Capitolo 100

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-fallo piano- gli dissi mentre puntava i piedi sull'erbetta per darci la spinta su quell'altalena, un po' arrugginita, in quel piccolo giardino antistante alla casa di Paulo.
Mi spostai sempre più vicino a lui e Paulo mi fece accomodare sulle sue gambe, sorridendo per il modo assai infantile che ebbi nel accucciarmi su di lui.
-mi piace come rendi questo posto- mi confessò
-a me piace questo posto; sei sempre lo stesso Paulo che amo tanto ma, è innegabile quanto tu ti senta più a tuo agio- annui fortunatamente concorde con me.
-mi piacerebbe un giorno venire qui con la nostra famiglia, mi piacerebbe forse addirittura crescerla qui ma, so che è impossibile per via del nostro lavoro e io non ti chiederei mai di mettere da parte i tuoi sogni per i miei- sorrisi sinceramente.
Amavo il fatto che lui non pensasse che il suo sogno venisse prima di tutto e di tutti, prendeva in considerazione anche il mio e questo mi lasciava confidare nel fatto che non avremmo fatto alcuna insana follia che ci avrebbe inevitabilmente condotti alla fine.
Gli baciai il mento,solleticandolo,e per questo rise con quella risata che mi faceva perdere due o tre battiti alla volta.
-mia madre ha invitato mezzo paese- mi informò anche se ne ero consapevole.
-nel senso che ha invitato anche l'altro mezzo che già non aveva invitato?- la mia battuta lo fece ridere e gli vibrò il petto che fece vibrare anche il mio dato che erano a contatto.
-sperò di no perché, sono certo di non conoscerli tutti- lo guardai inarcando un sopracciglio
-io invece li conosco tutti- mi baciò la fronte.
-avevo detto a mia mamma di darsi una regolata ma, sembra come se l'idea di avere solo una ventina di invitati sia cosi malsana da metterle paura- aveva assolutamente ragione.
Nei pomeriggi scorsi , dopo che eravamo tornati dalla nostra meravigliosa mini vacanza alla Cumprencita, eravamo stati presi in ostaggio nel salotto di casa Dybala e Romina e Alicia avevano tirato fuori quaderni e penne di tutti i colori, iniziando a dettare nomi su nomi, e le pagine si erano riempite cosi velocemente che avevo guardato Paulo preoccupata.
Adoravo vedere Alicia così estremamente felice, sembrava eccitata dall'idea che finalmente avessimo stabilito una data e soprattutto che non avessi proposto Torino piuttosto che Laguna Larga.
Non l'avrei mai fatto perché fin dal primo giorno che avevo messo piede in questo piccolo paese argentino, avevo potuto constatare con i miei occhi quanto legati fossero tra di loro gli abitanti.
-ha detto che per il matrimonio non saranno cosi tanti- gli risposi
-non crederle, perché tanto finirà per invitare tutti ,nuovamente- sorrisi all'idea che il matrimonio a momenti somigliasse più ad una festa di paese.
-tutti vogliono vedere Paulo Dybala che si sposa- ed era estremamente vero.
Paulo era una leggenda nel suo paese natio, la gente parlava di lui e se uscivamo, era chiaro che ci fermassero ogni dieci metri per fare due chiacchiere.
Non gli chiedevano quasi mai del calcio, o almeno non con la stessa frequenza con cui gli chiedevano di come invece stesse.
"Stai bene figliolo?" , "c'è troppo freddo in Italia?", "ti trattano bene?".
C'era proprio dell'affetto nel loro modo quasi apprensivo di chiedergli se tutto andasse per il verso giusto.
-oppure vengono per vedere la sposa di Dybala- era assolutamente padrone della lingua italiana, ormai la conosceva abbastana bene e soprattutto era uno dei pochi che non sbagliavano l'utilizzo del congiuntivo e del condizionale.
-io? Qui sei tu quello importante- sembrò soppesare le mie parole.
Non gli era mai piaciuto sentirsi diverso degli altri, certo inevitabilmente il calcio l'aveva reso più ricco ma non per questo Paulo si era appropriato di una cattiva abitudine che lo portasse a sentirsi superiore.
Quando entrava dentro il campo, riconosceva il ruolo che il calcio gli aveva dato e indossava quella maglia con la propria rispettiva etichetta ma, una volta usciti da lì, a lui piaceva solamente sentirsi uno qualunque e questo mi fece innamorare di lui, più di tutto il resto.
Il rumore di una macchina ci distrasse e pochi attimi dopo sentimmo la portiera che venne richiusa.
-c'è Billy- mi disse sorridendo, ben consapevole di quanto mi piacesse la compagnia di quell'uomo
-come fai a saperlo?- gli chiesi innocentemente
-l'ho riconosciuto dal rumore della macchina- giusto, come avevo fatto a non pensarci.
Il suo pick-up rosso, un po sbiadito dal tempo metereologico, era in perfetto stile indiano.
Scesi dalle gambe di Paulo e mi sistemai la felpa che stavo indossando mentre lui mi aspettò in piedi vicino a me.
Mi tese la mano e la afferrai e mi ci strinsi contro,non volendo interrompere il nostro contatto.
Da quando eravamo andati alla Cumbrencita, era cambiato il modo che avevo di approcciarmi a lui anche in presenza della sua famiglia, avevo capito che a Paulo piacesse che io avessi bisogno di lui, che lo cercassi con lo sguardo in qualsiasi cosa e che lo rendessi partecipe di tutti i miei pensieri.
-Hola Paulito, Tupi-ci saluto abbracciandoci e mi stupi il nome che mi diede
-Tupi?- gli chiesi infatti
-si, significa dolce in indiano- arrossi dalla punta dei capelli e Paulo ridacchio divertito.
A quanti altri l'aveva raccontato che mi piacciono i dolci?
-non sono stato io- smontò le mie ipotesi
-è stata sua madre. Parla sempre della sua chica italiana- sorrisi all'idea che Alicia parlasse di me con i suoi amici argentini, mi faceva pensare che veramente ero una delle poche persone che hanno avuto il piacere di trovare ed instaurare un ottimo rapporto con la suocera.
-Paulo, so che volevi parlarmi- Paulo annui ed io mi chiesi cosa mai avesse da dirgli.
Non sapevo bene che ruolo Billy avesse nella sua vita ma, mi sembravano parecchio affiatati tra di loro , come se fossero zio e nipote .
-entriamo dentro?- Billy guardò me e i miei stivaletti di pelle nere con cui tenevo al caldo i miei piedi sempre costantemente freddi.
-no, facciamo due passi- propose e così, mi ritrovai a passeggiare tranquillamente sull'asfalto grigio di una via di Laguna Larga.
Piovigginava un po ma a nessuno importava davvero perche, era davvero rilassante assaporare la tranquillità che quell'uomo emanava.
Parlava piano,con un tono di voce calmo capace di incantarti .
Paulo parlò per la maggior parte del tempo, gli racconto un po di come ci fossimo conosciuti ed io rimasi colpita dal fatto che ricordasse cosi tanti dettagli delle volte in cui ci eravamo visti.
Era cosi a suo agio che non omise nulla, raccontò i suoi pensieri di allora, di quando ancora non stavamo insieme ma lui, a detta sua, sapeva che sarei stata la donna della sua vita e mi chiesi quale consapevolezza avesse avuto o provato a quel tempo che io invece magari avevo ignorato perché troppo inesperta.
- ti vedo finalmente felice- gli disse e gongolai dentro di me, ben consapevole che non necessariamente ne ero io la causa di questa felicità ma che più probabilmente ne facevo parte.
-volevamo chiederti se per te va bene che ci sposassi tu- lo guardai immediatamente perché desideravo ardentemente che fosse lui a celebrare il rito civile, magari ci avrebbe omaggiato di qualche particolare tradizione indiana e sarebbe stato magnifico.
-vuoi che vi sposi io?- annui energicamente e anche se non lo diedi a vedere, tenni le dita delle mani incrociate
-sarebbe un onore- ci sorrise e a me venne solo voglia di urlare e saltare dalla gioia.

Fino Alla FineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora