Capitolo 89

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"Sei a Londra e non me lo dici? Zio Pat si sente offeso" lessi il commento alla storia che avevo postato mentre, cercavo di riprendere il traffico londinese mentre Paulo si divertiva a mordicchiarmi l'orecchio.
-hai letto?- gli dissi mentre eravamo in fila al semaforo per poter attraversare la strada e andare al Big Ben.
-i love this game- mi disse strizzandomi un occhiolino.
Se non ero il proprietario di nessun club calcistico mi rendevo conto che, oltre a dipendere dal fatto che non avessi tutti quei soldi, ci si metteva di mezzo il fatto che io mi affezionavo ai giocatori e per me sarebbe stato impossibile separarmi da ognuno di loro.
-vuoi vedere zio Pat?- mi chiese contento
-anche solo per un aperitivo- annui chiamandolo addirittura direttamente dal suo cellulare.
Patrice Evra era proprio un uomo da spettacolo, e non solo in campo con una palla tra i piedi, ma in generale.
Sapeva divertirsi e se ne fregava di tutto il resto.
-lui e Poggy sono gli unici francesi che puoi frequentare senza che mi incazzi- mi fece ridere la sua espressione seria.
-neanche Blaise? O Gigi che sta per andare al Psg?- mi baciò ridendo
-solo loro, e Dani Alves perché altrimenti mi picchia- stavolta fui io a ridere.
La notizia che a breve si sarebbe dovuto operare, saltando il mondiale, mi aveva rattristita ma, gli avevo augurato il meglio e una pronta guarigione in grado di portarlo in campo nelle migliori condizioni fisiche.
-che fai?- quasi lo urlai nel momento esatto in cui i miei piedi non toccarono più il solido asfalto.
-se continuassi ad aspettare te, saremmo ammuffiti- protestai perché non era assolutamente vero che fossi lenta.
-brontolone- mi baciò velocemente il braccio con cui mi aggrappavo al suo busto per evitare di finire rovinosamente per terra.
La quantità di pedoni che c'erano, era assurda confermando il fatto che Londra fosse una meta turistica affollata, in qualsiasi momento dell'anno.
Oggi,neanche troppo stranamente dato che eravamo in Inghilterra, c'era il sole e si poteva benissimo stare con solo il giubbotto di pelle sulle spalle.
-mi metti giù?- gli chiesi e lui fortunatamente mi lasciò ri-appoggiare i piedi per terra, tenendo però un braccio sulle mie spalle.
-Pat viene pomeriggio- lo avvisai e lui semplicemente annui, spostandosi gli occhiali sulla testa e alzando gli occhi per guardare il magnifico orologio.
Tutti, appoggiati al muretto, si lasciavano alle spalle l'immenso monumento per farsi una foto.
-sorry, can you...are Dybala! Oh mio dio!!!- urlò una ragazza non molto più piccola di me.
Paulo rimase stordito per pochi secondi prima che le sorridesse ed io guardassi la scena divertita.
Peccato!
Con una volta che qualcuno gli stava chiedendo di farsi fare una foto da lui piuttosto che farne una insieme a lui; sarebbe stato un momento epico da ricordare.
-possiamo farci una foto?- lui annuì e aspettò che al solito lei lo abbracciasse e lui sorridesse gentilmente per il selfie.
Ovviamente con lei, c'erano tutta una serie di altre sue amiche e tutte erano Piemontesi e me ne accorsi dal tipico accento che avevamo e che ci permetteva di riconoscerci in tutte le parti del mondo.
Io lessi velocemente qualche informazione interessante sulla costruzione dell'orologio, dando a quelle ragazze la possibilità di ammirarlo per qualche altro minuto.
-grazie- sentii dire a Paulo forse in un tentativo di passare oltre ma, con un gruppo di almeno dieci ragazze, ci voleva ben altro che un semplice grazie per farsi mollare.
Risi divertita,non provando nemmeno a girarmi perché sia mai che si dicesse in giro che impedivo a Paulo di stare con le sue fan, non era nemmeno una cosa che pensavo per il semplice fatto che, io al posto loro forse sarei stata più discreta ma,Mat ad esempio avrebbe fatto anche peggio.
-stronzetta- mi disse non appena il tessuto del suo jeans scuro si scontrò con il mio e i suoi piedi ,con addosso un comodo paio di scarpe da tennis, si intrecciarono ai miei mentre la mia schiena si adagiava al muretto.
- ragazzino, non sai gestire dieci ragazze tutte insieme?- lo stuzzicai
-gestisco te che sei una ma fai per cento, sono stato solo gentile e cortese come mamma mi ha cresciuto- risi
-paraculo- mi dissi baciandolo subito dopo.
Lasciai che il traffico di gente ci scorresse attorno mentre Paulo mi alzò facendomi sedere sul muretto e tenendomi stretta; potevano stare cosi realmente poco prima che la polizia londinese inevitabilmente ci avrebbe costretti, giustamente, a metterci totalmente sull'asfalto per evitare spiacevoli inconvenienti, tipo cadere dal muretto.
Quando riprendemmo a camminare, ridendo tra di noi per delle battute squallide, la maggior parte mie, mi resi conto che per la prima volta eravamo via da Torino e senza drammi intorno.
Mentre camminavamo i miei occhi furono catturati da una bambina, non più grande di quattro anni che camminava, sgambettando velocemente e seguendo i passi di suo padre che le stringeva la mano.
La cosa che mi fece sorridere di cuore fu ciò che indossavano, lui la maglia nera con scritto MY7H della Juve, quella messa in vendita proprio per la vittoria del settimo scudetto mentre la piccola aveva la maglia di Paulo, la numero dieci bianco e nera.
-che guardi?- mi chiese curioso ed io immediatamente gli indicai il punto, non troppo distante di noi ma dall'altro lato della strada.
Paulo si affrettò immediatamente a scattare la foto ed ebbe persino la fortuna di vederli in volto, mentre anche loro concentrati cercavano di capire che cosa fare.
-sai, potresti mettere online un contest che se riescono a contattarti sul tuo instagram gli mandi una tua maglia autografata- la buttai li, avendo una delle mie solite idee che mi portavo dietro anche quando non lavoravo.
-sei grandiosa- sorrise e mi baciò facendomi ridere.
Con lui al mio fianco, ed una guida turistica tra le mani, comprata rigorosamente in spagnolo sotto le mie inutili proteste, provavo a capire se oltre allo scontato London Eye, ci fosse qualcosa di decisamente più bello da fare.
- possiamo andare lì?- mi chiese eccitato più di me appena guardai dove il suo pollice fosse atterrato,in quella moltitudine di attrazioni ludiche che vi erano stampate
-vuoi andare sulla pista dei go kart?- gli chiesi emozionata e già pronta a dirgli di si, assolutamente si.
-si, cosi ti batto- mi disse ed io inarcai un sopracciglio
-mangerai il copertone delle ruote- gli risposi in perfetto stile Fast and Furious, facendolo ridere.
Digitai il numero sulla tastiera del mio cellulare e mi prodigai a chiamare chiedendo informazioni.
Il proprietario o forse qualcuno che vi lavorava,  ci disse che avrebbero aperto dopo pranzo e rimasi delusa nel sapere che non saremmo potuti andare perche non potevo dare buca a Patrice ma poi, Paulo mi costrinse quasi a prenotare per tutti, certo che a Pat non sarebbe dispiaciuto.
-lo conosco bene baby, fidati che si divertirà come un matto- mi rassicurò non appena misi nuovamente il cellulare in tasca.
Pranzammo velocemente in un piccolo ristorante nel centro di Londra e poi, alle quattordici in punto, quasi come un orologio svizzero, arrivò Pat con la sua indiscutibilissima e bellissima Ferrari in grado di farmi piangere per tanta bellezza.
Ecco perché Paulo era certo che gli sarebbe piaciuto; perche comprare un bolide del genere voleva inevitabilmente significare due cose: che eri ricco e che ti piaceva la velocità.
Più che eri ricco, certo.
-Zio Pat- lo salutai abbracciandolo immeditamante non appena entrò dentro il locale.
-piccola Gwen- mi strinse e poi salutò Paulo, stringendosi nel loro modo fraterno.
-come state, ragazzi miei- ci chiese ad entrambi, stringendomi a se e facendomi sorridere.
Mi mancava un sacco, era uno di quelli che rendevano lo spogliatoio un posto che mai avresti voluto abbandonare,neppure per tornare a casa a riposare.
-piove, come sempre- commentò Paulo
-te capisco hermano- effettivamente non è che a Londra facesse tanto meglio.
-in compenso però mi ha convinta a sposarlo- Paulo sorrise guardandomi.
-ho visto. È strepitoso ragazzi miei! Voglio un invito- risi poggiando la testa sulla sua spalla.
-avete già scelto una data?- ci chiede, quasi più emozionato di noi
-non ancora ma, pensavamo in inverno prima delle feste di Natale- a me non importava il quando ne il dove o il come, non gli attribuivo lo stesso intenso significato che gli attribuiva Paulo ma, lo avrei fatto mettendoci tutta me stessa perché mi importava solamente che Paulo fosse felice e ottenesse tutto nella sua vita.
-allora mi tengo libero da impegni- annui
- potrei volterti proprio in prima fila- gli dissi e lui mi sorrise contentissimo.
-mi avrai mon bebè- mi baciò dolcemente una guancia.
-allora, posso offrirvi qualcosa?- ci domandò
-in realtà volevamo proporti di andare a fare due giri in un piccolo circuito- gli dissi
-go-kart?- domandò e Paulo annui
-si Hermano, vedrai come ti stupisce questa- risi della smorfia stramba che assunse la faccia di Patrice.
-andiamo, sono proprio curioso- mi lanciò le chiavi della macchina che per poco non mi finirono in faccia.
-vai baby, guida tu- e cosi avevo sorriso immensamente e mi ero affrettata ad aprire lo sportello del lato guida poi, avevo guardato Paulo.
-un attimo, ma i posti sono due- costatai
- io prendo un taxy, datemi l'indirizzo e ci vediamo lì. Divertitevi amici miei- e cosi la gentilezza di Pat ci aveva appena messo in macchina su una bellissima auto sportiva.
Quando i miei vestiti toccarono la pelle dei seggiolini e le mie mani si posarono sul curatissimo manubrio, mi sentii felice e spensierata.
-sai che mia mamma mi ha mille volte raccomandato di non farti mai guidare una roba simile?- ridacchiai indossando la cintura.
-neanche a mia madre piace sapere che premo il piede sul pedale di un'automobile del genere- penso dipenda dal fatto che siano diventate mamme e quindi hanno un senso di responsabilità molto più alto.
-andiamo?- mi dice tutto tranquillo dimostrandomi che si fida di me.
-andiamo- accendo il bolide e lascio che ringhi un po,proprio come piace alle mie orecchie.
A Londra ce ne sono in numero decisamente maggiore rispetto a Torino ma, ad ogni modo è sempre un modo come un altro per farsi notare tra la gente che addirittura si ferma quei dieci secondi, a volte anche un minuto, a guardarti e a scattare foto.
Fortunatamente riesco a fuggire via dal traffico cittadino di Londra con meno tempo rispetto a quando avevo previsto e subito mi immetto sulla rampa dell'autostrada.
-se non fosse che mi spaventa da morire, penso che verrei con te e ti chiederei di fare una gara- gli sorrisi
-si? Ti fidi di me?- annuisce anche se un po preoccupato.
-premi su strada secondaria, via più breve disattivando i filtri- gli dico e lui fa come dico, facendo si che il gps mi indichi la prima uscita per imboccare non l'autostrada ma strade extraurbane.
Dopo una rotonda, la strada in cui il gps mi conduce è una deliziosa strada non trafficata; una di quelle che con le nuove autostrade, sono quasi del tutto dismesse se non trafficate da camion, magari che trasportano cibo per bestiame.
Il catrame della strada non è male, assicurandomi che la Ferrari di Patrice non si rompa.
-sicuro?- gli chiedo mentre lui si sistema meglio sul seggiolino
-facciamolo- mi sorrise ed io mi concentrai come quando avevo vent'anni e trovavo un motivo e un sentore di vita nelle corse.
Premetti sull'acceleratore due volte, disattivando il cambio automatico e gustando finalmente la piacevole sensazione di poter dettare il ritmo della guida.
Ingrano la quinta e pigiò leggermente sul pedale per fargli fare i primi giri al motore, la velocità è di centotrenta, un normale andamento su autostrada; nulla che Paulo non facesse già da se.
Ascolto il rumore delle ruote, assicurandomi che aderiscano perfettamente all'asfalto e controllo il pedale del freno sentendo quanto sensibile anche questo sia.
- forse ci toccherà regalargli quattro nuove ruote, alla fine di questa cosa- lo avviso, già iniziando a far alzare l'asticella.
-nulla che non si possa materialmente fare- si porta alla bocca una chewing-gum e mi accarezza la gamba
-fammi vedere un po- e finalmente lo vedo quel ragazzino spericolato che ho sempre saputo ci fosse.
Mi diverto un sacco nel momento in cui sento la mia schiena schiacciarsi contro il sedile e lo stomaco quasi salirmi in gola dalla forte scarica di adrenalina.
Non esiste nient'altro se non la macchina e la strada, nemmeno Paulo può entrare in questo sistema che si viene a creare tra me e il mio istinto di attacco e fuga.
Le mani si muovono automatiche sul cambio delle marce ed è spettacolare sentire la voce del motore che risponde pronto alle mie manovre.
Il gps, in sottofondo quasi sembra correre alla mia stessa velocità, sbrigandosi ad enunciarmi le indicazioni, alcune delle quali sono facilmente prevedibili.
Sulla rampa E India Dock Road, rallento perché l'unica strada percorribile ritorna ad essere nuovamente l'autostrada.
-è successo qualcosa?- mi chiede,quasi dispiaciuto che abbia rallentanto
-non possiamo correre cosi veloci sull'autostrada- annuisce e poi si tocca i capelli prima di voltarsi dal mio lato
-cazzo- sospira facendomi ridere cosi tanto da riempire di rumore felice l'abitacolo.
-tutta questa adrenalina ha effetti strani su di me- normale.
È la fisiologica risposta del nostro corpo, come ogni qualvolta ci sentiamo in pericolo e la scampiamo.
-non è la tua macchina- gli risposi facendolo grugnire infastidito.
-non è giusto-ridacchiai, immettendomi nuovamente nel traffico londinese, camminando a centoquaranta, come tutte le utilitarie che sono come noi sulla strada.
-ten minutes to the final destination- ci comunicò il gps.
-sono certo che siamo almeno quindici minuti in anticipo- mi disse ed io capii immediatamente dove volesse andare a parare.
Lo guardai velocemente mentre il suo sorriso malizioso a tratti peccaminoso è quasi l'ottava meraviglia del mondo, se non fosse che i suoi occhi e la sua anima, avessero già occupato il posto da tantissimo tempo.
-che c'è?- gli chiesi fingendo innocenza anche se posso chiaramente avvertire la stessa sensazione che lo sta attraversando.
Paulo Dybala, per te finirò sicuramente all'inferno e mi sembrerà il posto migliore del mondo.

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