Icaro e il sole (parte uno)

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Capitolo quattordici 

Icaro e il sole (parte uno)

Era ormai diventata un'abitudine per Timmy, Killian e i loro amici, radunarsi insieme dopo le lezioni mattutine nella sala ristoro della facoltà, il luogo preferito dagli studenti per potersi riposare dopo aver ascoltato i monologhi infiniti dei p...

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Era ormai diventata un'abitudine per Timmy, Killian e i loro amici, radunarsi insieme dopo le lezioni mattutine nella sala ristoro della facoltà, il luogo preferito dagli studenti per potersi riposare dopo aver ascoltato i monologhi infiniti dei professori. Quell'ampia stanza era calda, accogliente ed era ben presto diventata il punto d'incontro perfetto per i ragazzi che si erano persi di vista durante le varie attività scolastiche. L'alto soffitto, le pareti addobbate con quadri intraducibili e teche di vetro ricolme di medaglie e trofei vinti da ex alunni della Nicewood University, accoglievano il vociare fragoroso dei giovani, lasciando che rimbalzasse nell'aria insieme al tintinnio delle posate e lo strusciare dei piedi sul pavimento in mattonelle grigie. 

Per Timothy, il semplice fatto di poter condividere quella piccola ora di libertà insieme a qualcun altro era, già di per sé, una specie di miracolo. 

Da quando ne aveva memoria, aveva sempre condotto una vita piuttosto solitaria e silenziosa; i suoi ricordi sul liceo erano pochi, sfasati e molto simili fra di loro, accomunati dal tremendo peso di non aver nessuno al proprio fianco con cui condividere i pasti o le lezioni più noiose. Di quei giorni Timmy ricordava il silenzio della propria coscienza, mentre navigava fra gli stretti corridoi della scuola, ascoltando i battibecchi che lo circondavano e a cui mai avrebbe potuto partecipare; ricordava l'incubo dell'ora di pranzo, quando scorgeva gli altri ragazzi ricercarsi e ritrovarsi a vicenda, saldando amicizie o creandone nuove, mentre lui rimaneva l'unico punto fisso, fermo, privo di qualsiasi aggancio con cui potersi ritrovare nella voce di qualcun altro. 

L'unico vero legame saldo che mai si era spezzato, nonostante il corso intramontabile degli ostacoli della vita, era quello con Killian; tutto si poteva dire su quel ragazzo, tranne che non fosse un amico formidabile. Era solo merito suo se ora, all'università, Timothy era riuscito a trovare il coraggio di parlare con qualcun altro, di mostrarsi così com'era, affrontando la sua tremenda paura di esser giudicato,  di sentirsi ancora una volta un pezzo di troppo in un quadro già completo, di rivedere gli occhi di Audrey riflessi nello sguardo degli sconosciuti.

Il suo amico gli aveva impedito di rifugiarsi ancora una volta nel suo guscio di solitudine, aveva distrutto l'ampolla di incertezze dentro cui Timmy si era nascosto e gli aveva dato l'opportunità di vivere per se stesso, di sentire il proprio sangue fluire nel corpo non solo per un'attività fisiologica, quanto per un bisogno primario di potersi dire sinceramente, veramente umano.

Così, prima ancora che potesse accorgersene, una volta aver iniziato il percorso di studi universitario,  Timothy si era ritrovato a venir circondato da suoi coetanei che, abitualmente, venivano a sedersi accanto a lui durante le lezioni o lo invitavano a pranzare insieme. Loro, ovviamente, non potevano sapere quanto quei semplici gesti contassero per Timmy, quanto straordinario fosse per lui poter dire a se stesso di esser impegnato con qualcuno, di poter studiare al fianco di un'altra persona, sentirsi accolto in un gruppo che lo approvava e accettava per quel che era.

La pioggia prega in autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora