Capitolo 20

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-la pasta è cruda, mi chiedo perché non sono andato a pranzo da mia madre- dice masticando le mie deliziosissime farfallette al salmone.
-ti ricordo che stai mangiando le mie, dopo che le tue sono finite- gli faccio notare.
-mangiate? Ma che dici ,erano talmente crude che sono volate via- mi fa scoppiare a ridere mentre bevo un sorso di vino bianco dal bicchiere di vetro.
-sei scemo- gli dico guadandolo, mentre continua a masticare.
-tu sei scema- afferra il bicchiere dalle mie mani e se lo porta sulle labbra.
-tua madre è una santa donna, come fa a sopportarti?- domando e gli vedo gli occhi brillare di una luce speciale alla parola mamma.
-è mia mamma- mi dice semplicemente sorridendomi.
-posso avere due farfallette mr Dybala?- gli chiedo cercando di recuperare il mio piatto
-si, tieni- mi porge la sua forchetta con la pasta e li avvicina alla mia bocca che apro automaticamente.
-mmmh, buone...sono uno chef da stelle Michelin- gli dico vantandomi.
-Gwen- guarda il tetto della cucina  e urla il mio nome
-che fai?- gli chiedo ridendo
-Gwen, per favore scendii- scoppio a ridere seguito da lui e gli do un pizzico sul braccio.
-aiha, cattiva- mi dice portandosi il braccio vicino le labbra e baciandosi il punto, come i bambini di cinque anni, per poi tornare a mangiare e lasciandoglielo fare.
-Appena sfotti Gonzalo, ti do un pugno- gli dico e lui mi guarda stranito, lasciando la forchetta sospesa in aria.
-sei tu che mangi in continuazione- gli spiego
-ma io mantengo la linea perfettamente, lui no- dice sicuro di se
-per quelli come te, c'è un girone agli inferi- scoppia a ridere affogandosi con la farfalletta andata di traverso. Gli do una pacca ,sulla parte alta della schiena, tra le spalle e gli verso dell'acqua che beve riprendendosi.
-aiuto- dice con gli occhi lucidi
-possibile mai, che non sai nemmeno mangiare ?- lo guardo e mi sorride continuando a bere.
-stronza, mi è andata di traverso la farfalletta e tu mi rimproveri? Sei come mio padre oh!- gli sorrido colpevole e mi metto una faccia da bimba innocente.
-io e Adolfo Dybala nella stessa frase ,accostati dal verbo essere....che giorno del mese è che devo scrivermelo per festeggiarlo?- lui mi sorride contento
-te l'ho detto che gli saresti piaciuta, mi trattate male tutti e due e piuttosto che dirmi che sono bravo, siete petulanti e vi lamentate sempre, ecco perché mia madre ti ama.
Sei come mio padre!- dice tranquillo ignorando ,perfettamente , il fatto che il mio cuore, ammesso che continui ad averne ancora uno, stia per esplodere.
-ma io te lo dico che sei bravo- gli dico
-ma quando? Solo Gonzalo Higuain esiste...il goleador, la stella, il Pipita, hai pure una statuetta di lui in camera- mi fa notare.
-geloso?- gli chiedo
-ovvio che si!- mi risponde tranquillamente.
-l'hai letto quello che ho detto su di te?- gli dico alzandomi e recuperando i giornali sportivi che ho comprato e mettendoglieli davanti.
-li ho letti scema, ma manca ancora la mia statuetta nella tua camera- mi dice facendomi sorridere.
Questa gelosia ,apparentemente,immotivata mi riscalda la pelle e mi fa credere che ci tiene a me, in un modo non uguale al mio, in un modo che mi farò bastare.
-tu vieni dal Palermo, al massimo mi faccio mandare un arancina con due occhi e una bocca ,cosi ti somiglia- lui mi guarda fintamente offeso
-le hai mai mangiate?- mi chiede poi,all'improvviso.
-certo che si, quando Gennaro Gattuso allenava il Palermo sono andata con mio padre a vedere un paio di partite al Renzo Barbera- gli dico mentre tolgo i piatti dal tavolo e li metto nella lavastoviglie.
-sei stata al Renzo Barbera quando giocavo al Palermo?- annuisco
-si, mio padre ti adorava fin da quando sei arrivato nel campionato italiano- lo guardo mentre chiude la bottiglia di vino con il tappo da sughero e la mette nel frigo.
-perché non me lo hai mai detto?- mi chiede
-perché dirsi tutto subito è brutto, meglio scoprirsi volta  per volta no?- lui annuisce e mi sorride.
-a che ora torni a lavoro?- mi chiede, mentre ritorna a sedersi nuovamente.
-alle tre e mezzo- gli rispondo e accendo la macchinetta del caffè.
-perfetto, ti accompagno io-.

Chiusa nell'abitacolo del suo bolide, lì immersa in quell'aria pregnante del suo profumo, quello che la sua pelle respira da molto tempo, al punto che potrei dire che sia addirittura la fragranza del suo corpo, la sua essenza,penso a che fine abbia fatto la mia tenacia.
-vorrei farti conoscere mia madre- rompe il silenzio confortato dal rumore dei pneumatici che si scontrano con l'asfalto.
-l'ho già conosciuta, ricordi?- faccio finta di non capire il "conoscere mia madre" a cosa ,in realtà, faccia riferimento.
-l'hai solo incontrata, non conosciuta-puntualizza sull'utilizzo dei termini, come se conoscesse la lingua meglio di quanto la conosca io.
-un punto per te Dybala- gli dico sorridendogli e nascondendo i miei occhi con un paio di occhiali da sole.
-se per te non va bene, io non voglio..-
-hey, è okay...mi è sembrata una donna favolosa, ci sarebbero tanti motivi per tenermi lontana da lei, ma se ti sembro all'altezza...per me sarebbe solo un grande onore- gli dico sincera.
-quali sono i tanti motivi?- mi chiede corrucciando le sopracciglia, si forma un delizioso grumo di pelle che alla vista sembre morbido da baciare.
-che lei è tua madre e io sono...beh io sono io e lei è la parte più importante della tua vita- vorrei aggiungere che conoscere sua madre, significherebbe condividere con me,un pezzo della sua vita.
Forse il pezzo più importante, quello che lo rende Paulo,fuori dagli schermi,dal campo,fuori da tutto il resto.
-beh,lei vuole tanto conoscerti- questo mi colpisce parecchio.
-tua madre?- chiedo confusa
-si,proprio lei Alicia Dybala, non fa altro che chiedermi che fine hai fatto e continua dicendo che sei stata dolcissima con lei- avrei forse dovuto fare diversamente?
Come si fa ad essere sgarbati con una donna che sembra fatta di zucchero filato, dolce e buona solo a guardarla.
Ha gli occhi che parlano e raccontano di lei, come quelli di Paulo.
-sono, sono lusingata- gli dico,camuffando la gioia che provo realmente
-dovresti essere davvero contenta, non perché sia mia madre ma perché lei è una persona diffidente,sopratutto con le persone che conosco sul posto di lavoro, gli sembra sempre che le persone che frequento, in un modo o in un ,altro cercano sempre di averne un vantaggio a loro favore- annuisco capendo il punto.
-non puoi biasimarla, non lo fa perché non ha fiducia nel tuo metro di giudizio ma perché è tua mamma e proteggerti è il suo compito,questo non potrai cambiarlo mai- lui mi guarda sorridendo
-adesso parli pure come lei-sorride e io sento sempre che qualcosa dentro di me si stia intrecciando al mio cuore.
Come se lui potesse essere un seme che si è piantato in alto alla mia sinistra e che piano piano mette radici.
-in realtà ho appena ripetuto quello che mi dice sempre mia mamma, anche se poi faccio come te e mi lamento perche ho la sensazione che non mi creda abbastanza scaltra da riconoscere chi potrebbe farmi del male- mi volto a guardare il suo profilo concentrato sulla strada.
-puntualmente ha sempre ragione e quando decido di non ascoltare le sue raccomandazioni, poi ci sbatto contro ma lei è sempre lì, pronta a raccogliere i miei pezzi-
-è il compito dei genitori, essere li e aspettare i figli troppo stupidi e avventati che continuano a fare incidenti di percorso- gli dico in parte confortandolo e in parte ammettendo a me stessa che alla fine, siamo tutti gli stessi.

Fino Alla FineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora