Capitolo 77

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L'avete presente quando si dice sudare freddo?
Ecco, io avevo l'impressione che si stessero materializzando degli stalattiti o degli stalagmiti sulla mia fronte e sotto le mie ascelle.
-Mi spiegate che sta succedendo?- sospirai stando in silenzio tomba.
Forse nemmeno il morto avrebbe saputo fare di meglio.
-Gwen, parla!- mi disse ed io deglutii guardando quel cazzo di orologio che sembrava impiegarci un'eternità.
-non succede nulla- liquidai la faccenda ma ovviamente Paulo non era un coglione.
-Dols, sei incinta?- gli chiese senza mezzi termini ed io ringraziai di non avere niente in bocca perché quella sarebbe stata la volta buona che sarei morta per soffocamento da affogamento.
Ma soffocamento da affogamento si può dire? Boh
-no, sei fuori di testa?- gli rispose velocemente quasi urlandolo
-allora che cazzo sta succedendo?- guardò me e Dols e poi il suo del campanello ci distrasse salvandoci.
Dols strinse gli occhi senza farsene accorgere mentre io scattai verso la porta come se Bolt si fosse impossessato di me.
Trattenendo le urla per il dolore che mi fecero stringere gli occhi; dovevo prendermi almeno tre giorni di riposo altrimenti non ne sarei più uscita.
Il volto di Federico era verde e mi sorrise nervoso mentre entrava dentro.
-mi ammazza- mi sussurrò ed io mi finsi rilassata quando invece sapevo che un cazzotto, nella migliore delle ipotesi, non gliel'avrebbe tolto nessuno.
-fratè, tutto bene? Hai una faccia- Paulo lo salutò non domandandosi nemmeno che cosa ci facesse a casa mia alle dieci e mezzo della sera.
-vuoi accomodarti?- finsi che la sua presenza li fosse decisamente casuale e Federico si sedette nella sedia più lontana che ci fosse sia da Paulo che da Dols.
Vederli insieme nella stessa stanza mi faceva un po strano, soprattutto che sapevo che cosa avevano fatto a Firenze, solo dieci ore prima di adesso.
-adesso basta- Paulo posò le posate allontanando il piatto di riso dal suo cospetto e assumendo un espressione per niente rilassata.
-Pau, ti prego- lo guardai e lui mi guardò preoccupato
-no, no no no- si alzò immediatamente prendendomi tra le sue braccia e io se prima non avevo capito ,adesso mi diedi della cogliona perché probabilmente chissà che cosa gli stesse passando per la testa.
-no amore aspetta- gli accarezzai il volto che aveva già gli occhi ludici.
Guardai Dolores e Federico con un po di odio.
Vaffanculo, Paulo non si meritava una roba simile ed io non l'avrei torturato altro tempo ancora.
-sto bene Amor, te lo giuro sto bene- me ne fottei altamente che fossero li dentro e lo baciaii tentando di tranquillizzarlo e di allontanare quei demoni che facevano tanta paura sia a me che a lui.
-sto benissimo - lo guardai negli occhi e vi lessi una piccola supplica che raccolsi immediatamente
-Amor, Dols è fidanzata e so che non te lo aspetterai ma è Federico il suo fidanzato- mi guardò confuso per cinque secondi, forse non avendo realmente capito quello che gli avevo appena detto.
Poi la sua stretta sul mio corpo si fece più forte ed improvvisamente spari.
-tu ti fai mia nipote?- giurai di aver visto la sedia, su cu era seduto Federico, fare un piccolo passo indietro
-non è come pensi!- gli disse l'altro
-io ti ho dato consigli su come scoparti mia nipote?- guardai Paulo e poi Federico e poi Dols che come me guardò quei due.
-io...yo te dije como follarte la hija de mi hermano?- detta cosi sembrava addirittura peggio.
-no, Paulo posso spiegarti- Federico prese un respiro.
-non volevo innamorarmi di lei e quando al tuo compleanno ci siamo scambiati il numero non avevo intenzione di scriverle perche sapevo che ti saresti incazzato- invece ora sprizzava gioia da tutti pori
-ma lo sai meglio di me come funziona. Era una pallino fisso e quando le ho scritto la prima volta mi sono promesso che te l'avrei detto alla seconda volta ma non ho avuto il coraggio- Dols lo guardò felice
-chi lo sa oltre voi?- mi guardò gelido
-no, un attimo io no ne sapevo niente e l'ho scoperto stamattina prima di pranzo perché ho chiamato Federico con il cellulare di Dario e quando ha risposto ho sentito la voce di Dols dall'altro lato e ho collegato un po di cose- non mi andava di litigare con Paulo per una roba simile.
-è vero, non l'abbiamo detto a nessuno- mi difese Dols sapendo che come minimo Paulo non l'avrebbe ospitata più per il resto dei suoi giorni.
Non che comunque le cambiasse qualcosa dal momento che sarebbe comunque andata da Federico.
-lo so che mi odi ma, non volevo che tu mi impedissi di conoscerla-addirittura, ora mi sembrava che stessero esagerando.
-ce l'ha un padre, è lui che deve pensare a crescere sua figlia. Io ancora non ho figli e quando con Gwen saremo genitori mi occuperò insieme a lei di crescerli bene. Dols non è un affar mio ma sappi solo una cosa Bernardeschi: ha diciassette anni ed è ancora una minore- riprese a mangiare provocando del rumore in quel fastidioso silenzio scomodo che si era venuto a creare .
Dols pianse silenziosamente, ferita probabilmente dalle parole di Paulo ed io mi sentii il cuore a pezzi.
Paulo odiava i bugiardi e forse mai nella sua vita si sarebbe immaginato che la sua Dolly lo riempisse di bugie e agisse alle sue spalle.
La sua era una reazione di difesa, cosi forte e sorda che non lo smosse nemmeno quando i singhiozzi di Dols si fecero sentire , forti e chiari.
Federico provó ad abbracciarla ma lei lo schivò alzandosi e correndo su, mi sembrava tutto cosi assurdo e non volevo crederci.
-Gwen amore, mi passi l'acqua?- Federico lo guardò come me, come se quello fosse una versione di Paulo fabbricata male.
-possiamo per favore parlarne?- fu quasi una supplica ma Federico guardava Paulo con disprezzo forse ferito del fatto che aveva fatto Paulo ma, in quella stanza lui era l'ultimo che avrebbe potuto davvero parlare.
-non ho niente di cui parlare- mi ammutolii non sapendo che cosa dire esattamente.
Fede recuperò le chiavi della sua macchina da dentro la tasca del giubotto e andò via sbattendosi la porta dietro.
Quando mi girai per tornare in cucina, Paulo era in piedi appoggiato allo stipite della porta e mi guardava con un sguardo perso che mi fece paura.
-hei- mi avvicinai per accarezzargli il volto e lui afferrò la mano portandosela sulle labbra e baciandola.
-ti prego, tu non farlo mai- annui anche se non capii a cosa facesse riferimento
Cosa non avrei dovuto fare mai?
Tenergli nascoste le cose oppure agire alle sue spalle sperando che la fortuna mi baciasse il culo e la passassi liscia?!
-non mi piace quando dici delle cattive parole. Tu non sei cattivo e immagino tu sia ferito ma non vuoi che anche lei si innamori di qualcuno? Pensavo tu saresti stato il fratello quello buono che le avrebbe dato un aiuto e l'avrebbe guardata camminare da sola senza mai realmente lasciargli troppo la mano- lo abbracciai e ci sedemmo nel primo scalino di quella scala.
-io ti amo da morire ma, le voglio bene Pau e le hai appena distrutto il cuore. Non le importa di suo padre e lei è venuta qui perché si fida di te e perché sa che non le faresti mai del male ed invece penso proprio che oggi di cuori rotti ne abbiamo ben due- chiuse gli occhi poggiando la sua testa sul mio petto mentre gliela accarezzai.
-quando è nata è stata la cosa più bella che potesse capitarci nella nostra vita. Mio padre stava malissimo e sapevamo come sarebbe andata a finire e l'unico vero motivo del perché ho continuato a sorridere era lei. Le voglio bene Gwen come se fosse una parte di me e lei forse questo non lo capirà mai ma non voglio proteggerla perché ho paura che lei sia sbagliata per questo mondo; voglio solamente assicurarmi che nessuno le rubi l'innocenza che mi ha reso quello che sono adesso- mi commossi a capire finalmente che ruolo avesse Dolody nella sua vita.
-voglio bene a Federico ma Dolody è una giovane donna con il cuore innocente e non potrei sopportare di vederla spenta se lui commettesse una cazzata- gli posai un bacio sulla fronte e gli afferrai la mano invitandolo a seguirmi.
Quando aprii quella porta, l'odore del pianto sembrava essersi impossessato delle mura e tenni ben salda la presa sulle mani di Paulo perché cosi, si stavano solo facendo del male a vicenda e io non avrei in alcun modo permesso che questa storia continuasse a portarsi per le lunghe.
-Gwen- mi dissero entrambi ed io li fulminai a vicenda.
-non voglio sentire discussioni. Avete sbagliato entrambi in questi giorni e vi ho permesso di farlo perché speravo che alla fine uno di voi due sarebbe rinsavito ma, dal momento che nessuno dei due mi sembra lucido da poter prendere la decisione corretta mi sento in dovere di intromettermi- non fiatarono sembrando quasi due bambini in punizione.
-sentite, io ora dirò la mia e voi ascoltate poi possiamo provare a parlarne tutti insieme- annuirono e presi un respiro profondo.
-ha diciassette anni e probabilmente in questi ultimi quindi giorni te l'avrò ripetuto cosi tante volte che anche tra vent'anni continuerai a ricordati dei suoi diciassette anni ma, il punto è che non si può continuare cosi.
Mi sembra assurdo che tu che hai solo pochi anni in più dei suoi, ti sia dimenticato di che cosa significhi essere adolescenti e no- lo interruppi prima che parlasse
-non potete ostinarvi a pensare che lei debba fare quello che vogliate che voi faccia. Non è una ragazza di cui doversi preoccupare per paura che finisca in strada a drogarsi o frequenti gente cattiva; vuole solo vivere i suoi anni con i suoi amici e tu- mi voltai verso Dols
-sai bene quanto io ti adori e ti stia vicino ma, te l'avevo detto che non potevi passare da zero a cento in fretta e che parlare è sempre la soluzione migliore- mi sedetti sul tappetto e mi sentii come se fossi tornata al primo anno di liceo quando Giada e Simona litigavano tra di loro ed io dovevo metterci le pezze.
-ti ho promesso che ti avrei fatta fare tutte le esperienze che volevi provare e sai che mantengo sempre la mia parola e ancora ora sono disposta a portati con me e a dimostrarti che è solo un periodo e poi passerà ma è giusto che questo periodo abbia il suo corso- in realtà era molto più che giusto perché  le tappe non si bruciavano in fretta ma dovevamo essere come roghi che ardevamo piano senza fare danni.
Dolores si asciugò il volto ormai impiastricciato dal trucco e si voltò direttamente verso Paulo che si avvicinò impercettibilmente a lei.
- sto cambiando e non sono più la bambina che ti ricordi. Sarò sempre io Paulo ma non faccio più le cose di una volta; con te e con mio padre ho sempre paura di sbagliare e di fare una stronzata perché voi mi guardate sempre e io mi sento schiacciata.
Non ti ho detto di Federico perché volevo che fosse una cosa mia, solo mia e che non dovesse portare dietro il tuo nome. A volte è difficile per me accettare di sentirmi costantemente paragonata a te, io voglio....voglio solamente poter vivere la mia vita- Paulo annui rimanendo in silenzio e io percepii un po del suo dolore.
-Dols, non è colpa sua se la gente ti riconduce al suo volto e al suo nome. Da questo ne potrai trarre tanti vantaggi ma allo stesso modo in una stessa moneta c'è un'altra faccia e se si accetta il bello si deve accettare anche il brutto- Paulo mi guardò e io con i miei occhi sperai di trasmettergli tutto l'amore che provavo per lui.
-crescerai e ti farai valere per quello che sei e magari nel tuo mondo lavorativo il nome di Paulo sarà uno come un altro e riuscirai a vivere una vita anonima come la mia e quella del mio migliore amico e quella di tutte le altre persone ma, mi dispiace per quello che sto per dirti però sappi che se sei qui, con tutte queste esperienze che hai avuto nella tua vita è anche grazie a lui- non capii realmente quale dei tanti motivi fosse stato quello che poi effettivamente mi avesse spinta a parlare ma, non si poteva condannare una persona per i propri sogni.
-mi dispiace essere un ostacolo nella tua vita, sai che cerco sempre di non venire per lasciarvi tranquilli ma, forse non è stato abbastanza- guardai Dols alla ricerca di quello che speravo dicesse e facesse nei confronti di Paulo
-non è colpa tua- pianse nuovamente buttandosi tra le sue braccia mentre dapprima un po titubante ma poi con molta più confidenza, Paulo la strinse a se stesso.
Sgattaiolai fuori da quella stanza lasciandogli la privacy che si meritavano e appoggiandomi alla ringhiera del piccolo terrazzino a guardare i tetti illuminati di Torino.
Quanto pesava una parola?
Era da sempre stato il mio più grande dilemma.
Una parola sembrava avere il peso di una piuma o quello di un enorme sasso lanciato in picchiata e non sapevo spiegarmi come fosse possibile eppure se ci pensavamo,il mondo andava avanti a parole.
Quelle dette e quelle non dette.
Quelle comprese e quelle fraintese.
Quando avvertii i passi dietro di me, Dols si affacciò sorridendomi e venendomi incontro per abbracciarmi.
-non mi piace vedervi litigati- le sussurrai
-neanche a me- mi rispose ovattando il suono della sua voce con i tessuti dei miei vestiti, ancora quelli dell'ufficio.
-so che Federico è un bravo ragazzo ma- la guardai negli occhi
-ricordati chi sei e con quali valori sei cresciuta- annui sorridendomi.
Ultimamente sembravo viaggiare su un treno il cui vagone trasportava oltre me, solo altri mille passeggeri con tanti nomi diversi ma appartenenti tutti ad uno stesso popolo.
Le emozioni.
Se ci pensavo era proprio quello che avevo sempre desiderato, vivere una vita satura di tante esperienze e colma di persone nuove con nuove esperienze e nuove storie che si sarebbero intrecciate alla mia.
Forse era arrivato il momento di farmi quel famoso tatuaggio che avevo rimandato nel tempo, per paura che un giorno me ne sarei potuta pentire.
-a che cosa pensi?- sobbalzai leggermente perché ero troppo persa nei miei pensieri
-a noi- le risposi facendola sorridere
-penso al fatto che un semplice colloquio in un banalissimo giorno di un qualsiasi mese dell'anno può cambiarti la vita forse anche per sempre- mi guardò confusa
-lo scorso anno a Gennaio quando ho fatto il colloquio per la Juventus, non credevo nemmeno di riuscire ad arrivare viva davanti alla scrivania di Agnelli e invece, ho quel posto di lavoro che adoro, ho conosciuto tuo zio e lui mi ha fatto conoscere te e tutta la tua meravigliosa famiglia- senti le braccia di Paulo stringerci da dietro e il suo naso si posò tra i miei capelli che speravo profumassero ancora come questa mattina.
-che settimana del cazzo- borbottò come a tirare un sospiro di sollievo.
Aveva proprio ragione, le liti mi avevano fatta sentire come se un macigno mi fosse finito addosso e ne avvertivo la pensantezza non soltanto sulla mia testa cosi pulsante e dolorante ma, più di tutto ne avvertivo l'angoscia e quella forse è ancora peggio dell'ansia.
-sta arrivando Federico, forse è il caso che ne parliamo civilmente tutti insieme- Dols annui rivolgendogli un sorriso e poi tornò dentro, lasciando me e Paulo in quel terrazzino sotto il cielo plumbeo e freddo in una tarda serata di Torino.
-mi dispiace- mi sussurrò stringendomi.
Lo guardai negli occhi e vi lessi paura e tristezza; sapevo che per lui la sua famiglia era la cosa più importante che possedesse e che, lasciare andare, metaforicamente parlando, Dolores lo faceva sentire strano e a disagio, come se dovesse privarsi di una parte di se stesso.
-non è colpa tua- gli baciai dolcemente il mento e poi l'angolo della bocca, facendo scontrare le nostri fronti e in quel momento il mio respiro si intrecciò al suo.
Mi venne da piangere, forse perché dovevo svuotare il mio ipotetico baule pieno di emozioni, forse perché finalmente riavvertivo la sensazione di pace o forse perche mi accorsi che veder star male Paulo mi faceva star male il doppio.
Chiusi gli occhi lasciando che le lacrime venissero giù e purtroppo esse bagnarono la pelle limpida del volto di Paulo.
Non mi chiese il perche, semplicemente mi accarezzò la testa e mi baciò le labbra che sapevano di salato; mi accorsi che il vero grande cambiamento che Paulo era stato capace di fare nella mia vita era: rendermi nuovamente umana.
Mi aveva fatto capire che ero piena di fragilità, piena di sentimenti che ignoravo per paura di provare veramente qualcosa, mi aveva ricordato  che ero fatta di carne come tutti gli altri uomini nell'universo e che sentire il mondo con la stessa intensità con cui lo stavo percependo in questo periodo della mia vita, era normale.
Asciugai il mio volto con le mani e poi gli sorrisi rassicurandolo che quello di prima era stato solo un breve momento di piena, dove il vaso si era riempito fino all'orlo e inesperta avevo purtroppo o per fortuna dovuto lasciare che alcune emozioni scivolassero via.
-non mi sento bene quando piangi- mi confessò.
-ho come una sensazione brutta qui- si toccò i lati del collo e talmente se li strinse che vi lasciò sopra dei momentanei segni rossi.
Lo baciai a piccoli baci continui che alla fine portarono su gli angoli delle nostre labbra e persino una risata genuina fece capolino dalle nostre gole.
-quante cose mi fai?- gli chiesi sincera
Si perché, quante sarebbero state le cose che sarebbe stato in grado di suscitare in me?
Quanti altri confini mi avrebbe aiutato a superate e soprattutto quante me ancora mi avrebbe fatto scoprire?
Non mi rispose ma mi sorrise coinvolgendo gli occhi è quello fu addirittura peggio perché sapeva che grande effetto avesse nella mia vita ma, sapevo allo stesso modo che fosse dolce e delicato e che mi avrebbe trattata come meritavo.
Non era lo stesso Paulo che vedevo anche solo agli inizii della nostra storia, adesso aveva assunto il volto di un uomo che avrei voluto al mio fianco per il resto dei miei giorni e capii cosa significasse l'amore.
Esso non si misura mai secondo il dolore che si prova quando va storto qualcosa, l'amore prescinde dal dolore, lo prevede e magari lo scatena ma, esso vive di vita propria e ha il sapore di tante cose.
Il mio amore per Paulo odorava di biancheria pulita lavata con il suo ammorbidente preferito,lo stesso che rimane  imbrigliato tra le maglie del tessuto delle lenzuola o ancora di più sulla mia pelle.
Il mio amore per Paulo sapeva di dentifricio per bambini, quello che comprava perché la menta gli faceva bruciare gli occhi e gli venivano i conati di vomito, lo stesso dentifricio che mi baciava la mattina prima di andare a lavoro e la sera prima di andare a dormire.
Il mio amore per Paulo, rimandava all'eco di una risata fanciullesca, la stessa che avevo impresso nella mia mente quando per Natale in piazza Cavour era rimasto in piedi accanto a dei bambini ad osservare le bolle di sapone.
C'erano cosi tante cose che nella mia vita avevano assunto il sapore, la forma e il suono di Paulo, come se fosse diventato un amico con cui correre e saltare in alto per acchiappare i palloncini.
Lo guardai stringendo gli occhi tra di loro e sfiorando il mio naso con il suo e poi risi, risi di una gioia immensa perché le ricordavo ancora quelle ginocchia su cui mi ero seduta solo tre mesi prima a New York,ricordavo il pancione ed il vestito rosso.
-che cosa mi stai nascondendo?- mi disse nella nostra complicità che ci aveva avvicinati dal primo istante
-io quando spengo le candeline della torta esprimo sempre un desiderio, lo faccio anche quando vedo una stella cadente o leggo l'orario nel telefono e ci sono tutti e quattro i numeri uguali- inarcò le sopracciglia trattenendo un sorriso come a voler dire: "che scemenze dici?"
-si lo so, sono solo piccole cose a cui magari non ci crede quasi nessuno però, io ci credo e tu, sei solo la mia letterina di Babbo Natale divenuta realtà- rise baciandomi la fronte e intrecciando le sue dita alle mie
-mi hai chiesto a Babbo Natale?- mi chiese quasi emozionato
-proprio cosi, ti ho chiesto al gigante buono e mi ha portato il migliore dei suoi folletti- gli baciai il petto coperto dalla felpa e poi guardai il cielo.
Ero felice.
Quando rientrammo dentro, Federico e Dols erano già in cucina e ridacchiavano tra di loro mentre il Berna improvvisava uno spagnolo sbilenco e privo di grammatica ma, era talmente bello il sorriso che si dipingeva sui loro volti che persino Paulo sorrise di riflesso.
-sei uno scemo, adesso mi puzzerà di bava di cane- si lamentò Dols mentre il toscano la guardava seduto da una sedia del tavolo in cucina.
-è colpa di Spike e tua che lasci le tue cose in giro. Sei come Paulo a volte mi sembra persino di limonare con lui- mi trattenni dal ridere ma non vidi l'ultimo scalino e finii per terra quasi di faccia.
-oddio- Paulo si chinò immediatamente a vedere se fossi ancora tutta intera
-sto bene sto bene- mi faceva male il costato ma stavo bene.
Dolody e Fede uscirono fuori dalla cucina e vennero a vedere me mentre cercavo di tirarmi su e invece Paulo mi teneva giù cercando di capire se si potesse fidare o se mi avrebbe portata in ospedale.
Era molto apprensivo e non capivo se dipendesse dal fatto che ero io o se perché lo fosse di natura.
-le porti un po d'acqua?- chiede a Dols mentre lasciai che facesse tutto quello che  riteneva opportuno altrimenti sapevo si sarebbe martellato il cervello.
-mi verrà su un livido, niente di più grave- gli dissi e lui annui ma continuò a guardarmi in faccia come se da un momento all'altro si potesse aprire una faglia nella mia testa  e da li  sarebbe potuto sgorgare tutto il sangue.
-tieni, bevilo- lo bevvi e mi tirai su provando una piccola fitta di dolore, come era normale che fosse.
-ora che ci siamo tutti vorrei poter dire due cose- mi guardarono tutti un po preoccupati
-nulla di che solo: Bernardeschi sta attento a quello che fai perché ti vengo a prendere pure in Venezuela e nemmeno la macchia potrà salvarti e tu- indicai Dolody
-tu signorinella non dovrai più giocare al gioco del silenzio ne con me ne con Paulo perché da questo momento in poi, se tuo padre ci scopre ci ammazza tutti- annui immediatamente e Paulo deglutì
-Glielo dico- tutti guardammo Paulo
-dici davvero?- Dols fece un passo verso Paulo
-si e non dobbiamo perdere tempo- io forse non glielo avrei detto perche Dols mi sembrava troppo piccola per avere un qualcosa di serio ma, se Paulo riteneva fosse giusto così allora io mi sarei fidata ciecamente.
-ora, io ho fame e spero anche voi perché mi sfonderò di pizza- mi diressi in cucina infischiandomene se oggi era giovedì piuttosto che il sabato.
Fanculo alla dieta e fanculo all'helthy food, io volevo i carboidrati quelli belli,sostanziosi e divinamente squisiti.
Domani poi, avrei pianto sullo sgarro ma a quello ci avrei pensato a tempo debito.
-che pizza prendiamo?- speravo dicessero la margherita perché questa e la romana erano le uniche che mangiavo,insieme a quella con le patatine fritte sopra ma okay che avrei peccato ma almeno volevo mantenere un certo limite di decenza.
-prendiamo la pizza con l'ananas?- chiese entusiasta Dolores
-si, proviamola- concordò Paulo ridendo perche sapeva bene come la pensassi su certi piatti sacri.
Io e Federico ci guardammo terrorizzati all'idea che nel mondo esistesse davvero qualcuno in grado di mettere dell'ananas sulla pizza .
-tu mangi la pizza con l'ananas?- gli chiese sbalordito
-si perché? In America la fanno ed è buonissima- mi venne in mente Totó Sapore.
- Totó perdonali perché non sanno quello che dicono- mi finsi distrutta nel cuore e Federico mi abbracciò confortandomi.
-in Italia la pizza è una cosa e la frutta sta altrove, a cosi tanti chilometri di distanza che nemmeno si conosco- Paulo rise mentre Dols sbuffò incrociando le braccia sotto il petto.
-cheppalle che siete. Dobbiamo sempre mangiare la solita pizza banale- quella ragazzina stava blaterando
-hei Argentina, qui in Italia si mangia bene se tu sei andata da qualche altro angolo del mondo a mangiare pizza con ananas, kiwi e tutto il banco frutta sopra, sappi che qui non la immaginiamo nemmeno una cosa del genere- le mi scimmiottò un pochino e poi mi sorrise.
-si, ma a questo punto vorrei dire che a Torino la pizza non la sapete fare- puntualizzò Paulo
-perché no?- gli chiesi curiosa
-perché io di pizze a Palermo ne ho mangiate parecchie e ti posso assicurare che non hanno il sapore di cartone da imballaggio come ce l'hanno qui- esagerato, okay che al sud erano mastri pizzaioli ma non era cosi diversa la pizza.
No,solo due mondi paralleli.
-ecco perché eri più grassottello quando sei arrivato a Torino- ci fu un attimo di silenzio prima che scoppiassimo tutti a ridere tranne il diretto interessato.
-sei un stronza!- mi disse mentre io mi gettai tra le sue braccia provando a baciargli le labbra mentre lui mi schivava.
-ma a me piacciono i grassottelli- lo guardai e gli sorrisi mentre non resistette più e rise insieme a me per poi baciarmi con trasporto.
-scusate, ehm ci siamo pure noi- tossicchiò Federico
-peccato- disse Paulo
-Paulo!!-lo ripresi mentre Dols rideva abbracciandolo
-che c'è, non posso dire che voglio sc- gli tappai la bocca immediatamente
-sta zitto- gli dissi mentre provava a mordermi il palmo della mano.
Le pizze arrivarono fredde e persino in ritardo, io mi ero lamentata tutto il tempo e Federico mancava poco e mi tirava con il telecomando.
-ma come fai a sopportarla? Io mi sarei fatto investire- bevve il suo bicchiere d'acqua mentre mandò giù il boccone che aveva in bocca
-ti stai lamentando di lei? Hermano tu non sai con chi hai a che fare- Dols arrossi talmente tanto che a momenti avrebbe potuto prendere fuoco
-sei cosi petulante?- gli chiese sorridendogli
-no, yo soy tranquilla es Paulo que rompes- guardò l'argentino che finse di rimanere allibito quando tutti in quella stanza sapevamo che Paulo a volte era proprio un rompiscatole assurdo.
- I? Y tu...por que no le dices lo molesto que eres tu cuando las cosas no se hacen como tu dices o como tu quieras- le puntò una fetta di pizza contro mentre la mozzarella stava penzolando fino al cartone.
-al menos no me quejo como un perro que ha perdido el hueso- le rispose difendendosi e paragonando Paulo ad un cagnolino che aveva perso il proprio osso.
-yo non me quejo e non soy un perro. Claro?-
-claro que si, ahora si dejamos de hacer como los ninos ,seria perfecto- li ripresi entrambi e pensai ad Alicia e a come avesse fatto nel crescerli insieme.
Paulo si lamentava, parecchio a volte, ma io non potevo parlare perché c'erano giornate in cui facevo anche di peggio.
-che è successo?- chiese all'improvviso Federico facendomi ridere
-nada- gli rispose automaticamente Paulo
-niente, scusa- si toccò la testa come a voler rimettere le cose a posto e lo trovavo divertente perché certe volte mentre parlava in italiano all'improvviso continuava in spagnolo poi ci pensava su e si fermava dicendomi:
"Ma in che lingua stavamo parlando?"
-vado a fumare- mi alzai dal tavolo con lo sguardo un po contrariato di Paulo e quello dispiaciuto di Dols che non poteva raggiungermi.
-fumi troppo nena- mi chinai a lasciargli un bacio in testa, passando le mie mani dietro le sue spalle.
-hai ragione ma, domani mia mamma passa da casa e non potrò fumarne nemmeno una perchè sai com'è no? Un cane da tartufo le farebbe un baffo.- Carly, come la chiamavo ormai io per prenderla in giro, non aveva mai opposto una grande resistenza verso di me e la brutta abitudine che avevo preso al liceo però,non voleva assolutamente che puzzassi di fumo o che la casa puzzasse di fumo.
Ho sempre creduto che fosse un modo per ridurre notevolmente le quantità di sigarette che avrei potuto fumare durante il giorno e per questo gliene ero grata perchè aveva trovato un compromesso con se stessa e nonostante mi stesse lasciando sbagliare alla fine voleva che me ne rendessi conto io, purtroppo però c'erano giorni in cui la nicotina era l'unico effettivo calmante che facesse effetto.
Mi sedetti sulla sedia di ferro di quel solito terrazzino di sempre, un po di aria fredda a sbattere contro le mie carni calde e le mani costantemente gelate che se gli si spremeva un limone sopra sarebbero potuti benissimo sembrare dei ghiaccioli , buoni durante i pomeriggi afosi d'estate.
Quando Torino si trasformava in una serra a cielo aperto e le zanzare erano delle vere e proprie bestione a cui potevi mettere il guinzaglio e portarle a passeggio tranquillamente.
-ti faccio compagnia- mi girai di scatto verso Federico che si sedette una sedia prima della mia, rimanendo più vicino all'ingresso.
In quella squadra fumavano tutti, qualcuno più degli altri ma nulla di così grave e soprattutto nessun vizio.
La sua sigaretta elettronica rilascio un buon vapore al gusto di vaniglia e mi venne in mente il profumo di mia nonna, l'unico che indossava da almeno ventitrè anni perché, che io mi ricordi non c'è stato un singolo giorno in cui la sua pelle non profumasse di vaniglia.
-ti piacciono le azalee?- mi chiese osservando i piccoli boccioli ancora troppo piccoli per sbocciare.
-si, è una pianta che mi ricorda mia madre- gli confessai
-per me è una pianta che mette tanta tristezza- lo guardai confusa.
Era oggettivamente un bel fiore, forse quella dal colore giallo era la meno bella ma, di base era un fiore grazioso e mia madre per la vigilia del mio primo esame universitario era andata da un fioraio a farmi confezione un bellissimo bouquet di azalee rosa e bianche.
-perché?- gli chiesi
-perché è un fiore che mi fa pensare al cancro e non mi piace questa associazione di immagine - annui perche effettivamente era un fiore utilizzato per la ricerca contro il cancro.
-non è legato al cancro, è lagato alla ricerca contro il cancro. C'è una grande differenza e se ci pensi il suo significato vero, se ci atteniamo a quello che dici tu, rappresenta un simbolo di speranza no?- ci pensò su e sembró concordare.
-a me piacciono più i tulipani, ma so che il tuo fiore preferito è il girasole, Paulo ne ha uno piccolo di feltro appeso nel suo armadietto- sorrisi come un'ebete.
Erano gesti che faceva di nascosto, perché servivano a lui e mi piaceva pensare che il mio fiore preferito potesse in un certo senso accompagnarlo sempre.
-non è solo il mio fiore preferito, è più un modo di essere- era difficile da spiegare ma, quel fiore era come lo specchio di ciò che ero veramente.
Paulo sapeva quanto amassi quel fiore e glielo avevo detto quel giorno quando andammo al villaggio Leumann.
Mi aveva detto: "perché proprio il girasole?"
Ed era stato spontaneo spiegargli il perché di quel fiore e non un altro, magari anche più bello e più pregiato.
Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti, ognuno perso nei propri pensieri, i miei ancora persi nel ricordo di quella giornata.
-Gwen- mi chiamò sussurrando
-si?- la sigaretta era già finita
-posso domandarti una cosa?- mi girai a guardarlo e annui
Forse perse tempo a cercare il modo con cui doveva formulare la domanda, cercando magari di trovare le parole giuste ma, fatto sta che non la sentii, almeno non per quella sera.

-buonanotte Dols, dormi e non rimanere a telefono a lungo- le disse Paulo salutandola e guardandola entrare nella stanza.
A volte non si accorgeva di avere comportamenti quasi paterni, come se fosse pronto per diventarlo mentre io avevo ancora qualcosa da collaudare.
Forse più di qualcosa.
Quando poggiai la testa sul cuscino, mi sembrò di aver la mente leggera leggera segno che di li a poco sarei crollata in un sonno profondo.
Era stata un giornata intensa e mi ronzava in testa la curiosità di sapere cosa fosse passato nella mente di Federico.
Perché non l'aveva più detta?
Mi girai su un fianco nell'attesa che i pensieri sparissero e la mente si fermasse.
-Nena-sussurrò Paulo mentre già coricato con le braccia sotto il capo, guardava il soffitto.
-si?- ebbi la forza gli rispondergli
-mi vuoi sposare?-


Lo so, lo so 🙈 mi state odiando per tutte le suspance che vi sto sfornando una dietro l'altra ma, questa merita davvero ❤️❤️.
Vi rubo un po di spazio per ringraziarvi di tutto quello che fate, siete in tantissimi a scrivermi qui sotto nei commenti e anche nel privato.
Grazie mille🙏🏻 per il vostro infinito affetto, per le visualizzazioni che mi lasciano a bocca aperta e per tutta la vostra gentilezza.
Spero sempre di potervi emozionare e con questo, vi aspetto 🔜 qui sotto 👇🏻nei commenti✍🏻 sapendo già che sarete in tante.
Siate clementi 🙈 anche se sono stata cosi birbante a lasciarvi in sospeso 🙊.

Fino Alla FineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora