" e da allora aveva spento tutto isolandosi dal mondo, persino da sua madre che ormai si era rassegnata a sapere che a Paulo serviva tempo, per curarsi le ferite da solo.
Mi ero crucciata per giornate e nottate intere, provando a trovare un modo per fare un passo verso di lui senza invadere i suoi spazi ma, non c'era verso perche in questo ci somigliavamo parecchio e nessuno era disposto a condividere il dolore o la sconfitta.
Eravamo fatti cosi e questo era un lato del nostro carattere che magari con il tempo, stando insieme avremmo imparato a condividere.
Raggiungere corso S. Maurizio, per l'ora di pranzo, si rivelò più difficile di quello che avevo ipotizzato, anche solo per il semplice fatto che a Torino, giusto per non smentirsi mai, pioveva come al solito.
Mai come quest'anno mi stava iniziando a pesare la pioggia, che stranamente in genere mi piaceva per il semplice fatto che mi lasciava l'opportunità di indossare i maglioni, a cui ero particolarmente affezionata; però perché come in tutte le cose c'è sempre un però, la pioggia andava bene anche sette mesi su dodici ma qui iniziavamo decisamente ad andare oltre il limite e avevo la sensazione di essermi trasferita a Forks nello stato di Washington.
Quando parcheggiai la macchina, scesi il più velocemente possibile non volendo mettere tempo ad altro tempo, ero già in ritardo di venti minuti e sapevo quanto mia madre non sopportasse i ritardatari ma, oggi se lo sarebbe fatta andare bene.
-Buongiorno- le salutai distraendole dalle loro chiacchiere; chissà cosa avessero sempre da dirsi quelle due.
-Buongiorno querida- Alicia fu la prima a venirmi incontro e a stringermi tra le sue braccia.
Ci avevo pensato sapete?
Avevo pensato se la mia fosse stata una questione di destino o se la vita avesse deciso di regalarmi una grande super mega gioia.
Non c'era stato un singolo istante in cui io e Alicia non ci fossimo piaciute, neppure per un millesimo di secondo, forse perché entrambe rispettavamo le opinioni dell'altra o forse perché entrambe amavamo Paulo e ultimamente Paulo sembrava l'anello di congiunzione in tutte le cose della mia vita.
-avete già ordinato?- mia madre annui
Mi accomodai al mio posto e mi versai un bicchiere d'acqua bevendolo ,come facevo sempre prima di mangiare.
-di cosa stavate parlando- chiesi cercando di inserirmi nella loro conversazione.
Non avevamo nemmeno avuto il tempo di sentirci da quanto erano tornati da Berlino, ma in compenso sapevo si fossero divertiti e l'importante era questo.
-della Russia, ieri pomeriggio Gustavo ha prenotato i biglietti- mi rispose Alicia, emozionata forse più di tutti.
-io ho sentito Andres due giorni fa è mi ha detto che vengono solo lui e Federico- non avevo capito cosa impedisse o trattenesse Nuhauel a Milano, forse qualche esame universitario.
-si, Nuhauel e Mariano non vengono- come?
Mariano non veniva?
-Mariano non viene?- difatti le chiesi anche parecchio stupita.
Lui e Paulo erano molto legati e mi sembrava assurdo che non venisse a vedere il fratello, indossare la maglia delle seleccion, soprattutto per l'importante significato che celava dietro.
-no- mi rispose sconsolata e non le chiesi il motivo perché tanto, ero più che sicura che avrei chiamato Mariano appena sarei uscita da lì.
-Marco sta facendo tutti i weekend in ospedale cosi poi verrà a vedersi la partita, si sono organizzati con Mat- ed io come al solito mi dovevo occupare di prenotare i biglietti per entrambi, oltre a dover fare altre settemila cose.
-voi, a che ora avete l'aereo domani?- già, domani saremmo andate in Campania, a Benevento per giocare in trasferta con l'omonima squadra.
I ragazzi immaginavo dovessero sentirsi al sicuro, ma non troppo, però rimaneva il fatto che era comunque un importante partita di campionato, utile per accumulare punti e distaccarsi dal Napoli per metterci in capolista, soffiandole il posto.
-di mattina presto- le dissi.
Era il primo anno che non passassi il giorno del mio compleanno a Torino, senza i miei genitori e Mat.
L'idea non mi entusiasmava per niente, inoltre avevo le mie cose da tre giorni e avevo sempre quell'umore un po sul chi va la e mi sentivo infastidita.
-non ti piacciono proprio i compleanni- mi chiese Alicia sorridendo e mia madre annui con lei sapendo bene come la pensavo.
-solo il mio- puntualizzai.
Non disprezzavo i compleanni degli altri, soprattutto mi piaceva festeggiare e rendere un giorno fantastico il compleanno di qualcuno che teneva molto alla sua data di nascita, tipo Paulo.
Il mio, invece, tendevo sempre a renderlo un giorno qualunque senza dargli tutta questa grande importanza; Carolina era stata gentile nell'avvertirmi, che domani sera al Grand Hotel Palace di Torino, Gonzalo e Paulo si erano prodigati insieme alle ragazze ad organizzare un party , e le ero riconoscente per il semplice fatto che mi sarei preparata psicologicamente alla cosa.
-le è venuta questa fissazione dopo i quindici anni- le spiegò mia madre e Alicia mi guardò incuriosita ma seppe bene di non domandare.
Il pranzo fu tranquillo, con qualche chiacchiera colorata e la risata di mia madre mista a quella di Alicia mentre se la ridevano di me e Paulo nella versione da bambini.
Se a quel pranzo c'ero fisicamente, non si poteva dire la stessa cosa della mia mente, totalmente persa a pensare a tutt'altre cose.
Alicia mi sorrise un paio di volte, accorgendosi facilmente che ci fosse qualcosa che non andasse in me e per questo motivo al ritorno,con una banale scusa, salì sulla mia macchina per tornare a casa.
-querida, que pasa?- mi chiese non appena entrambe entrammo dentro casa di Paulo.
-no pasa nada- le dissi non volendola appesantire di altri problemi ma lei, con la stessa tecnica usata da Paulo, mi trascinò sul divano e lasciò che mi sfogassi.
-hai avuto un volto triste per tutto il pranzo, è successo qualcosa con Paulo?- scossi negativamente la testa per rassicurarla che il suo bambino non c'entrava nulla, anzi.
-vuoi che ti prepari qualcosa? Una tazza di tea? Del latte caldo?- le chiesi del tea da poter bere insieme e mi accucciai sul divano ricoprendomi con la coperta di pile che odorava di Paulo e che mi calmò un pochino.
Chiusi gli occhi provando a svuotare la mente da pensieri galoppanti e per niente felici e ringraziai il cielo che il telefono fosse cosi lontano da me da tenermi fuori dalla cattiveria della gente.
Ci avevo provato ad ignorare i commenti poco carini, quelli decisamente maleducati e persino quelli cattivi ma, alla lunga una persona con tutta la buona volontà che ci mette, finisce per lasciarsi scalfire e le cose non sono più cosi insignificanti come prima.
Non volevo che Paulo venisse distratto dalla mia persona, anzi volevo assolutamente il contrario.
Volevo incoraggiarlo a fare di più e a fare sempre meglio, perché era bravo e perche ce l'avrebbe fatta si sicuro.
Provavo dell'astio nei confronti del suo CT argentino perché non conosceva Paulo e non aveva saputo dargli le giuste opportunità per integrarsi quando il suo compito doveva essere quello.
Non poteva parlare di Paulo senza sapere chi fosse, senza averlo visto giocare sereno.
Adesso, mi era chiaro il motivo del perche giocare in nazionale argentina per lui non era più così entusiasmante come invece mi aspettavo e come mi aveva lasciato intendere lo scorso anno.
Le parole avevamo fatto male e lui, per quanto duro e forte fosse era sempre un uomo e come tale reagiva.
Il rumore del bollitore che fischiò, mi fece aprire gli occhi e questi si posarono sulla solita foto di sempre, quella di Courmayer, che Paulo aveva voluto in doppia copia pure nella sua camera da letto e la teneva sul suo comodino personale accanto a quella con tutta la sua famiglia.
Era stato un gesto che mi aveva riscaldato il cuore dimostrandomi che non ero solo io ad essermi perdutamente innamorata di lui ma che, anche lui c'era dentro tanto quanto me.
-eccolo, tieni- afferrai la tazza di porcellana, quella con la scritta "mi campeon" che gli avevo fatto fare dopo la partita contro la Lazio, ricordandogli che le sconfitte servivano a rendere un campione, solo più campione di prima.
-attenta a non scottarti- mi disse immediatamente appena appoggiai le labbra sulla tazza.
Mi trattava come una figlia e Dols mi aveva confessato che quando sua nonna aveva un atteggiamento cosi materno nei confronti di una persona era perché si fidava di lei ed io la volli interpretare come un grande gesto di amore.
Ero contenta e fiera con me stessa per averle dimostrato inconsapevole quanto amassi suo figlio e che mai, per nessuna ragione al mondo avrei voluto che Paulo soffrisse.
-quando Paulo è arrivato alla Juventus, siamo finiti tutti al centro dell'attenzione. Io allora come ora, mi sono sempre tenuta a debita distanza da queste cose che piacciono a voi giovani e poi, sono solo la sua mamma e sarei potuta essere proprio brutta e sarebbe importato poco ma, non è stato lo stesso per Dols e per Antonella- non riuscivo a capire come facesse a sapere sempre il mio problema.
-ma com..- mi interrupe sorridendomi
-io parlo molto con Paulo e lo sia bene;non voglio mai che si possa sentire solo perché si trova cosi lontano da casa e allora so bene di dover essere sua madre ma allo stesso tempo la sua migliore amica e quando mi ha detto che entrambi avevate scelto di dirlo alla stampa, ho pensato che prima o poi avrei visto questo bel volto rattristito per la cattiveria delle persone e allora poco fa ho fatto due più due- mi spiegò facilmente come fosse arrivata al nodo nel pettine.
-perche se la sono presi con Dolody?- no ne capivo il motivo; in realtà no ne capivo il motivo a prescindere ma ad una certa avrei sicuramente digerito meglio gli insulti rivolti alla ragazza ma non alla nipote.
-non lo so, io mi tengo a debita distanza ma a Paulo piace molto- ed era solitamente vero e penso lo faccia solo per sentirsi normale, come tutti i ragazzi della sua età, inoltre era un modo veloce ed efficace per entrare in contatto con i suoi tifosi.
-Paulo si è arrabiato molto quella volta- annui immaginando quanto fastidio gli avrebbe dato, ecco perche non gliene avevo parlato.
-possiamo leggerne alcuni? Cosi ci facciamo quattro risate a leggere quanto stupide siano le persone- mi fece tornare a sorridere perche coglieva sempre l'aspetto ludico nelle cose che avevano un colore grigio e un sapore amaro.
Anche questo era qualcosa che Paulo aveva erditato da lei.
Quando recuperai il cellulare dalla borsa, indugiai un pochino prima di andare di mia spontanea volontà a leggere gli insulti lasciati su foto che ci avevano scattato in giro senza che ce ne rendessimo effettivamente conto.
-non hanno meglio da fare nella loro triste vita- commentò ad alta voce facendomi ridere.
-oh oh, questo qui non piacerà affatto a Paulo- guardai oltre la sua spalla per leggere il commento ed arrossi violentemente per la volgarità di un ragazzino.
-oddio- gli sottrassi il cellulare dalle mani e spammai il commento.
Le persone dovevano pensarci sette volte prima di scrivere tutto quello che gli passava per la testa.
Stare con Alicia, per tutto il pomeriggio mi aveva portato lontano da tutto e mi sembrava di poter parlare con un amica,piuttosto che con la madre del mio ragazzo.
-che ne pensi se la nostra torta ce la prepariamo insieme?- annui contenta
-io non so fare nessun dolce- ammisi imbarazzata
-a te piace mangiarli- ridacchiai annuendo perfettamente concorde con lei
-proprio così!- mi sorrise e pescò tutti gli ingredienti dalla credenza, dimostrandomi che era andata al supermercato perché ero certa che Paulo non tenesse burro ne farina zerozero.
- me lo dirai mai perché non ti piace il giorno del nostro compleanno?- deglutii mentre la osservai rompere le uova dentro una ciotola e separare i tuorli dagli albumi.
-perché quando avevo sedici anni, mi sono sentita male il giorno del mio compleanno e sono finita in ospedale per poi scoprire di avere un tumore- mi guardò per alcuni istanti e poi con tutte le mani imbrattate di impasto si avvicinò per baciarmi una guancia.
-però sei qui, non dovrebbe essere abbastanza da ricordarti che hai vinto?- non seppi bene cosa risponderle perché aveva ragione.
-devi sorride querida, la vita è bella- mi fece sorridere contenta per averla incontrata nella mia vita.
-grazie- le disse mentre lei sistemò con il polso un paio di occhiali da vista sul ponte del naso e mi chiese di porgerle della farina sulle mani.
-stop- mi disse ed io mi arrestai immediatamente.
-a Paulo piacciono molto i dolci, soprattutto quelli al cioccolato- come me
-non vuoi imparare a cucinarli?- in realtà avevo provato con Mat ma lui non è che fosse tanto più bravo di me.
Se la cavava.
-vorrei ma forse non sono proprio portata- mi guardò ridendo
-quando vieni a trovarmi a Laguna prometto di farti un corso intensivo di pasticceria cosi sarai pronta per mettere su famiglia- le sorrisi e la porta di ingresso che venne aperta mi salvò da una situazione imbarazzante.
-mamì?- chiamò ad alta voce Paulo
-estoy aquí- gli rispose e il giovane calciatore si trascinò con il borsone in spalla dentro la cucina, rimanendo stupito dal vedermi insieme a sua madre.
-hola amor- mi baciò sulle labbra mentre mi imbarazzai da morire.
Diamine non mi sarei mai abituata a questa cosa.
-cosa preparate?- chiese distrattamente a sua madre mentre le baciò la guancia.
-la nostra torta di compleanno- gli rispose entusiasta e Paulo mi guardò per capire se mi andasse bene ed io lo rassicurai.
-vado a cambiarmi e a mettere la roba in lavatrice- mi chiese tacitamente di seguirlo ma rimasi incollata alla mia sedia osservandolo uscire dalla cucina e salire le scale per il piano di sopra.
-siete proprio innamorati, mi ricordate me e mio marito- non riuscii realmente a farle capire quanto mi avesse scossa da dentro questa sua frase.
Io,volevo dare a Paulo la sicurezza di un amore che non sarebbe tramontato mai, come quello di Alicia e Adolfo.
-è bellissimo- quasi mi commossi con tanto di lacrime al seguito.
-puoi andare sai? Sono una mamma non una cieca e so per certo che Paulino ti sta aspettando su- boccheggiai alcuni secondi prima che la sua risata contagiasse anche me.
Salii gli scalini a due a due e quando lo trovai con la schiena nuda, intendo a cercare una maglia dalla sua cabina armadio, non persi tempo ad aggrapparmi come un koala alle sue spalle.
-eccoti- mi tenne stretta e mi appoggiò sul letto chinandosi per baciarmi.
Portai le mie mani sul suo volto e glielo baciai centimetro dopo centimetro, ero cosi contenta di poterlo vedere dopo quelli che sembravano anni piuttosto che giorni.
-ti fa male ancora la pancia?- mi chiese premuroso
-solo un pochino ma domani tutto dovrebbe esser finito- sorrise contento
-sii- strinse i pugni alzandoli in aria con fare vittorioso
-stupido- lui rise e si buttò sul mio corpo arpionandomi i fianchi.
-mi sei mancata- mi sussurrò sulle labbra
-anche tu mi sei mancato- lo baciai facendo rimanere in contatto le nostre labbra per molto più tempo.
Rimanemmo in silenzio per alcuni istanti mentre gli accarezzai i capelli ed i nostri corpi rimasero illuminati dalle luci della cabina armadio.
Aveva una quantità industriale di camicie da indossare e mi chiesi quale domani sera avrebbe indossato.
Impazzivo quando ne indossava una bianca perché metteva in risalto il colore della sua pelle e perché aderiva maggiormente al suo corpo ed era un vera e propria goduria poterlo osservare e compiacersi per averlo al mio fianco,come mio uomo.
-a cosa sta pensando la tua testolina?- risi per il solletico che le sue labbra provocarono sul mio collo.
- a quanto sei bello e mio. Passerei la vita a guardarti - guardai il suo busto ancora nudo e cosi tonico da farmi perdere il senno.
Era oggettivamente bello e talvolta mi sembrava di avere un ossessione per lui.
-allora non sono solo io ad avere istinti maniaci- risi di cuore mentre lui mi sfilò così velocemente il maglione che non me ne resi conto almeno finche la sua faccia non si immerse tra i miei seni e lo stupido iniziò a fare versi di approvazione.
Quando avevo il ciclo le mie tette diventavano, per me, enormi e a volte i normali e abitudinari reggiseni sembravano rifiutarsi nel contenerli e dato che mi facevano anche parecchio male, se potevo evitavo di indossarlo e a Paulo piaceva parecchio.
-c'è tua mamma giù- lo ammonii mai lui trovò carino riempirmi il petto di morsi e succhiotti.
-mia- mi disse stringendomi al sul corpo ed incastrandomi tra se stesso e le lenzuola bianche del letto.
-tu stai bene?- gli chiesi con profonda sincerità volendo solamente essergli vicino
-si- ma i suoi occhi mi dicevano il contrario, cosi lo strinsi a me più forte che potessi.
-è stata solo una cattiva giornata non sarà una cattiva vita- glielo sussurrai accarezzandogli i capelli mentre lui accarezzò con i polpastrelli quella stessa frase che stava tatuata sulle mie costole di sinistra.
-ho fatto schifo- era normale avere un calo ma, se si fosse lasciato a questo non sarebbe più venuto fuori.
-è vero, non hai giocato come fai di solito ma cosa possiamo farci? Devi imparare ad ascoltare il tuo corpo senza pretendere che lui ti dia sempre il cento per cento anche quando lo sforzi troppo. È come chiedere ad una macchina di correre senza la benzina nella tanga- lo guardai provando a capire fin dove arrivasse il suo malessere che metteva di cattivo umore anche me.
-mi alleno tutti i giorni, deve sempre darmi il massimo e pretenderlo è la sfida della mia vita- era chiaro che la situazione fosse più pesante di quello che sembrava.
Gli posai un mano sugli occhi,costringendoli a chiuderli.
-cosa vedi?- gli chiesi
-niente- mi rispose serio
-cosa vedresti se invece io ti permetessi di aprire gli occhi?- continuai a chiedergli
-te, la stanza, la cabina armadio e il bagno?- mi rispose titubante.
-bravo, quindi se chiudi gli occhi e provassi a rivivere nuovamente quella partita cosa vedresti?- sospirò non tanto felice del dover rispecare fuori una partita del genere
-me che gioco da schifo e la faccia di Carvajal- gli baciai le labbra per alleggerire il suo cuore appesantito.
-se ti permettessi di giocare nuovamente quella stessa partita, alla fine cosa vedresti- ci pensò su e poi trattenne un piccolo sorriso
- la vittoria in casa, la possibilità di poter giocare la partita di ritorno con un po di più serenità e le urla dello stadio alla fine di tutto- tirai via le mani dal suo volto e lascia che i suoi occhi incontrassero i miei abituandosi nuovamente alla luce dei faretti.
-vuoi continuare a vivere al buio oppure vuoi vederci e andare avanti e migliorare?- gli accarezzai il volto
-voglio vincere, è una fame che mi divora da dentro- sorrisi nel vedere la solita scintilla che caratterizzava i suoi occhi.
-vuoi vincere? Allora,torna ad essere il Paulo di sempre e ascolta il tuo corpo e soprattutto va a quella partita e dai la forza ai tuoi compagni; non puoi giocarla beh, allora incita gli altri, spronali a fare quello che vorresti fare tu se l'avessi potuta giocare. Il Paulo Dybala che amo non si piange addosso- mi baciò per un tempo che sembrò non voler terminare
-ti amo- gli dissi mentre mi strinsi a se provando a rilassarmi dopo giorni che mi torturavo.
-vuoi riposarti un pochino? Io vado con mia mamma a farle compagnia- annui perché ero davvero esausta da tutta un'intera settimana e il letto di Paulo profumava cosi tanto di lui che mi rilassò immediatamente.
-ti amo, vengo a chiamarti prima di cena- mi baciò un'ultima volta prima di coprirmi con il piumone e lasciarmi dormire comodamente.
Non più tardi di un'ora mi svegliai riposata e felice di aver aperto gli occhi nella camera di Paulo, dove iniziavo a trovare una certa familiarità.
Indossai una tuta che tenevo da Paulo proprio per situazioni come queste ma, la felpa la rubai dal suo completo perché era più grande e perché odorava del profumo più buono del mondo.
Il suo.
Stavo scendendo le scale prima che sentissi Paulo e sua madre parlare tra loro, entrambi seduti davanti alla loro tazza di mate ,in salotto.
Non volevo interrompere un momento così intimo ma allo stesso tempo ero curiosa di sapere che cosa si dicessero dal momento che era stato fatto il mio nome per ben quattro volte.
-perché la amo davvero mamma e non voglio perderla- Alicia gli sorrise e Paulo appoggiò la sua testa sulla spalla di sua madre.
-lo so, anche lei ti ama tanto e sono contenta che tu abbia trovato la donna giusta per te- mi si riscaldò in cuore.
-voglio avere una famiglia con lei; vogliamo dei bambini e so che stiamo insieme da ancora poco tempo ma io voglio la mia famiglia- istintivamente mi toccai il ventre e chiusi gli occhi provando ad immaginare una famiglia composta da noi e un bel bambino o una bella bambina.
-le hai mai chiesto se lei voglia dei bambini? È una ragazza a cui piace ottenere tanto dalla propria carriera, magari vuole anche del tempo per mettere su una famiglia- aveva centrato il punto come sempre, dandomi persino l'impressione che mi conoscesse addirittura meglio di mia madre che mi aveva messo al mondo.
-anche io voglio ancora del tempo con lei e non la forzerei mai. Siamo entrambi giovani e voglio godermi la mia vita da giocatore e da marito con lei . Voglio fare un sacco di cose con Gwen perché con lei mi sembra tutto più bello- la madre gli accarezzò il volto e Paulo le baciò la mano
-le ho chiesto di sposarmi- gli confessò, come anche io di nascosto lo avevo confessato a mio padre.
-lo sapevo, le ho detto che avrebbe avuto la mia benedizione- sorrisi e mi abbracciai da sola mentre me ne stavo seduta in cima nel primo scalino .
-voglio sposarla entro la fine dell'anno; voglio che sia mia moglie- Alicia annui contenta mentre io mi immaginai in uno di quei giorni che mai avrei pensato sarebbero potuti accadere nella mia vita.
-non ho visto alcun anello però- costatò la madre.
-ecco, mamì ...io - mi tappai immediatamente le orecchie non volendo ascoltare nulla.
Le sorprese mi piacevano e non volevo rovinarmene nemmeno una.
Tossii di proposito prima di iniziare a scendere le scale e quando mi affacciai sul salotto finsi di non avere il cuore che battesse a tremila al secondo.
-ben svegliata querida, la nostra torta è a raffreddarsi e più tardi ti va di vedere come si fa la crema al cioccolato?- annui portandomi un dito sulla guancia.
-buonissima- Paulo rise e si alzò ad abbracciarmi.
-ti amo- mi sussurrò mentre io glielo urlai con gli occhi per brillavano per lui.

Fino Alla FineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora