Divorarti (parte uno)

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Edith era nata col fuoco

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Edith era nata col fuoco.

Sin da bambina lo aveva sentito scoppiargli nel petto, tramutarle la pelle in cera infiammata e i pensieri in correnti di fumo.

Lo si poteva capire da subito, da una semplice occhiata, che lei era fatta di fiamme, si poteva addirittura arrivare a credere che fossero state quelle a incendiarle i capelli che la gente amava tanto fissare.

Lei aveva il fuoco dentro e non aveva mai capito come domarlo.

Se l'era portato addosso con lo scorrere degli anni, come un peso che la incatenava al terreno. Più Edith tirava in avanti, più lui la riportava al punto di partenza, per ricordarle di essere imprigionata nella sua gabbia di insoddisfazione.

Sì, era vero, Edith non era mai stata sazia.

Il fuoco la rendeva vorace, famelica; era viziato, egoista, e le impediva di godere di ciò che il mondo aveva da offrirle. Le sbranava il petto, lasciandole come regalo un buco da riempire, e quando la ragazza provava ad otturarlo con ciò che la circondava, il fuoco tornava e lo bruciava di nuovo.

Era insaziabile, inarrestabile e inconsolabile.

Non aveva mai trovato alcuna soddisfazione nelle attività quotidiane con cui, normalmente, gli altri riuscivano a rilassarsi. Mangiare le sembrava una costrizione, studiare un obbligo, sforzarsi di fare amicizie un impegno che non aveva deciso di prendere.

Edith aveva fame di vita, di respiri e di sensazioni, ma niente di quello che conquistava le sembrava mai abbastanza. Nulla era in grado di spegnere l'incendio, di raffreddare la sua pelle di cera sciolta.

Aveva il fuoco dentro, Edith.

Che le bruciava la gola.

Le lacrime.

I rimpianti.

I dolori.

Aveva il fuoco dentro.

E nulla fuori.

Ciò che le rimaneva sempre, ogni volta, era la sofferenza di quel vuoto, l'agonia di non esser completa e l'umiliazione della pioggia che rideva al posto suo, piangeva al posto suo, provava al posto suo.

Edith non aveva mai confessato a nessuno quel tormento, non per vergogna e nemmeno per paura; non lo aveva fatto perché, semplicemente, non aveva mai capito come poterlo spiegare agli altri. Lei non era brava con le parole e con le persone, non era brava a farsi comprendere, non sapeva comunicare perché non sapeva neanche provare, perciò in che modo esplicare quel tormento?

Eppure Timothy c'era riuscito.

Senza che lei glielo chiedesse, senza che se ne rendesse conto. Lui, probabilmente, non sapeva. Lui non aveva la minima idea di cosa aveva appena fatto pochi istanti prima, protendendole le sue mani e nascondendola dalla pioggia che la stava divorando.

La pioggia prega in autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora