Amami e trasformami in rosa senza spine

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Capitolo nove

Amami e trasformami in rosa senza spine


Urlo

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Urlo.

Un solo, semplice urlo.

La sua bocca lo vomitò dallo squarcio aperto delle labbra e questo cadde, scrosciò a terra in un conato. Le parole lacerate piombarono sul pavimento e s'infransero contro il parquet, il tuono dell'impatto rimbombò e creò tremiti fra le pareti sporche di colori.

Edith si piantò le mani sulla testa, utilizzò la pressa diabolica dei palmi per soffocare i pensieri che erompevano con la furia di esser stati ignorati troppo a lungo, soffocati dall'apatia e dalla rabbia dietro cui lei li aveva nascosti.

Le sue gambe si sfaldarono, le ossa che le reggevano diventarono cenere e il corpo crollò a terra, in ginocchio; si ferì sulle rotule per colpa dell'impatto e ne sentì il riverbero attraverso il pizzicore della pelle che le ricopriva.

Ti amo.

Avrebbe voluto sussurrare quelle uniche parole, solo quelle.

Ti amo.

Le avrebbe gridate e cantate, portandosi dietro gli strascichi della sua vita.

Ti amo.

Gliele aveva sussurrate all'orecchio il giorno in cui si erano finalmente incontrati, mentre lo stringeva a sé per quella che sarebbe stata la prima e ultima volta. Aveva tentato di svegliarlo, perché desiderava sentirlo cantare, piangere o urlare, avrebbe venduto la sua anima, dato fuoco a tutto il mondo, pur di ascoltare la sua voce.

Ti amo, perciò ti scongiuro, svegliati.

Quegli occhi, però, non si erano aperti e quelle labbra - petali di fiori sgualciti - non si erano mosse. Non erano usciti rumori da quel corpo che era stella spenta, morta prima ancora di poter splendere. Non c'erano state vibrazioni in quella pelle che ancora doveva maturare e conoscere il calore del primo raggio di sole; c'era stata solo la pioggia della notte che aveva occultato il suo silenzio, trasformando quello che avrebbe dovuto essere il pianto di lui in una risata del cielo.

Ti amo, perciò ti prego, non mi lasciare.

Urlò.

Quel grido animalesco le sbranò le carni interne e esplose dalla sua bocca lacerata; i pensieri annodati si strinsero fra di loro con più forza, unendo le immagini di quella notte di incubi e di dolori; lo stomaco si accartocciò e quella contrazione pompò il conato di odio che l'organo aveva conservato dentro di sé per tanto, troppo tempo.

Edith esplose, lo fece con la rabbia di migliaia di giorni consumati a trascinarsi e a trattenere ogni insulto rivolto a se stessa. Le parole schizzarono dalle labbra e le consumarono la carne come acido, lei si sentì sciogliere e bruciare di fronte alla loro violenza e di ciò ne fu eternamente grata.

La pioggia prega in autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora