8. Amsterdam

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Eravamo atterrati da qualche ora ad Amsterdam. Dopo l'ora di pranzo i ragazzi andarono subito a fare le prove del concerto. Io decisi di concentrarmi un po' sul posto in cui mi trovavo.
Dopo aver scattato le foto necessarie ai ragazzi, mi andai a fare un giro per la città, non senza essere stata ovviamente accompagnata da Dave dato che Luke aveva insistito tanto. "Non voglio che tu ti perda" fu la sua giustificazione e da una parte gli fui grata. Non ero mai stata nei Paesi Bassi ed Amsterdam non era di certo una piccola città.

Mi portai dietro la mia Polaroid. Volevo scattare qualche foto da mettere nell'album che mi ero portata dietro. Poteva sembrare una cosa un po' stupida ma in quell'album ci saranno state più di 500 foto, tutte scattate tra gli Stati Uniti e l'Inghilterra. Significava molto per me. Era una sorta di bagaglio che mi portavo dietro ogni volta che andavo da qualche parte, anche solo quando mi spostavo a casa di Jo o di Andrew.
Scattavo foto per ricordare momenti felici della mia vita, per non lasciarli nel dimenticatoio. Non dovevano essere necessariamente situazioni particolari. Infatti almeno i tre quarti dell'album saranno state foto scattate in momenti di vita quotidiana.
Mi ricordavo di una foto che avevo scattato a Jo quando eravamo a casa sua e le si era rovesciato il caffè sulla camicia di prima mattina. Era stato esilarante e se per gli altri non significava nulla, per me significava tutto.

Prima di tutto andai a visitare la casa di Anna Frank. Era vero che non conoscevo praticamente nulla di Amsterdam però il diario di Anna lo avevo letto e mi aveva talmente tanto emozionato che appena seppi che sarei andata ad Amsterdam mi preoccupai di comprarmi un biglietto.
Dopo una buona ora andai a visitare il museo di Van Gogh. Non ero esperta di arte ma Van Gogh comunque lo conoscevo e sempre mi aveva colpito.
Dopo aver passato in giro altre due ore mi feci accompagnare al locale dove i ragazzi si sarebbero esibiti quella sera.
Ringraziai mentalmente di nuovo Luke per avermi fatta accompagnare da Dave. Senza di lui, oltre al fatto che mi sarei persa di sicuro, avrei dovuto anche spendere un sacco di soldi in taxi.

Appena tornai, sentii delle urla provenire dai camerini. Subito pensai che la voce fosse quella del manager e in effetti quando entrai e lo vidi urlare esasperato supposi di aver indovinato per una volta nella mia vita.

Mi avvicinai a Calum che era intento a guardare il suo cellulare seduto sul divanetto di pelle. Mi domandai come faceva ad ignorare tranquillamente quelle urla pur essendo nella stessa stanza.
Appena si accorse di me alzò lo sguardo salutandomi con un sorriso.
"Che succede?" gli domandai curiosa sedendomi accanto a lui.
"Oh beh, vedi, Ashton ne ha combinata un'altra delle sue" mi rispose tranquillamente. Quello mi fece pensare che ci fosse abituato.
"Cos'ha fatto stavolta?"
"Ha discusso con Michael" mi rispose sempre con quel tono tranquillo e pacato.
"E per quale motivo quei due avrebbero discusso?" chiesi scoppiando a ridere. Mi sarebbero sembrati buffi se li avessi visti, pensai.
"Ash non trovava più il suo telefono e ha cominciato a gridare addosso a Mike perché credeva che glielo avesse preso lui dato che era l'unico presente nella stanza in quel momento" mi spiegò il moro ridendo anche lui.
"Alla fine lo ha trovato?" domandai ormai interessata alla storia.
"Oh sì. Era dietro al cuscino sopra al divano, quindi Ashton si è incazzato per nulla" lo derise Calum. Io mi aggregai lui.

Vidimo il manager uscire dai camerini e Ashton avvicinarsi a noi.
"Che avete da ridere?" ci domandò lui.
Subito io e il moro ci irrigidimmo. Ci eravamo messi a prenderlo in giro proprio mentre lui si trovava nella stessa stanza. Che mossa intelligente.
"Nulla" si affrettò a dire Cal.
Oh no, io non avrei chiuso il discorso così in fretta. Volevo dare una lezione ad Ashton rompipalle Irwin e lo avrei fatto. Così proprio quando lui si distrasse per andare a recuperare il suo telefono, io cominciai a parlare.

"Stavamo solo ridendo di quanto fossi stato stupido ad incazzarti con Michael per una cavolata" dissi innocentemente.
Subito Calum mi rivolse un'occhiata di rimprovero e preoccupazione. Io lo guardai invece orgogliosa. Ero stanca di Irwin e glielo avrei fatto capire chiaramente.
"Cosa?" chiese solo il biondo guardandomi dritta negli occhi. Dio il suo sguardo. Era indecifrabile in quel momento.
Perché cazzo lo hai provocato? Ora il manager ti licenzierà di sicuro! La mia coscienza non aveva tutti i torti ma ormai ero andata troppo lontano per fermarmi proprio in quel momento.
"Hai sentito quello che ho detto Ashton" lo rimbeccai io rivolgendogli uno dei miei migliori ghigni.
"Ah così mi stavate prendendo in giro eh? Rimangiati tutto quello che hai detto Leslie Clarke se non vuoi che finisca male qui e credimi che non scherzo" avanzò di qualche passo e per poco pensai di scappare a gambe levate da lui e da quella assurda situazione ma il mio orgoglio fu più forte perché rimasi incollata sul divano dov'ero seduta quando ero entrata e stavo guardando Ashton dritto negli occhi, proprio come lui stava facendo con la sottoscritta.

Photograph • Ashton IrwinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora