La guardò soltanto.
Non perse un solo secondo di quello che le rimaneva di lei.
Li impilò tutti nella sua testa, ogni fruscio, ogni movimento delle dita, ogni sibilo delle labbra.
Lei lo ritrasse sulla carta e lui la disegnò nei propri occhi.
Se la scolpì nell'anima, tratteggio dopo tratteggio, punteggiò le lentiggini che le titillavano il viso. Trentadue, ne aveva trentadue. Trentadue piccoli soli su un cielo di pelle pallida. E le mani, affusolate, pregne di calli sulle dita con cui lo effigiava, la morbida sfumatura delle ciglia arrossate che disegnavano squame d'ombre sugli zigomi, la turgidità blanda delle labbra, le croste che ne mangiavano la morbida carne.
La dipinse, Timmy, così a fondo che il quadro di lei gli rimpiazzò il cuore: pulsavano tempere, le vene, e contorni duri si districavano al posto dei ventricoli, i capillari le sue ciocche scarlatte, i polmoni gli anelli d'argento degli occhi.
Si tatuò di lei, come un marinaio si impregnava così a fondo del mare da poterne sentire il rumore anche in terraferma e il profumo del sale quando chiudeva gli occhi e ricercava il sapore dell'aria.
Lei che sedeva davanti a lui, sul letto, con le dita che scavavano nella carne grazie all'unghia nera della matita, divenne la sfumatura di tutta la sua vita. E quando in futuro gli avrebbero chiesto quale fosse il suo colore preferito, lui avrebbe risposto senz'altro lei, lei, la donna di rovi e di spine, la ragazza della pioggia, la madre orfana del figlio, la messaggera di sbagli, l'impersonificazione dei difetti, lei, lei che è la mia memoria, che mi tempra nell'anima, che mi scalfisce il cuore, che mi diventa tutto, che mi ama tutto.
Lei che è il mio difetto più grande, il mio vizio più folle.
Era così bella che lo faceva impazzire.
In tutte le sue tonalità splendeva ai suoi occhi, e che fosse sbagliata già lo sapeva, ma in quel momento la considerò più sbagliata che mai, per il modo in cui lo uccideva amandolo anche così, in quell'ultimo addio che non gli si sarebbe più scucito dal cuore.
Era così bella.
Bruciava di un fuoco tutto suo, anche mentre svolgeva un'attività così semplice e pacata come lasciare abbronzature di matite sulla carne di un foglio; le mani si muovevano a ritmo di disegno e gli occhi, impazziti, sbattevano da lui al suo quaderno, e dal quaderno a lui.
Quando Edith diventava artista, diventava anche angelo. Ma oh, gli angeli non erano come quelli che si vedevano sempre nelle illustrazioni, non avevano un piumaggio di ali bianche e un sorriso mistico e sacro in bocca; gli angeli languidamente spalancavano le loro fauci rosse come dolci portatori di sogni, avevano metallo fuso negli occhi e brandivano lo scettro dei sentimenti più umani e vigliacchi. Gli angeli erano lei: cometa che gli cadeva dentro, nell'atmosfera delle sue paure, e più non se ne andava, sbriciolandosi in molliche che Timothy non avrebbe mai potuto ritrovare, ma che avrebbe per sempre percepito ovunque andasse, con chiunque fosse.
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La pioggia prega in autunno
ChickLitQuando piove il mondo si spegne, i colori si sfaldano, i contorni scompaiono. Quando piove c'è solo dolore, morte, rancore, ed Edith lo sa bene. Quel pianto del cielo le ha portato via tutto, ogni cosa: amori, amicizie, speranze e lui, colui che non...