L'indomani mattina fu la sveglia delle otto e dieci a buttarmi giù dal letto, e con non poca difficoltà, dal momento che avevo l'impressione di avere la pressione più bassa del solito.
Come mio padre mi aveva insegnato, misi un po di sale sotto la lingua, trattenendo ovviamente i conati di vomito e poi chiesi il favore di poter avere la colazione in camera, non tanto sicura che avrei raggiunto il posto senza capitombolare per terra.
Fu la dolce sorpresa di Paulo a migliorare la giornata; era arrivato con un vassoio pieno di roba che nessuno dei due avrebbe poi effettivamente mangiato ma, almeno era bello da vedere.
Aveva appoggiato il tutto sul letto ed era venuto a baciarmi, colmando la distanza.
-immaginavo che questa mattina avresti avuto qualche problemino a scendere dal letto, questo perche non mangi mai quando sei troppo lontana da me- mi fece ridere il modo in cui lo disse, come se fossi una bambina colta con le mani in fallo, piene zeppe di miele che le grondava fino a sporcarle i vestiti.
-ero cosi stanca che volevo solamente dormire- annui ma per niente contento che a volte capitasse che finissi a letto senza cena e quindi per ritornare a farlo sorridere gli mostrai che non avessi alcun problema con l'alimentazione e che se c'era una persona a cui mangiare piaceva tanto, forse addirittura troppo, quella ero io.
Lo osservai tranquillamente, già tutto vestito di punto con la sua deliziosa tuta blue della selection.
La mia maglia era comodamente appesa alla gruccia fuori dall'armadio e entrambi la osservammo contemporaneamente .
C'era però qualcosa che mi stava nascondendo perché mi sembrava felice ma...per metà.
-avanti, dimmelo- interruppi il silenzio
-cosa?- finse di non capire a cosa facessi riferimento e lo dedussi dal fatto che mi guardò negli occhi per pochissimi istanti.
-che mi stai nascondendo?- sospirò e si sdraiò sul letto.
A quel punto ebbi la brutta sensazione che la situzione fosse più grave di quello che potessi credere per cui, tolsi da li il vassoio poggiandolo per terra e lo affiancai stringendomi a lui.
-non giocherò da titolare- soppesai le parole che sarebbero volute uscire dalla mia bocca.
-sicuramente perché vuole tenerti fresco e carico per avversari più forti- oggi avrebbero giocato contro l'Islanda e rispetto alle squadre con cui avrebbero dovuto battersi, questa all'apparenza non sembrava un grosso ostacolo, soprattutto dal momento che la selection argentina aveva in campo giocatori di un certo spessore.
-non giocherò da titolare in nessuna partita di questo mondiale- rimasi realmente interdetta della cosa.
Che diamine stava blaterdando?
Quale folle avrebbe fatto una roba simile?!
Sanpaoli!
Lo odiai più del solito.
-è un coglione- lo dissi senza riuscire a trattenermi.
Sapevo che a Paulo non serviva che io inveissi contro il suo CT ma, se me lo fossi trattenuta per altro tempo ancora, credo che sarei diventata una furia.
Non che comunque adesso fossi tanto calma.
Lo abbracciai, stretto al mio corpo assorbendo tutta la delusione e l'amarezza che lo stava investendo e volli ardentemente che quello stupido del corno, si svegliasse e si accorgesse dell'enorme cazzata che stava facendo.
Mi presi tutto il tempo che mi serviva per non scappare via da quella stanza pronta a picchiare quell'uomo.
Tutte le emozioni violente che stavano trapassando il mio cuore ben prima del mio cervello, erano come fucili con la canna piena di proiettili.
Odiai il modo in cui il volto di Paulo sembrava aver perso la solita lucentezza di sempre, quella che faceva splendere me di riflesso, facendomi apparire una stella quando invece non lo ero.
Odiai le rughette tristi ai lati dei suoi occhi chiusi ma che immaginavo acquosi per il pianto trattenuto.
La sua voce era priva di vita, come se avessero a mano a mano tolto tutti i petali di quel bellissimo fiore.
Immaginai Sanpaoli come il vecchio burbero che con un coltellino tascabile aveva bucato la palla dei giovani bambini che si divertivano a giocare per strada, provandogli del gioco che praticamente era la loro anima.
-non è un allenatore che fa di te un giocatore che non si merita quel posto. Sai meglio di me quanti sacrifici hai dovuto fare per ottenere quel posto e spero solamente che un meteorite lo colpisca in pieno e lo faccia rinsavire- Paulo mi guardò notando quanto veramente fossi fermamente convinta delle mie parole.
Aldilà del fatto che fosse il mio uomo, ero ancora sufficientemente intelligente e lucida da sapere che Paulo avrebbe potuto dare una mano di aiuto in campo.
Non conoscevo bene tutti gli altri suoi compagni di squadra a parte Higuain, Messi e Di Maria ma, conoscevo Paulo e sapevo con certezza che si meritava il mondiale.
Si era allenato tutti i giorni, aveva preso aerei ad orari improponibili non perdendosi neppure un allenamento e poi, poi Sanpaoli aveva il potere di decidere cose che forse non erano proprio all'altezza delle sue competenze.
-forse non gioco abbastanza bene- fu come se fossi un dannato vetro andato in frantumi a causa di una palla tirata troppo in alto.
Gli presi il volto tra le mani e gli chiesi in un sussurro di aprire gli occhi, dandomi l'opportunità di creare una connessione tra di noi.
-non mettere mai in dubbio te stesso ne ciò che ti rende cosi. Mai- gli baciai le labbra con forza fino a farle diventare bianche e poi incredibilmente rosse.
Lo strinsi a me stessa, desiderando che scaricasse tutti i cattivi pensieri sulle mie spalle perche non credevo di essere capace a sopportare il suo volto triste e deluso.
Gli accarezzai la schiena fino a quando il suo cellulare non vibrò segnando l'arrivo di chiamata da parte di Gonzalo e poi con un bacio sulle labbra lasciai che andasse via.
Avevo il cuore appesantito dalla tristezza che avevo letto nei suoi occhi e quello mi fece provare dell'odio verso quel metro e venti di persona che iniziava sulserio a starmi sulle palle.
Si era permesso di criticare Paulo, senza che lo conoscesse e soprattutto senza un apparente reale motivo; quando però Paulo aveva fatto magie in campo con la Juventus, improvvisamente era ritornato a parlare bene della sua Joya.
La sua Joya un cazzo!
Non se lo meritava, e me ne stava dando attualmente un'ulteriore prova.
Decisi che era meglio farmi una corsetta mattutina per allentare la frustrazione e sperare vivamente di non trovarmelo vicino o nei paraggi perche non sapevo se la mia saggezza, di cui non ero nemmeno tanto convinta di avere, avrebbe retto cosi tanto tempo in piedi questa farsa da quattro soldi.
Corsi lungo il perimetro vasto del resort, accelerando e decelerando con costanza come mi aveva insegnato Paulo e facendo gli esercizi respiratori adatti per allentare la fatica e aumentare con il tempo la resistenza.
I lunghi capelli, racconti in una coda sbattevano da una parte all'altra della mia schiena e il cellulare, chiuso in quella fascia, stretta attorno al bicipite, mi restituiva la playlist di canzoni che ascoltava Paulo quando si allenava intensamente.
La musica venne però interrotta dall'arrivo di una chiamata , che mi fece fermare sul posto senza però smettere di saltellare, altro trucco che mi aveva insegnato Paulo.
-pronto?- c'era del leggero affanno nella mia voce per via del fatto che stessi correndo.
-hai intenzione di partecipare alle prossime olimpiadi?- la voce di Federico Bernardeschi mi arrivò dritta nelle orecchie.
-dove sei?- mi guardai intorno fino a vederlo, come un punto indistindo, all'ingresso dell'hotel.
-mi aspetti? Mi cambio e vengo a fare due giri di corsa con te- risi del fatto che ogni scusa fosse buona per tenersi in movimento e sperai vivamente che Dols non mi urlasse contro per averle appena sequestrato il fidanzato.
Quando mi raggiunse, dieci minuti piu tardi, con un paio di pantaloncini della nazionale Italiana, risi a crepapelle ma ancora di più quando vidi arrivare Dols con molta più lentezza e fatica in volto del numero trentatré.
-hai un motorino al posto dei piedi?- gli chiese sarcastica meritandosi un bacio dolce sulla fronte.
Io ero sudata come giusto che fosse per cui, mi risparmiai i saluti e riprendemmo a correre, ad un passo meno sostenuto sia per me che non ero un calciatore, sia per Dols che addirittura non si era ancora decisa a fare palestra seriamente e non la biasimavo affatto perche io, con molta onestà, se non fosse stato per Paulo probabilmente non l'avrei fatta.
-è andato gia via?- mi chiese Federico, correndo di lato alternando i fianchi, come era abituato a fare in allenamento.
-si, ormai più di mezz'ora fa- dovevano sicuramente trovarsi sul pulman per strada.
Dols iniziò a spogliarsi della felpa che stava indossando, rimanendo in canottiera e risi del modo in cui Federico la guardò gelosamente.
Perche madre natura aveva dato a lei un seno cosi prosperoso e aveva fatto la taccagna con me?
Che male le avevo fatto?!
-voi venite con suo padre?- chiesi informandomi su come si organizzavano perche la sera tecnicamente saremmo dovuti tutti andare insieme a cena ma, date le ultime notizie non ero poi cosi tanto sicura che Paulo sarebbe stato dell'umore giusto.
-no, vado con Lautaro- Dols alzò gli occhi al cielo contrariata da questa cosa ma, doveva aspettarsi che suo padre non la lasciasse andare in macchina con Federico.
-Dols- mi fermai di botto non appena le vidi sfuggiare via una lacrima di rabbia.
Mi sembrò di rivederci Paulo, perché anche lui quando era particolarmente indisposto, finiva sempre con il piangere per limitare la rabbia con cui invece probabilmente avrebbe preso a pugni qualcosa.
Federico le andò immediatamente contro, fregandosene se ad esempio qualcuno cercandoci li avrebbe potuti vedere e io, pensai solamente che alla fine non riuscivo a capire perché fosse considerata troppo piccola per avere una relazione.
In un impeto d'amore la baciò, dolcemente stringendosela al petto e questo non fece altro che rafforzare il pianto di Dols, come se finalmente si stesse liberando da tutte quelle cose che nei giorni o addirittura nelle settimane passate era stata costretta ad ingoiare con tanto sforzo.
-Dolly- la chiamai nel dolce modo con cui Paulo la chiamava e Federico mi guardò non sapendo cos'altro fare.
Non che io fossi il mago delle consolazioni però attualmente, vederla cosi in lacrime mi fece venir voglia di rischiare.
Cosi, tirai fuori la mia scheda della camera e la posai tra le mani di Federico.
-usatela bene e voglio trovarla felice e contenta- Fede mi ringraziò mentre Dols mi sorrise timidamente.
Probabilmente Paulo mi avrebbe urlato contro per aver alimentato una cosa del genere ma questo solo perché nonostante fingesse che Dols fosse più una sua amica che sua nipote, alla fine la verità era ben altra.
Chiamai Alicia, mia complice, facendole sottointendere che avrebbe dovuto tenere Gustavo lontano da qui e rassicurarlo che Dols sarebbe stata con me per tutta la giornata.
Mi concessi altri giri di campo, provando ad analizzare il modo in cui avrei dovuto comportarmi con Paulo.
Sapevo bene che non voleva alcuna commiserazione o consolazione perche non era assolutamente un tipo a cui piaceva piangersi addosso e sapevo allo stesso tempo che riempire il suo CT di insulti, facendogli capire che stessi dalla sua parte, non gli serviva affatto.
Forse lasciarmi guidare dal momento sarebbe potuta essere la soluzione migliore ma, a conti fatti sapevo bene che l'umore di Paulo sarebbe stato comunque nero e ballerino.
Mi intrufolai nella stanza di Paulo e Gonzalo per lavarmi e indossai un cambio di Paulo per bussare qualche ora dopo nella mia camera e farmi passare la mia roba che avevo indicato a Dols, da dietro la porta come se fossi diventata un ladro a casa mia.
Mi vestiti in quella stanza piena zeppa di prodotti per medicazioni e fili interminabili di caricabatterie ,tutti lasciati appesi come era solito fare Paulo.
Sistemai il completo, guardandomi allo specchio della stanza e sospirai fiera non appena la maglia che portavo addosso mi fece sentire bella e felice.
Fanculo a Sanpaoli.
Uscii da quella stanza per le due e mezzo del pomeriggio e bussai alla porta di quei due ivitandoli a sbrigarsi, dopo di che ricordai alla reception la gentilezza e la cortesia di cambiare le lenzuola della mia stanza.
Alle quindici meno dieci, il solito Marcedez di sempre passò a prendermi, e con me vennero Dols e Federico, avvisando Lautaro che sarebbe dovuto arrivare allo stadio con suo padre per un improvviso cambio di programma.
Dols aveva la testa appoggiata alla spalla di Fede, mentre questo le accarezzava i capelli miri giocandoci con le punta delle dita.
Erano belli da vedere e mi fecero venir voglia di avere Paulo al mio fianco.
Quando arrivammo allo stadio, Dols e Federico entrarono da un'entrata diversa rispetto alla mia per cui fummo costretti a salutarci.
Venni poi affiancata da Hernan e da Javier che mi sorrisero non appena mi videro con quella maglia addosso.
-finalmente- li salutai con un veloce abbraccio e poi ci accomodammo.
Pochi minuti più tardi fece ingresso Diego Armando Maradona e pensai che da li a poco mi sarebbe venuto un colpo.
Era un onore immenso quello che stavo avendo, perché mai nella mia giovane vita avrei immaginato di poter conoscere la stella del calcio per eccellenza.
El pibe de Oro.
Gli strinsi la mano che lui dopo baciò con il suo solito fare da dongiovanni e mi fece sorridere perche era spontaneo e anticonvenzionale in qualsiasi contesto si trovasse.
Ebbi poi la fortuna di averlo seduto al mio fianco, mentre con la sua maglia di cotone nero e il crocifisso in oro che pendeva dal suo collo, iniziò a riscaldarsi bevendo birra come se fosse acqua .
Io pensai solamente a quanto cavolo mio padre mi stesse invidiando da casa anche se poi in fin dei conti sapevo che lo stessi rendendo orgoglioso.
Forse Maradona non era l'esempio di uomo migliore nel mondo ma era innegabile quanto diamine fosse stato bravo a calcio.
Avrei pagato in oro per poterlo rivedere in campo.
Osservò la mia maglia, capendo che in qualche modo ci doveva essere un perché per il fatto che stessi indossando proprio quella e non ad esempio quella di Messi.
Chiese in argentino informazioni su chi fossi, ad uno dei ragazzi che lo avevano accompagnato,ignaro che lo capissi e per questo Javier sorrise tutto il tempo mentre io ricambiai divertita.
Nonostante capi il perché indossassi quella maglia, non mi chiese comunque nulla ma semplicemente mi sorrise e guardò il campo verde su cui la squadra si stava riscaldando.
Osservai Paulo che accanto Gonzalo, faceva gli esercizi di riscaldamento e poi osservai il CT mentre discuteva con Messi di chissà cosa.
Mezz'ora più tardi la partita ebbe inizio.
L'Argentina, a fischio di inizio decise di non aver bisogno ne di Gonzalo Higuain ne di Paulo , convinta che per vincere la partita contro l'Islanda, il modulo 4-2-3-1, con dei titolari come quelli che stava schierando in campo, non avrebbe accusato alcuna difficoltà.
Sanpaoli sembrava assolutamente convinto delle proprie scelte, certo che la differenza di caratura tecnica fosse talmente evidente tra le due squadre che si sfidano che Lionel Messi, Aguero e Angel Di Maria sarebbero bastati a schiantare un avversario che avvrebbe potuto, sì, disporre di Sigurdsson e Finnbogason, alti quanto fusti di alberi secolari, direttamente provenienti da una di quelle spettacolari riserve naturali in cui io e Paulo ci eravamo rifugiati per tre giorni, ormai parecchi mesi fa, ma con comunque profili di un altro livello.
La verità, fin da subito, è però un'altra.
Jorge Sampaoli vara una formazione che è senza né testa nè coda, con titolari a mio avviso inesperti per un tipo di calcio del genere ma ancora peggio per il tipo di compagni che giocavano in attacco nella loro stessa squadra.
È vero che Leo e Paulo nelle loro rispettive squadre, occupano lo stesso spazio in campo e che quindi per Paulo sia infinitamente più difficile adattarsi a fare l'ala sinistra ma, senza alcun dubbio conosce un calcio con livelli competiti ben superiori rispetto ad altri tipo:Eduardo Salvio, che di ruolo farebbe l'ala offensiva, e che invece viene messo da CT sull'esterno di destra, come terzino.
Risultato finale?
Acqua da tutte le parti, con una difesa argentina che traballa nel primo tempo come non mai.
Tagliafico e Otamendi completamente scoordinati tra di loro, come se non avessero mai fatto una seduta di allenamento insieme, e come me anche il resto che mi circondava sembrava pensarla allo stesso modo.
-Menta tu madre- quasi mi andò di traverso la saliva e Zanetti guardò Maradona in parte divertito dall'imprecazione, in parte preoccupato che sarebbe finito in diretta mondiale.
Maradona da canto suo sembrava totalmente coinvolto dalla partita che credovo a momenti sarebbe sceso in campo a sostituirsi a Sanpaoli, non che fosse una cattiva idea.
Anzi!
-es un pajero- sbatte le sue mani su quella lastra di vestro su cui aveva appoggiato le proprie braccia ed io pensai a quante censure avrebbero dovuto fare da qui alla fine prima che il filmato potesse essere trasmesso in onda.
Pero, dentro di me mi diverti parecchio il fatto che nonostante la sua età e gli anni, oramai parecchi, lontanti da un campo da calcio, lo avessero comunque fatto rimanere un uomo capace di accendersi come un cumulo di paglia secca.
Ritornai a guardare la partita,provando a non ridere troppo delle espressioni per niente carine che Maradona rivolgeva a qualche giocatore in campo.
Osservai Maximiliano Meza, discreto portatore d'acqua al mulino Albiceleste , ma che in questa squadra non aveva mai giocato a parte tre presenze in totale con la selection e poi, senza offesa ma milita ancora in patria, nell'Independiente, ha ventisei anni e non conosce un modulo di gioco europeo con cui invece un Messi o un Di Maria sono abituati a confrontarsi.
Ascolto con attenzione il commento di Zanetti seduto al mio fianco che chiaramente non la manda di certo a dire.
Il pide de oro continua ad inverire come uno scaricatore di porto e mi stupisce persino il fatto che non nasconda in alcun modo il suo completo disappunto sul CT argentino.
Vorrei dirgli che anche io sono completamente d'accordo con lui.
-creo que un niño de dos años podría haberlo hecho mejor- attirai l'attenzione del famoso argentino che annui applaudendo e contemporaneamente scuotendo la cenere di quel suo mega sigaro cubano che stava fumando dall'inizio della partita.
Faceva una puzza bestiale ma nessuno era stato capace a farglielo notare.
Sanpaoli mi sembrava un cretino inesperto che si stesse lasciando investire da una situazione ben più grande di lui, il che perdonatemi ma non era nemmeno troppo difficile.
Il primo tempo si sblocca con il vantaggio per l'Albiceleste firmato da Aguero al diciannovesimo minuto e lì tutti noi abbiamo tirato un sospiro di sollievo pensando che forse nonostante il no sense della formazione mandata in campo, potessimo ancora sperare di avere un'opportunità.
Nemmeno a dirlo che quattro minuti più tardi il pareggio dell'Islanda arriva per mano di Finnbogason che riporta la partira al punto di partenza.
-no!- che diamine.
Guardai velocemente la panchina sotto di noi e trovai Paulo e Gonzalo parlare tra di loro.
La partira rimase piatta e ricca di frustrazione fino al quarantacinquesimo minuto dove poi si ritirano negli spoglitoi.
Nella ripresa i vice-campioni del mondo fanno la partita, giocando con più consapevolezza del primo tempo e commettendo meno assurdità ,ma non riescono comunque a scardinare la difesa islandese, al sessantaquattresimo arriva il calcio di rifore.
Uno stadio che praticamente si ammutolisce del tutto, a momenti era accecante la luminosità dei sorrisi degli argentini, convinti che il grande Leo avrebbe fatto magie.
Sarei stata falsa se non avessi detto che persino io avevo enormemente gioito.
Messi era il nuovo diamante del calcio, un grande giocatore pieno di talento infinito.
Mi batteva il cuore come se fossi stretta a quel suo mancino, lì su quel prato verde ormai sufficientemente calpestato.
Improvvisamente quel dischetto bianco, su cui giaceva la palla, mi sembrò cosi vicino che quasi ebbi l'impressione che se mi fossi esposta un po' più in avanti, avrei potuto toccare la palla.
Mi fischiavano le orecchie per la forte ansia e il forte stress a cui mi stavo sottoponendo.
Guardai il suo volto, provando a leggere dalla rughe espressive della sua faccia, il tipo di pensieri che lo stessero attraversando.
C'era una specie di maledizione per Messi e il mondiale ma ancora di più per Messi e i rigori ai mondiali.
Incrociai le dita, stringendole forte tra loro e pregai qualsiasi entità divina affinché quella palla finisse dritta in rete cosi prepotentemente che a momenti avrebbe dovuto lacerarla.
Sentii il fischio e chiusi gli occhi,strizzandoli tra loro fino a provare dolore, poi ci fu un boato ma...ma non provenne dalla parte giusta.
Aprii gli occhi e Maradona era in piedi, Messi al centro del campo aveva un'espressione distrutta e osservai quella maledetta palla, troppo fuori dallo spettro della porta.
Fanculo!
Paulo è in piedi che passeggia nervoso, Sanpaoli gli dice qualcosa, forse di ritonarsene al posto, ma Paulo lo ignora.
Capisco il suo bisogno di scaricare tutto quello che lo sta attraversando.
Immagino come si senta, lui che si è trovato allo stesso modo davanti ad un rigore parato, con un pubblico di tifosi per niente felici.
Paulo è questo, un tratto infinitamente bello di un nastro che si arrichisce di emozioni ma che ogni tanto si avvolge sui ricordi.
Si bagna la testa, spremendo la pancia della sua bottiglia e lascia che questa gli scoli sulla testa tra i capelli.
Non si sente bene.
Mi alzo di istinto e Javier mi guarda preoccupato.
-ti senti male ?- scuoto negativamente la testa non potendogli dire come realmente sto.
Lo continuo a guardare sperando che percepisca il mio sguardo su di se e quando si volta a cercarmi, mi faccio trovare pronta.
Mi importava assolutamente zero del resto, quello lì è l'uomo della mia vita e attualmente la mia fonte di felicità e mi stava letteramente uccidendo questa sensazione di sentirlo e vederlo triste.
Gli sorrisi,chiudendo gli occhi, per fargli capire che sapevo a cosa stesse pensando e lui strinse un lembo della sua maglia e lo imitai.
Gli sarei sempre stata accanto.
I cambi in campo fanno sorridere: prima entra Banega per Biglia, ovviamente senza cambiare alcunché né nel modulo, né in una partita a cui serviva accelerazione e non disposizione del pallone che, già era abbastanza in controllo. Poi sceglie di far entrare Pavon, ottimo giocatore del Boca Juniors, l'unico a rendersi effettivamente pericoloso in campo a pochi minuti dal suo ingresso ,e che guadagnerebbe un rigore, ma questa è un'altra storia.
Infine Higuain, a otto minuti dalla fine, come se finalmente qualche neurone avesse inziato a funzionargli bene e cosi diede un cambiamento finalmente ad un attacco che ha tirato una volta con Aguero e tredici con Messi, tredici volte caspita, senza trovare il secondo gol.
Con giocatori cosi alti come gli islandesi, devi aspettarti che facciano molto gioco in aria e intelligenza avrebbe voluto che Higuain avrebbe in parte controbilanciato la cosa, anche meglio se ad esempio quel deficiente non avesse deciso di lasciare a casa Mauro Icardi.
No, davvero io non capivo se l'attestato per allenatore lo avesse vinto nel pacco delle patatine El Dorado.
Nel corso del secondo tempo, il portiere albiceleste Caballero si fa perdonare l'intervento sbagliato del goal subito con una grande parata su Sigurdsson che si inserisce bene, senza però riuscire a portare in vantaggio la sua squadra.
L'Argentina insiste fino all'ultimo.
L'attaccante numero dieci del Barcellona ci prova fino all'ultimo secondo, l'Islanda però resiste e porta a casa un pareggio che resterà nella storia.
La realtà di questa amarissima partita è che: Sampaoli ha lasciato a casa alcuni giocatori di ottimo livello, come Icardi ma anche Perotti oppure Il Papu o ancora altri come Pastore e Lautaro Matinez , in cambiò ha però scelto altri che non raggiungono un livello accettabile per giocare un mondiale.
Poi, è assurdamente incredibile come ci sia ancora Wilfredo Caballero, a trentasette anni, in porta ma, non è l'età a determinare lo scandalo quando le prestazioni fisiche.
Buffon, ma che ne sanno loro di come si consumano i guantoni fino a graffiare la pelle dei palmi delle mani.
Tra le altre cose se non sbagliavo, Caballero era al suo primo Mondiale, e un motivo ci doveva essere, e in più veniva da un'esperienza come riserva al Chelsea destino futuro di un passato non molto migliroe dato che era stato riserva anche al Manchester City.
Mi alzai dal mio posto, in quella postazione privilegiata, e con l'amarezza che mi scorreva nelle vene , afferrai le mie cose senza lasciare roba mia in giro e aspettai che Javier come me facesse lo stesso.
In parte mi sentivo di dare la colpa all'allenatore perche forse, anzi sicuramente, in questi mesi di allenamento non ha proprio capito un corno dei giocatori che aveva a disposizione.
Non ha capito che una stella come Messi, la devi far brillare come si deve mettendogli accanto altri giocatori in grado di esaltarne le qualità e che non devi pensare che siccome hai Messi in campo allora tutto va liscio e tranquillo.
No, perche Messi non è onnipresente in tutte le altre posizioni su quell'erbetta verde.
Ci vuole una difesa capace di rimanere in piedi dal primo all'ultimo minuto, un centro campo che ti vada a prendere la palla e un attacco forte ed in grado di accellerare, di portare un palla buona in area di rigore.
Non capivo se Sanpaoli che tra i due era quello che ne doveva capire mooolto di piu, si rendesse conto delle decisioni che prendeva.
Maradona mi passò accanto, fermandosi e porgendomi la mano che accettai volentieri.
Le nostre espressione facciali si dissero abbastanza e pensai a Paulo e a Lionel, a Gonzalo e a tante altre cose.
I miei tacchi sbatterono sul pavimento, camminandoci sopra fino alla sala relax.
Bevvi un bicchiere d'acqua, trattenendo una serie di bestemmie che mi sarebbero venute fuori se solo avessi incontrato quel nano da giardino pelato e super tatuato.
Mi sedetti sul divanetto, accavallando una gamba sull'altra e attendendo che Paulo mi mandasse un messaggio.
Capivo che probabilmente sarebbe rimasto più tempo nello spogliatoio per atare insieme a Leo e quasi pregai affinché lo facesse.
Ero una di quelle che credeva fermamente che solo i tuoi compagni possono realmente capire come ti senti quando al posto di collezionare una vittoria, ti porti a casa una sconfitta personale.
Perché è vero: in una squadra di vince in ventiquattro non in singoli ma, quando si perdeva si cercava sempre un capo espiatorio su cui addossare le colpe e purtroppo oggi, prendersela con il capitano era troppo stupidamente scontato.
Zanetti si sedette affianco a me, stando in silenzio i primi cinque minuti poi, sospirò ed io lo guardai.
-che merda- si lasciò scappare.
Ci stava, ci stava tutto perché per quanto assurdo possa essere, il calcio per l'Argentina aveva una sacra importanza.
Non contava niente cosi come il calcio contava per loro e potevi persino criticarli ed odiarli ma, in un certo senso era il calcio che aveva cambiato un po la vita di alcuni di quel popolo e indirettamente in un modo o in un altro anche il popolo ne traeva beneficio.
Tipo Paulo, che aveva investito un parte dei suoi soldi dandoli al comune del suo paese per ristrutturare il campetto sportivo e l'oratiorio della chiesetta dove fa bambino, veramente piccino, andava a giocare con i suoi amichetti.
Era istintivo pensare al calcio quando si parlava dell'Argentina.
-non si può cambiare allenatore, tipo ci vai tu ad allenarli- mi sorrise e mi accarezzò la schiena
-vorrei, ma mi sa che non si può proprio- che noia e soprattutto che ingiustizia.
Pensavo fortemente che l'Argentina si meritasse un leader migliore di Sanpaoli e delle sue stupide convizioni.
Paulo arrivò dentro quella sala, con mezz'ora di ritardo, era nervoso e lo capii immediatamente dal modo in cui le sue labbra stavano piatte sul suo volto.
Lo salutai con un tenero bacio sulla guancia e poi lo segui pronta ad accompagnarlo nella sua camera al Bronnitsy.
Io avevo l'appuntamento con il collegamento per sky stasera alle dieci, e ancora mancavano quattro ore ad allora.
Lo segui, standogli accanto e in silenzio, anche quando salimmo sulla macchina che ci avrebbe condotti il più velocemente possibile al loro resort.
Capivo a pieno il suo malumore e per questo non volli assolutamente provare a calamare qualcosa che onestamente credevo andasse sfogata.
In macchina si avvicinò al mio corpo e poggiò la sua testa sulla mia spalla, dandomi il permesso di poter giocare con le sue dita.
Il silenzio non era imbarazzante o fastidioso, anzi lo trovavo perfettamente adeguato a questo momento.
C'era momentaneamente bisogno di fare silenzio, magari per riordinare le calde idee che chissà cosa avrebbero potuto spiengere a dire o a fare.
Il viaggio continuò cosi gino a quando arrivati non scendemmo per rifugiarci immediatamente nella mia camera d'albergo.
Si lasciò cadere sul letto e lo guardai qualche minuto prima che sentissi i suoi singhiozzi.
Li riconoscevo ed erano quelli tipici dovuti alla rabbia e alla delusione che lo stava attraversando.
Ci andai vicino coricandomi dietro di lui e abbracciandolo come a volerlo proteggere.
Mi rendeva estraneamente nervosa vederlo piangere, sentivo come se qualcosa di forte iniziasse ad agitarsi cosi tanto da rendermi quasi violenta.
Odiavo vederlo cosi.
Baciai la sua spalla, ininterrottamente, aumentando la stretta quando addirittura il suo corpo era scosso dal pianto.
Brutto pezzo di...
Quante pallonate avrei voluto tirargli in faccia.
Si girò tra le mia braccia e posò il suo volto sul mio petto lasciando che gli baciassi la testa e la fronte.
Sapevo quanto difficile fosse per lui, trovarsi cosi ridotto davanti a me, e ne apprezzai molto la fiducia che mi stava dando nel dimostrarsi cosi fragile.
Non era cosi facile credere che Paulo e la vita di Paulo fosse tutto rose e fiori, no, Paulo viveva con le sue fragilità che tendeva a nascondere perché odiava farsi vedere debole.
Non ero brava con le parole, perché facevo fatica a farle uscire dalla mia bocca e quindi preferi il silenzio e gli abbracci in cui speravo percepisse quanto volessi essergli vicina.
Si addormentò stremato dal pianto, qualche minuto dopo ed il mi mossi leggermente solo per spegnere la luce.
Continua ad accarezzarlo anche nel sonno, volendo che si sentisse al sicuro e protetto, certo che avrei fatto di tutto per tenere lontato da lui qualsiasi cosa in grado di fargli del male.
Un'ora più tardi si mosse nel sonno svegliandosi e stroppiacciandosi gli occhi, mi trovò a sorridergli mentre vegliavo sul suo sonno.
-ho dormito tanto?- mi chiese
-solo un'oretta- mi abbassai a baciargli le labbra e ricambiò.
-ti senti un po meglio?- gli chiesi e lui annui.
-vorrei poterti portare in un mondo dove tutto va a modo mio- gli sussurrai e lui mi sorrise accarezzandomi il volto.
-lo so- sospirai.
Mi alzai dal letto, accendendo la luce flebile della abat-jour e presi dalla mia borsa le cuffie e il telefono.
Cercai a canzone che mi era passata per me mente e vi pigiai sopra, dopodiché a piedi scalzi e praticamente con solo la sua maglia addosso, gli chiesi di venire in piedi vicino a me.
Gli passai l'altra cuffietta che indossò e premetti play sulla canzone.
Frank Sinatra inondò le nostre orecchie mentre con le mie braccia circondai il suo corpo e cominciai ad oscillare a quel dolce ritmo.I've loved, I've laughed and cried
I've had my fill my share of losing
And now, as tears subside
I find it all so amusing.Appoggiai la mia testa al suo corpo e lui mi tenne stretta a se.
Insieme nulla ci avrebbe mai realmente sconfitto.***************************************
Eccomi.
Appuntamento rispettato babes.
Premetto che per questo capitolo, ho davvero sofferto perché, come avete capito nei mesi scorsi....si, io tifavo per l'Argentina e tanto avrei voluto non solo che si portassero la coppa del mondo a casa ma, soprattutto avrei voluto vedere Dyabala protagonista insieme ad Higuain e Lionel Messi ma, come ormai la storia è stata fatta, sappiamo tutti come è andata tristemente a finire per gli Albiceleste.
Allora, cosa ne pensate di questo capitolo?
Mi sono accorta che commentate di meno.... 😔😔, non vi stanno piacendo?
Sapete quanto io tenga enormente a voi e adoro infinitamente tanto creare un rapporto tra me e voi, perché per una persona che scrive, avere un feedback è enormemente soddisfacente.
Come sempre, se volete farmi domande di qualsiasi genere, mi trovare su Instagram come: 6comeungirasole
Mentre, se volete imbarcarvi in una nuova avventura, diversa da questa ma spero ugualmente emozionante, potete leggere The Devil in Me, sempre su Paulo ma, stavolta al suo fianco avrà Baya.
Chi è Baya?
Andate li e leggete con i vostri occhi.
Un bacione, alla prossima ♥️
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Fino Alla Fine
FanficLa complicità batte tutto, persino quello che potrebbe sembrare impossibile. Lei è Gwen. Una giovane ragazza torinese la cui prospettiva della vita sembra girare attorno al lavoro ,a Mat il suo inseparabile migliore amico e al calcio che a discapito...