Capitolo 67

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-aha,miei adoratissimi- sospirai dalla goduria della comodità mentre calzai il paio di stivali di pelle nera che adoravo da impazzire.
Non ero riuscita ad avvicinarmi al paio di tacchi che avrei dovuto indossare per andare a lavoro di lunedi mattina.
I lunedi mattina erano traumatici cosi, solo a pronunciarli ma, c'erano alcuni lunedì che erano più lunedi del solito e quello di oggi sembrava proprio uno di loro.
Valentina si era sposata ieri e la cerimonia aveva preso inizio alle dieci del mattino e si era conclusa la sera ed io ,per tutto il tempo, ero rimasta in piedi su quei dannati trampoli che avevo comprato nonostante in negozio già ne avvertissi la scomodità.
Paulo era venuto alla celebrazione, accompagnandomi contento ma poi aveva scelto bene di svignarsela nel momento esatto in cui il matrimonio sembrava stare per diventare un meeting per tifosi.
Aveva avuto lo sguardo mortificato quando si era dovuto scusare con Valentina e Giuseppe ed io avevo provato non poca rabbia verso tutti quei fastidiosi parenti che si erano aggirati come avvoltoi nell' esatto istante in cui avevamo messo piede fuori dalla macchina. Certo, andarci con la Lamborghini non aveva di certo aiutato se speravamo di passare inosservati ma, Paulo andava matto per quella macchina sportiva e la guidava più che volentieri.
Di certo le mie fantasie non si erano opposte, tutt'altro per la verita.
Vederlo guidare quel bolide era orgasmico, seriemente; la mano sulla leva del cambio e il palmo aperlo dell'altra mano mentre muoveva il manubrio con una tale maestria che sembrava essere nato per farlo.
Pensai a quanti problemi stessero avendo le mie ovaie in questo momento,in cui sembrava che si fossero svegliate da un letargo anche piuttosto prolungato e che, una volta sveglie avessero direttamente preso parte ad un rave con spaccio di ormoni.
Gli invitati,neppure in chiesa avevano saputo darsi un contegno, arrivando al punto da chiedere un autografo sul libretto della celebrazione o su fazzoletti di carta pescati da quelle borsettine talmente striminzite che noi donne acquistavamo solo per il piacere di avere qualcosa da portare tra le mani perché poi, il resto finiva rilegato all'interno di una borsa nascosta tatticamente nel bagagliaio dell'auto.
Come se nessun'altro avesse potuto rubarla da lì .
Avevo passato tutta la giornata in piedi a fumare una sigaretta per allentare la tensione e a godermi il volto di Valentina che era stracolmo di gioia per il giorno delle sue nozze.
Alla sera poi, quando ero tornata a casa distrutta da tutta la giornata in generale e da tutti quei balli che tra il padre,lo zio,il cugino e il nonno di Valentina o di Giuseppe,non lo avevo realmente capito, mi avevano chiesto ; mi ero rintanata a casa, triste del fatto che avrei visto Paulo solo il giorno dopo e di sera soltanto.
Ero sfinita sia fisicamente che mentalmente ma se si era sposata Valentina, di certo al resto del mondo lavorativo non gliene importava un fico secco.
Agli uffici, altri colleghi erano ridotti come me se non peggio ed io ringraziai chiunque ci stesse nel cielo, per avere un ufficio tutto mio dove potermi chiudere ed isolare dall'universo.
Quando entrai dentro, Dario era in piedi e guardava Maddalena e Carolina sedute nelle poltroncine mentre ridacchiavano.
-ragazze- le salutai quasi saltandogli addosso.
Ogni volta che le vedevo erano sempre più belle, mamme donne e mogli che tutti avrebbero voluto avere e Andrea e Giorgio sapevano bene quanto fortunati fossero stati.
-Gwen- mi abbracciarono ed io sorrisi al settimo cielo.
Dario continuava a guardarci imbarazzato e pensai fosse oppurtuno che per adesso si affiancasse a Silvio e che lo aiutasse a fare qualsiasi cosa stesse facendo, sicura che tanto di lavoro ce ne sarebbe stato a sufficienza per altre tre persone.
-raggiungi Silvio e digli che ti mando io, appena ho bisogno di te ti chiamo- ci sorrise e si dileguò immediatamente.
-allora gordite, a cosa devo questa splendida visita?- loro due tra le altre erano le più riservate e tendevano a stare fuori dalla società forse per il grande rispetto che provavano nei suoi confronti.
-siamo venute a trovare la nostra torinese preferita che non si fa  vedere dal Natale scorso- avevano proprio ragione ma io, in questi ultimi tempi ,vivevo di ufficio e lavoro,e quel tempo libero che riuscivo a ritagliarmi  me l'ero diviso tra Paulo e Mat ,che si stava preparando per l'imminente laurea.
-che brutta persona che sono- gli dissi dispiaciuta mentre spostavo la sedia da dietro la scrivania per avvicinarmi a loro.
-Giorgio mi ha detto che sei stata male, appena due settimane fa- annui perché era vero e perché ero in terapia per questo,nella speranza che stavolta il punto che vi avrei messo sopra non era a matita ma con un bell'inchiostro di quello indelebile.
-si, ho avuto un attacco di panico ma, adesso sto bene- mi sorrisero contente accarezzandomi le ginocchia coperte dal pantalone a vita alta e gessato grigio che indossavo, chiaramente sopra la calza maglia perché a Torino, di salire sopra i cinque gradi non se ne parlava proprio.
-Alena dice sempre che lavori troppo-mi disse Carolina mentre posava il cellulare nella borsa e se ne liberava definitivamente; questo voleva significare solo una cosa: mi avrebbero tenuto compagnia per tutta la mattinata.
-ma lei piuttosto? Quando torna a trovarci?- con il fatto che con Giggione non si fossero lasciati in buoni rapporti, erano addirittura arrivati al punto che i suoi figli viaggiassero con le hostess di accompagnamento ma lei, meno tempo passava a Torino meglio era, ed era un vero peccato perché era una magnifica donna.
Riservata, di poche parole ma buone e soprattutto generosa.
-viene per Pasqua perché l'abbiamo obbligata e non può non venire però...- non completò la frase e si girò verso Maddy ,si guardarono e poi sorrisero
-non la festeggeremo qui- che viaggiassero sempre era evidente.
Maddalena poi, lei amava viaggiare in continuazione, sporcarsi i piedi con la sabbia e comprare cappellini di paglia in grado di coprirle il candido volto,macchiato qua e là da quale lentiggine, ed abbronzato dal sole cocente. Se stavi cercando Maddy bastava guardare sulla spiaggia in riva al mare o in acqua su un materassino gonfiabile.
-dove andate di bello?- le chiesi vedendole entusiaste.
-vorrai dire dove andremo di bello perché, non puoi dire di no assolutamente. Io e Andrea abbiamo il piacere di ospitarvi nelle nostre cantine in Sicilia- la guardai confusa.
Barzagli aveva delle cantine? Produceva del vino? In Sicilia, quando lui era Toscano e le colline toscane erano le più famose per la produzione del vino?
Io adoravo la Sicilia perché mi faceva sentire più vicina a mia madre e perché era un'isola cosi bella e cosi viva in ogni suo angolo che non me ne stancavo mai. Non c'era un solo aggettivo che fosse capace di descriverli, per quello che veramente erano e per quello che realmente rappresentavano per l'Italia.
Qui al nord ci giudicano tutti perché dicono che siamo un po razzisti e forse magari è davvero cosi, forse c'era questa differenza linguistica a separarci ma, nel profondo di ognuno di noi viveva una piccola trinacria.
Come si poteva pensare che dietro alla loro immensa ospitalità,alle loro mani mordibe che sapevano di cucina, a quelle rugose e callose degli uomini che lavoravano le terre e contemplavano la natura rispettandola,più di quanto noi e i nostri pesticidi sapevamo fare, si potesse nascondere della cattiveria?
Non c'era nulla in quell'isola che non urlasse gioia e se Paulo ve ne era ancora profondamente legato, ne immaginavo il motivo.
La Sicilia era la casa di tutti.
-allora ci venite?- mi chiese contenta
-posso parlarne con Paulo? Sua madre dovrebbe venirlo a trovare per Pasqua- e poi perche entrambe il sette Aprile avremmo fatto il compleanno e da quando l'aveva scoperto aveva iniziato a dire che era un giorno che si doveva assolutamente festeggiare.
-poterà anche Alicia- stentavo a crederlo perche mrs Dybala era una donna riservata e non le piacevano per nulla queste cose. Piuttosto sarebbe stata per ore intere dietro ai fornelli o con le mani in pasta,pur di preparare un ottimo pasto per i suoi figli ma, la confusione e il via vai di gente non erano cose che facevano per lei.
-e se venissimo per il lunedì di Pasquetta?- sarebbe stato decisamente meglio, così avremmo passato la Pasqua con Alicia anche perché non trovavo che fosse giusto che Paulo snobbasse sua madre che si faceva quattordici ore di volo per venirlo a trovare e poi perche anche io volevo passare la festa con i miei che pur vivendo a pochi chilometri di distanza non riuscivamo a beccarci quasi mai.
-ma dovete venire. Per il lunedì di pasquetta non voglio scuse- sorrisi a lei e al suo modo cosi allegro di fare.
Dove c'era Maddalena c'era allegria ed io la adoravo per questo perché sapeva tirarmi su il morale come poche persone nella mia vita.
-Nina, Camilla,Mattia...come stanno?- non li vedevo da troppo tempo.
-stanno bene anche se ormai la loro piccola Gwen non la vedono più- mi sarei dovuta far perdonare e se fossi riuscita ad incastrare Paulito, avrei organizzato un picnic nel giardino di casa mia a Casellette e avrei invitato anche Edin per cui il mio amore era infinito e i figli di Medhi e Claudio con la quale avevo un bellissimo rapporto.
-prometto che mi farò perdonare per tutto-sapevo quanto i bambini ci tenessero alle cose e soprattutto quanto ci restassero male.
-parliamo di cose serie- disse Carolina pescando un pacco di pocket coffee dalla sua borsa.
Chissà quante altre di queste scatole ne avremmo potuto trovare se l'avessimo capovolta.
Li mangiava sempre.
Certo,poi si ammazzava di palestra, correndo per mezza Torino pure che nevicasse e si stesse per palesare il circolo polare artico ma, non sarebbe mai successo che lei si privasse di quel cioccolatino al caffe.
Ne offri uno anche a noi che ormai per abitudine lo mangiavamo giusto per farle compagnia che per altro.
-Federico sta ritornado con Veronica Ciardi?- ancora con sta storia? Forse ero io che da quando avevo preso il treno insieme a lui, avevo l'impressione che il suo nome mi perseguitasse.
-io ho fatto un po di scoperte- com'è che non si fossero aperte un'agenzia di investigazione privata non riuscivo a capirlo.
Chissà quanti soldi si sarebbero fatte.
-perche ci interressa saperlo?- effettivamente me lo chiedevo.
Cioè, che male c'era se si stesse rifrequentando con la sua ex?
-Gwen, la minestra del giorno prima ,riscaldata al microonde,non è più buona, non lo sai?- per poco non le scoppiai a ridere in faccia.
Ma che voleva significare? Ma che ne sapevamo noi di come quei due si erano lasciati.
-leggete un po qui- ci mostró un articolo in cui entrambi comunicavano di essersi lasciati ma molto serenamente e che avrebbero continuato a rimanere amici.
Magnifico no?
-e che male c'è?- a volte mi sentivo una stupida e oltretutto avevo un mare di lavoro da completare e invece me ne stavo con le mie adorate wags a farmi gli affaracci di quel povero di Bernardeschi.
-dobbiamo trovargli una ragazza- dissero contemporaneamente mentre io le guardavo stupite.
-cosa stiamo diventando un'agenzia matrimoniale?- ero consapevole che quando si mettevano in testa una cosa, doveva essere per forza quella.
- sicuramente Roberta avrà qualche asso nella manica- risi mentalmente dell'idea che la mia cara Roby potesse diventare una sorta di Maria de Filippi per la versione uomini e donne dei calciatori.
-Federico per te c'è...- intonai il gingle tipico di quando i corteggiatori o le corteggiatrici scendevano quei dieci scalini e loro risero insieme a me.
-io faccio la Tina- si vantò Carolina
-questa discussione sta degenerando- era bello passare del tempo con loro perché eri certa che avresti dimenticato qualsiasi cosa.
Le salutai qualche minuto dopo, quando Maddy fu chiamata da Roberta per andare al ristorante a farle compagnia.
Fu un piccola benedizione, altrimenti mi sarebbe toccato rimanere fino a tarda serata e con le cattive previsioni meteorologiche non volevo rimanere da sola in macchina ne tanto meno ritardare il mio rientro a casa.
Paulo era al secondo dei suoi giorni liberi e mi aveva assicurato che si sarebbe alzato dal letto solo quando si sarebbe saziato di sonno.
Stentavo a crederci per il semplice fatto che ad un certo punto della mattinata, pure quando non aveva gli allenamenti e poteva rimanere a letto, finiva sempre col girarsi e rigirarsi fino a quando scocciato scattava via dal letto ed iniziava ad aprire e chiudere gli sportelli della cucina senza un vero e proprio motivo.
Cosi, solo per fare qualcosa.
Ecco perché aveva avuto l'idea del pesce.
Gli avevo detto: "perché non prendi un cane?" Ma lui aveva iniziato a dire che era troppo impegnativo e che avrebbe dovuto portarlo dal veterinario, fuori per i bisogni e lui non aveva voglia di acchiapparli da terra.
Ci siamo capiti no?
Voleva un animale che c'era senza esserci veramente.
Silenzioso,innuquo e anche parecchio autodidatta.
Cinque euro di pesciolino,comprato in un negozio di animali e messo  in un'acquario che sembrava più grande della vasca di casa mia ma andava bene cosi,almeno quel pesce nelle sue giornate avrebbe passato il tempo a perlustrare tutto quello spazio enorme che aveva a disposizione.
Al centralino richiamai Dario, scusandomi con lui non appena fece ritorno e ringraziandolo per la sua immensa pazienza.
Gli chiesi di organizzarmi gli impegni per la prossima settimana ricordando che sarei stata via dal giovedi al lunedi, per quel fatidico weekend prolungato.
-avanti- risposi
-ciao Gwen, hai un minuto?- appoggiai i miei occhiali sulla scrivania e guardai  Miralem entrare.
-certo, accomodati pure- era da troppo tempo che non sentivo Josepha per telefono,per non parlare dell'ultima volta che  l' avevo vista insieme ad Edin allo stadio.
Chissà che cosa le era capitato.
-ammazza quando è figo sto posto-  mentre lui continuò a guardarsi intorno io risi per le sue sparate simpatiche.
-allora Mira, posso fare qualcosa per il mio numero cinque preferito?- mi sorrise e annui.
-devo parlarti di una cosa privata- lo guardai confusa ed annui preoccupata,rivolgendo uno sguardo di scuse a Dario.
-è successo qualche cosa di grave?- lui annui e il mio stomaco si contorse ancora un pochino.
Il rumore della porta che venne chiusa gli fece rilassare le spalle,notevolmente ,ed io avrei voluto avere il mio pacco di sigarette a portata di mano.
-io e Josepha ci siamo lasciati- rimasi in silenzio per uno o due minuti, cercando le parole esatte che avrei dovuto dirgli.
-tu stai bene?- fu la prima cosa sensata che mi venne da chiedergli.
Annuì tranquillo e un po mi rilassai anche se avevo ancora una sfilza di domande da fargli per capire cosa l'avesse spinto a chiudere definitivamente i rapporti con quella che era davvero una ragazza magnifica. Non ero cieca e per certe cose avevo un sesto senso e di certo non mi era lasciata sfuggire gli sguardi quasi freddi che si erano stabiliti tra lui e Josy quando nello scorso Giugno, l'aveva raggiunto per festeggiare la vittoria del sesto scudetto.
In ogni casa ovviamente c'era sempre da mettere in conto che si sarebbero venute a creare delle problematiche e il fatto che lei non l'avesse raggiunto qui a Torino ma che avesse preferito rimanere in Francia,non credo avesse giovato alla loro relazione che da quanto capivo adesso, aveva delle crepe dal primo anno in cui Pjanic si era trasferito a Torino.
-non ce la facevo più, litigare davanti Edin era pessimo ed io voglio il meglio per il mio bambino- annui concorde con lui.
Non sarei mai voluta finire in una situazione del genere,dove il genitore è il portatore di danni per il proprio bambino.
Capivo il perche fosse venuto a comunicarmelo di persona; Josy era il suo procuratore e ovviamente adesso ne avrebbe dovuto trovare uno nuovo.
-so che sono notizie che ti sconvolgono tutto il lavoro ma, abbiamo firmato i documenti ieri sera e stamattina ho fatto il prima possibile per essere qui- gli sorrisi e tirai fuori il suo contratto dal cassetto, chiuso a chiave.
-non preoccuparti, sono cose che si risolvono- volevo dargli una sicurezza che magari gli sarebbe servita anche solo per cinque minuti.
Chissà come realmente stesse vivendo questo periodo della sua vita ed io sfortunatamente non avevo molto da potergli dare o da dirgli.
-grazie Gwen- gli sorrisi mentre gli passavo il foglio per firmarlo e dopo mi sarei occupata di faxarlo a Josepha per avere la sua firma sopra .
-tu stai bene vero?- era strano vederlo così abbattuto.
Lui e Paulo stavano sempre insieme a scherzare e ridacchiare,nonostante l'argentino pur di non sentirlo parlare in francese si era offerto di insegnargli lo spagnolo.
Non sapevo che problemi ci fossero tra il francese e Paulo ma, non doveva essere la sua lingua preferita.
-sono stato meglio ma, spero di poter stare bene tra un paio di settimane quando tutto questo casino diventerà acqua passata- lo sperai vivamente.
Non sapevo come un matrimonio e poi un divorzio sarebbero diventati acqua passata ma, se ce l'avevano fatta gli altri, ce la potevano fare anche loro.
Quando lasció il mio ufficio, un po della sua tristezza rimase attaccata alle pareti e per tutta la mattinata non feci altro che pensare a cosa portasse due persone a mandare all'aria tutto.
Come si faceva?
Come si passava dall'amarsi all'odiarsi?
A telefono con Josepha avevo avuto l'istinto di chiederle come stesse e come si sentisse ma, ero una persona a cui piaceva lasciare il tempo agli altri ed aspettare che la gente si sentisse pronta per parlare, perciò avevo semplicemente fatto il mio lavoro manageriale e avevo messo giù.
Sospirando e pensando a Paulo.
Non avrei saputo sopportare una separazione da lui, nonostante stessimo insieme da poco più di tre mesi ed io, ero cosciente del fatto che c'ero dentro fin sopra i capelli.
Sorrisi ironica quando il mio corpo fu riflesso dal vetro, indossavo un tailleur grigio Londra ed il mio umore semprava sposarsi perfettamente con esso.
In quell'ufficio c'era sempre qualcosa da fare, ed oggi non era da meno e per questo ringraziai il lavoro per tenermi lontana da brutti pensieri che la mia testa produceva anche quando non ce ne era effettivamente il motivo.
Come al solito fuori pioveva e il vento faceva sbattere la pioggia nelle vetrate a cui davo le spalle e che ogni tanto guardavo solo per far riposare gli occhi.
Forse avrei dovuto prenotare una visita oculistica ma, ultimamente non avevo nemmeno il tempo di andare a fare la spesa ed ero finita a cena da Paulo cosi tante volte, nelle ultime serate, che non mettevo piede in casa mia dallo scorso martedi mattina.
Alcuni miei vestiti avevano occupato le gruccie vuote che Antonella aveva lasciato e non sapevo se a Paulo questa situazione gli stesse bene; per questo stamattina ,mentre dormiva beato, avevo ripreso tutta la mia roba e l'avevo sistemata in macchina.
Piero, il portinaio mi aveva salutato allegro e si era offerto gentilmente di darmi una mano ma, non era tanta roba e ce la facevo a trasportarla da sola.
Paulo aveva ragione, dovevamo dare un nome a quello che c'era tra di noi; eravamo stati cosi impegnati a viverci che non avevamo sentito l'esigenza di darci un etichetta e questo mi piaceva un sacco ma,non poteva durare alla lunga.
Non vivevamo nel paese dei balocchi e niente era fatto di caramelle e cioccolatini quindi, dovevo farmi coraggio e affrontare il mondo al suo fianco.
Fidandomi di lui, più di quando già facessi.
Nel pomeriggio avevo travato due minuti per inviargli un messaggio, chiedendogli di farsi trovare a casa mia e che se poteva, sarebbe stato perfetto se avesse fatto la spesa.
Quella stessa sera, quando misi piede a casa e lo trovai in piedi davanti l'uscio della porta, promisi a me stessa che gli avrei dato la donna che si meritava.
-fuori si gela- mi sfregai le mani nella speranza che queste riacquistassero il normale e corretto funzionamento vascolare.
-non sei tu il pinguino che ama la neve? Di cosa ti lamenti adesso?!- mi baciò la punta congelata del naso e mi sfilò il cappotto da sopra le spalle per appenderlo all'attaccapanni.
-ma questo si chiama Tundra, e l'ultima volta che avevo controllato , sono certa che occupasse la regione nord della Russia o al massimo il passo del Gavio- si, la geografia era una materia in cui eccellevo.
-vedi? Se l'Italia non va in Russia è la Russia che va in Italia- da quando in qua si era dato all'humor inglese?
-ah ah ah, spiritoso- sorrise e mi mordicchió una guancia, solleticandomi i fianchi per farmi ridere.
-sei proprio una bambina dispettosa- mi disse mentre mi trattenevo dallo scoppiare a ridere.
In cucina la tavola era stata già apparecchita e gli sorrisi devota ed innamorata sempre un po di più .
-ho pensato che del riso in bianco e del pollo sarebbero stati perfetti- ridacchiai sconsolata.
Io contavo di sfondarmi con quintali di spaghetti al sugo di pomodoro e lui invece, come è normale che fosse, aveva pensato alla linea.
-quando diventerai cinese?- svitai la bottiglia d'acqua ,rigorosamente presa dal frigorifero, e riempii un generoso bicchiere.
-forse se passo al Milan o all'Inter- si, si era dovuto ,per forza,ingoiare un manuale di freddure.
-ti brucio la casa Dybala mentre tu stai dormendo ignaro- mi guardò per alcuni istanti e notando la mia espressione seria scoppiò a ridere.
-amor, tuo padre non mi darebbe mai la tua mano se dovessi cambiare squadra- annui concorde con lui.
Un milanista o ancor di più un interista, a casa Meneghini non vi avrebbero potuto mettere piede, non se mio padre era ancora  in vita.
-non te la darei nemmeno io- mi guardò malizioso ammiccando
-la mano, idiota!- si avvicinò al mio corpo
-va bene anche quella- mi sussurrò ad un centimetro dalla bocca
-maiale- lo apostrofai tirandogli uno strofinaccio sul petto e facendolo scoppiare a ridere.
Mi aveva preso per le cosce e mi aveva fatta sedere sul marmo della cucina, infilandosi con il busto tra le mie gambe e baciandomi appassionatamente.
Una vera e propria limonata che, appena ebbi la forza di staccarmi credetti di stare per svenire a causa della mancanza di ossigeno.
-sei fuori allenamento mi amor- rise divertito del mio respiro affannoso.
Certo, facile per lui fare il magico quando correva qualcosa come duecento chilometri al giorno per più di novanta minuti ed in oltre faceva tre o addirittura quattro ore di palestra.
-non limonavo così dai tempi del liceo, permettimi di essere un po arrugginita- mi guardò di traverso.
Adoravo quando si infastidiva per quei due o tre ex ragazzi che avevo avuto nella mia adolescenza.
Ma poi, di che cosa realmente si sarebbe potuto trattare; eravamo dei ragazzini e il massimo che avevo fatto con loro era stato un po di sesso cosi, giusto perché per fare esperienza.
Lo sapeva bene che lui era stato il mio primo e vero e proprio ragazzo con la quale, mi sembrava parecchio palese il fatto che stessimo sperimentando tutta una nuova serie di cose che non credevo nemmeno si potessero fare.
Lui piuttosto, quante diamine di cose conosceva? E soprattutto, da dove diavolo le aveva imparate?
Sia chiaro, niente Cristian e Anastasia; per carità quelli stavamo bene a casa loro e ci sarebbero stati per il resto della loro lunga vita. Io e le corde o robe simili non andavano daccordo, nemmeno con quelle con cui dovevi saltarci per fare ginnastica.
Mi baciò nuovamente e sorrisi per la sua irruenza e per il fatto che aveva sempre energie per fare tutto, mentre io mi sarei infilata il primo pigiama antisesso tirato fuori dal cassetto e mi sarei buttata a letto per crollare nel sonno,il più velocemente possibile.
-vediamo che cosa hanno saputo fare quei mocciosetti- mi sussurrò mordendo nuovamente lo stesso punto, consapevole del fatto che avrei dovuto utilizzare il cerone ,con cui coprivo il tatuaggio, per farlo scomparire.
-mocciosetti? Dybala ma queste parole dove le hai imparate?- provai a distrarlo riuscendoci. Avevo messo piede a casa da poco più di mezz'ora e contavo di riposare poiché avvertivo la pensatezza sul corpo, di certo non avevo considerato l'ipotesi di fare del sesso con Paulo.
Cioè, in realtà mica era tanto vero.
Quella era una considerazione costante, come una sorta di sequenza numerica che andava bene per qualsiasi occasione e io ricordavo ancora i suoi spettacolari bicipiti stretti in quella camicia bianca che indossava insieme al completo blue notte e soprattutto ricordavo le sporche e peccaminose parole che mi aveva sussurrato sulla macchina, quando mi aveva vista arrivare con un aderente vestito argento che metteva in risalto le mie forme e il mio seno.
Non era una casualità, l'avevo proprio comprato per stuzziarlo; d'altronde era un tacito gioco a cui ci stavamo parecchio divertendo a giocare.
Quando il timer per il riso suonò , scesi velocemente dal ripiano e mi sbrigai a scolarlo per evitare che scuocesse e diventasse poltiglia immangiabile.
A tavola mi tornò in mente il motivo del perché avevo voluto che venisse a cena da me, un po per sentirmi al sicuro nella mia comfort zone come se in questo modo stessi giocando una partita in casa dove conoscevo ogni millimetro quadro di quel posto.
-perché sei nervosa?- lo osservai mentre anche lui da dietro il suo bicchiere di acqua mi scrutava con occhi attenti.
I soliti,stupendi occhi di sempre a cui non mi sarei mai abituata.
-sono agitata perché devo dirti una cosa- posai la forchetta nel piatto e mi pulii la bocca con il tovagliolo.
-va tutto bene?- la sua voce uscì un po preoccupata e mi sentii in colpa
-va tutto bene, solo oggi riflettevo sul fatto che hai ragione- corruccio le sopracciglia cercando di capire a cosa facessi riferimento
-su cosa?- deglutii e mi feci coraggio
-dobbiamo dirlo- ci impiegò due secondi prima di sorridermi e alzarsi per baciarmi e sollevarmi dalla sedia.
-vuoi farlo davvero?- i suoi occhi erano contenti, felici e brillavano.
Non avevo capito quanto realmente volesse questa cosa, troppo concentrata invece a cercare di capire cosa volessi io.
Ma ormai non c'era un io, eravamo un noi e bisognava che prendessi l'abitudine di considerare le cose anche dal suo punto di vista.
In questo lui era molto più pratico di me ma,non era un mistero che lui per me fosse la vera ed unica relazione in cui mi stavo impegnando seriamente e in cui avevo dato il permesso ad un uomo di poter avere del potere su di me.
-farei di tutto per te, per noi- glielo sussurrai sulle labbra senza avere il coraggio di guardare quanto intensamente i suoi occhi mi avessero potuto guardare.
Mi sentivo cosi fragile e cosi forte ,allo stesso, quando ero con lui e non sapevo mai quale sarebbe potuta essere la mia prossima mossa.
Ero come un fiore a cui Paulo dedicava le attenzioni: lo innafiava e ne accarezzava i petali, gli toglieva le erbacce che crescevano attorno ad esso e gli parlava tenendogli compagnia,elogiandolo e facendolo sentire il miglior fiore del mondo però,allo stesso tempo avrebbe potuto stringere lo stelo e spezzarlo via da quel terrero e allora quel fiore sarebbe morto appassito in un agolo remoto e dimenticato.
Mi sentivo cosi, come quel fiore.
-ti amo- mi sussurrò lasciando piccoli baci sulle mie labbra.
-ti amo-.
La cena era andata avanti tranquillamente, ridendo e scherzando come era tipico tra di noi e pensai a quanto fortunata fossi stata ad averlo incontrato e quante persone domani o magari nel giorno avvenire avrebbero riempito la mia vita di insulti ma, era l'altro lato della medaglia ed io di Paulo volevo tutto.
Mentre ci coccolavamo sul divano, come se entrambi fossimo due orsetti bisognosi di affetto,non mancavano di certo i momenti in cui mi perdevo ad osservarlo mentre il suo volto disegnava una bellissima curva sulle sue labbra.
Le stesse che avrei unicamente baciato per il resto della mia vita.
Innamorarsi non era un gioco e sapevo che non appena sarei finita su quel binario, se mai avessi deragliato mi sarei fatta male forse fino a morirne.
Amarlo era cosi semplice, cosi naturale per me che non ci avevo impiegato cosi tanto, anche forse meno di un battito di ciglio.
Se solo avessi potuto trovare le parole esatte che avrebbero detto cosa il mio cuore provava e sentiva nei suoi confronti; verso quel uomo ancora cosi bambino ma grande, nel cuore,negli occhi e nell'anima.
Era come il più prezioso dei gioielli e pensai che "la Joya" era proprio il soprannome che gli si addiceva di più.
Era un diamante , il diamante più bello.
-perché mi guardi cosi?- mi chiese mentre il mio volto era appoggiato al suo petto e le sue mani mi accarezzavano la schiena e la testa.
-cosi come?- gli chiesi
-come quando ti guardo io di nascosto, e penso a quanto ti amo e a quanto voglio averti con me per il resto della mia vita- mi strinsi al suo petto, portando il mio volto al cospetto del suo e lo baciai con tutto l'amore che avevo a disposizione.
-perché è quello che penso anche io- gli dissi mentre gli accarezzavo quel piccolo punto marrone che abbelliva il suo viso.

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