Macchia (1/2)

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Lei è stata un evento
che mi ha travolto fortemente,
troppo fortemente.
Ed io, forse, ero troppo distratto
o troppo disattento per non innamorarmi.

Charles Bukowski

Lei era così bella.

Continuava a dirselo, continuava a pensarlo, da così tanto tempo che neppure ricordava quando aveva iniziato; era un genere di meraviglia, la sua, che entrava dentro e divorava persino il tempo, non aveva minuti e secondi, s'imprimeva in fondo, nell'abisso di ciò che era sempre esistito per lui, di ciò che non sarebbe mai perito.

Lei era così bella.

Una bellezza nitida e palpabile, incartata dentro un corpo tremulo, costellazioni di lentiggini e capelli scarlatti. Viveva floscia sulla pelle bianca, indossata inconsciamente da due occhi rotti da troppi anni e troppi rimpianti, ed era proprio in quelle incrinature che brillava di più, sedimentata all'angolo delle ciglia arrossate.

Seduta sul letto, fragile e contorta al tempo stesso, dipinta di rosso, dipinta di tutto, un'eternità che finiva divorata da due labbra imbrattate di croste.

«Cosa c'è?» la sentì chiedergli, e Timothy non poté rispondere subito, preso com'era a venerare una simile bellezza. Perché non ci credeva, lui, non ci credeva che era proprio davanti ai suoi occhi, nuda nella carne e nei sentimenti, a un respiro da lui, a un abbraccio di distanza. Non ci credeva che l'aveva con sé, quella bellezza, che aveva ricevuto l'onore di poterla amare, così, semplicemente lui, semplicemente lei, semplicemente loro.

Edith lo guardava a gambe incrociate, le lenzuola spumeggiavano sulla sua pelle, nascondendo curve e tentazioni sotto creste di seta, come onde che celano i coralli più preziosi sotto le loro intemperie. Occhi aperti, lei, palpebre rigide, cuore spaventato. Gli sembrava strano, ma per qualche motivo, da quando aveva potuto conoscerla anche sotto la pelle, a Timothy sembrava di poterla sentire in modo diverso.

Come se la sua pelle fosse anche la propria, e i loro cuori un unico nucleo, come se avessero cucito i loro capillari e sogni in unico tessuto, fatto di loro, fatto di sensazioni che vivevano insieme, nello stesso momento.

E forse era per questo se ora la guardava e sentiva anche la paura di lei, quel timore che non era mai scomparso, nemmeno ora che erano entrambi nudi sul letto. Un tremulo dissapore ancora gorgogliava nelle pupille, ed Edith non sapeva nasconderlo, non poteva celarlo, non a lui che poteva sentirlo tanto quanto lei.

«Mi inquieti» aggiunse poi, «più mi fissi, più mi inquieti.»

«Non posso guardarti?»

Lei aggrottò la fronte, prima di rispondere, e lo guardò a proprio modo, come sempre faceva, con gli occhi che grattavano su di lui, sul suo corpo sdraiato, scorticandolo anche del più piccolo grammo di esitazione. «Fai come vuoi» gli rispose soltanto, prima di allungarsi verso il comodino al suo fianco ed afferrare il pacchetto di sigarette.

«Anche da ragazza fumavi?»

Lei si bloccò, con la sigaretta appena accesa sulla punta delle labbra. «Da dove sbuca fuori questa domanda?»

Timothy scrollò le spalle, non aveva il coraggio di rivelarle la verità.

Il sentimento che lo aveva travolto, quando lei gli aveva confessato com'era avvenuto il parto del bambino.

Il rancore per non aver potuto esser presente in quegli anni della sua vita, anni in cui non era mai nemmeno esistito, né per lei né per il mondo. E di quegli anni, ora, desiderava farne parte, se non della memoria, almeno della loro conoscenza.

La pioggia prega in autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora