Ricordati di amare (parte uno)

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Capitolo dodici

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Capitolo dodici

Ricordati di amare (parte uno)

Nella vita aveva commesso tanti errori, troppi da contare.

Aveva odiato il mondo intero sin da quando era bambina, grazie al suo carattere meschino e volgare che le aveva sempre concesso il lusso di celare il dolore dietro lo scudo dell'ira.

Perché Edith era sempre stata così, sempre, e a differenza di quello a cui credevano in molti, le tragedie che si erano scaraventate nella sua vita non l'avevano trasformata in ciò che era ora, semplicemente l'avevano indotta a mostrare ancor di più i lati peggiori di se stessa.

Durante il periodo dell'adolescenza, era finita nello studio del preside tantissime volte, a causa del suo atteggiamento aggressivo. Si era fatta molti nemici e nel corso della sua deplorevole vita era riuscita a guadagnarsi un solo, semplice amico. Una figura che l'aveva aiutata e amata, anche quando lei credeva di aver perso tutto, e che Edith aveva buttato fuori dalla propria vita nel tentativo disperato di non uccidere di nuovo coloro che più voleva al proprio fianco.

Si era ubriacata, aveva fatto sesso con sconosciuti, aveva rischiato la vita un paio di volte, era stata rimproverata da Henry e Amelia quotidianamente, aveva volutamente tamponato la macchina di uno stronzo che aveva parcheggiato dietro di lei, bloccandole qualsiasi via d'uscita, e aveva intrapreso la peggior relazione sentimentale che una donna come lei poteva permettersi.

Ma mai, mai prima d'ora, si era permessa di toccare il fondo in quel modo.

Avrebbe voluto prendersi a schiaffi, scavare ai suoi piedi una fossa dentro cui sprofondare o sbattere ripetutamente la testa contro la parete bianca del soggiorno, nella speranza che il cervello le esplodesse nel cranio proprio come, in quel momento, stavano facendo i suoi pensieri.

«Miss Morrison, la prego, prenda quest'aspirina.»

Un bicchiere di vetro si materializzò davanti ai suoi occhi, su quel tavolino in mogano che stava fissando da ore con sguardo vuoto. Edith tremò, nel sentire quella voce, con le tempie pulsanti a causa del tremendo mal di testa che aveva iniziato a flagellarla da quando si era risvegliata, pochi minuti prima.

Le sue ossa erano stanche, scricchiolavano a ogni movimento, e nel palato della gola erano rimasti incollati i rimasugli del vomito con cui, durante la notte, aveva sporcato la tazza del water di Timothy Barlow.

Avrebbe pagato per poter dire di non ricordare nulla della serata appena trascorsa, si sarebbe volentieri estirpata il cuore a mani nude pur di poter affermare una simile realtà dei fatti, ma lei odiava mentire, con tutta se stessa, ed era proprio a causa di una bugia se ora si ritrovava lì.

Nascose il volto dietro le mani, intrappolando la maschera di vergogna che si era dipinta sul viso, e fra le dita socchiuse sgusciarono le sue imprecazioni soffocate. «Cazzo, cazzo, cazzo.»

La pioggia prega in autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora