Era piuttosto certo di non aver mai visto Edith così irritata.
Mai.
Se la trovò di fronte alla porta d'ingresso alle sette e quarantacinque della sera. Lei era lì, rigida e immobile davanti a lui, col corpo infreddolito, infagottato in una tuta nera che le cadeva addosso lasciando bitorzuli d'aria che gonfiavano il tessuto, e una corona di neve a scioglierle il rosso dei capelli, le mani strette sul manubrio che reggeva il trasportino di Michelangelo.
«Non riesco a capire» gli sibilò contro alla fine, «se tu sei davvero un immenso stupido o se hai deciso di mettere alla prova la mia pazienza con la tua innata capacità di perdere pure la testa che hai attaccata al collo.»
Timmy avrebbe tanto voluto poterle rispondere, ma non ne fu in grado, non quando nel suo petto esplodevano fuochi d'artificio e nei suoi occhi si incendiava il furore di averla lì davanti.
«Smettila di fare quella faccia da pesce arrostito, si crepa di freddo qua dentro, vuoi farmi entrare oppure speri davvero di uccidermi lasciando che mi si congeli pure lo sfintere?»
Non si mosse ancora, il miasma del respiro arroventava la sua gola, e la sua mano fremette allacciata alla maniglia della porta.
«Co... Perché sei qui, Edith?»
Lei sollevò un sopracciglio, le labbra screpolate a causa della tormenta invernale che stava spazzando via le strade, e con una smorfia degna di una bambina sfilò fuori dalla tasca il cellulare di Timmy. «Lo hai dimenticato a casa tua, genio» gli disse con voce arrochita. «Si può sapere dove diavolo hai la testa? Hai idea di quanto faccia freddo qua fuori? Era a un passo così dall'ibernazione nel taxi. Cristo santo.»
Timmy strinse con timore il telefono fra le dita, gli occhi ancora incollati a lei, alla sua pelle ancor più bianca per via di tutta la neve che si era portata addosso: una bambola, si ritrovò a pensare, non appena realizzò quanto liquida apparisse la sua carne, ora che era stata plasmata dal tocco dell'inverno.
Si fece in disparte pian piano, ancora confuso e incerto, ma Edith, come sempre, non ebbe il suo stesso timore. Entrò nell'appartamento senza farsi troppi problemi, un lenzuolo di capelli rossi a seguirla e la scia che i miagolii di Michelangelo aveva lasciato con sé al suo cammino.
Non era la prima volta che lei si ritrovava nel suo appartamento, ma per qualche motivo vederla lì, in mezzo al salone, circondata dai formicai delle luce natalizie che illuminavano i contorni dei muri e del soffitto, indusse una bisboccia fra le emozioni di Timmy, il gracchiare corpulento della parte di lui che avrebbe voluto soltanto fermare il mondo per poter ritrarre nei suoi occhi quell'immagine, e il silenzioso e tacito tumulto dell'altra parte, che non mancava di ricordargli quanto ancora fossero lontani loro due.
Eppure, nella delicatezza con cui i fiocchi di neve le inghirlandavano i fuscelli arrossati dei capelli, Timmy non poté che avvertire il brusco risveglio di un desiderio che aveva rinchiuso nel carcere del contenimento, un ruggito che affossò ancor più a fondo fra le braci dell'incertezza, per soffrire un po' meno.
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La pioggia prega in autunno
ChickLitQuando piove il mondo si spegne, i colori si sfaldano, i contorni scompaiono. Quando piove c'è solo dolore, morte, rancore, ed Edith lo sa bene. Quel pianto del cielo le ha portato via tutto, ogni cosa: amori, amicizie, speranze e lui, colui che non...