Icaro e il sole (parte due)

690 78 87
                                    

Capitolo quindici

Icaro e il sole (parte due)


C'era una sconosciuta in casa di Edith Morrison.

Timothy l'aveva trovata di fronte a sé non appena aveva aperto la porta d'ingresso, pericolosamente socchiusa già al momento del suo arrivo. Lei si era mostrata a lui all'improvviso, sbucando dalla sabbia d'immondizia che immergeva il pavimento del soggiorno, e si era fermata nello stesso momento in cui i suoi occhi avevano incrociato quelli del ragazzo.

Non ci fu bisogno di parole e men che meno di dichiarazioni, perché Timmy capisse che l'anziana che aveva di fronte a sé era stata forgiata dalla nascita da quella signorilità ed eleganza che la caratterizzavano. L'orgoglio e la finezza che solcavano il labirinto di rughe sul suo volto non avrebbero mai potuto essere un trucco aggiuntivo guadagnato con lo scorrere del tempo; era invece un vestito che l'aveva avvolta dal momento in cui era venuta al mondo e che lei portava dignitosamente addosso insieme al suo abito in velluto nero e lo scialle di pizzo che le avvolgeva le magre spalle, ricadendo sulle braccia insieme ai suoi ghirigori argentati.

Chiunque avrebbe potuto comprendere con un solo sguardo di avere a che fare con una donna che di vita ne aveva vissuta anche troppa, che aveva consumato tante esperienze quanti giorni tramontati di fronte ai suoi occhi color foresta. Era l'orgoglio a reggere in piedi il suo corpo stanco e trafelato dagli anni, a sostenerla insieme a quel bastone in legno che accompagnava il suo zoppicante cammino e a cui lei si aggrappava, con i guanti scamosciati che strofinavano sulla superficie splendente del pomello dorato.

«E tu chi diavolo sei?»

La voce era affilata, sottile come uno spago, strisciava fra le lenzuola di ragnatele che coprivano il soffitto e si incastrava nelle crepe dei muri. Aveva un accento... particolare, straniero, sotto molti aspetti. 

Lei si mosse lentamente, faticando, e il rumore dei suoi passi venne accompagnato dallo schioppo del bastone contro il pavimento. Un ticchettio che sarebbe bastato per irrigidire anche la persona più rilassata del mondo.

La sconosciuta non disse altro, lo guardò e basta, gli occhi felini che lo scrutavano da sotto le ciglia argentate; si sporse col busto, camminando a tre gambe, e lo raggiunse. Lo strascico del suo elegante vestito l'avvolse mostrando la fierezza di una donna che nella vita non si era mai vergognata di se stessa. Il pomello del bastone strusciò sui guanti di lei, Timothy riuscì a percepire lo squittio della stoffa contro la superficie arrotondata e levigata di quella sporgenza dorata, e quando rialzò lo sguardo si ritrovò davanti una statua d'orgoglio impettita, col naso all'insù che sporgeva nell'aria e una coltre di stelle invecchiate sugli zigomi cadenti. I capelli ingrigiti le avvolgevano e fasciavano il capo in uno chignon elegante che lei indossava con la stessa fierezza di una corona, e per qualche secondo, nell'averla così vicina di fronte a sé, Timmy ebbe l'impulso di indietreggiare e inchinarsi di fronte a lei.

«Sei un ladro? Sei venuto qui per rubare? Be', mi spiace, ragazzo mio, ma mia nipote non ha niente da offrire se non la dignità che ha deciso di buttare insieme a tutta questa spazzatura.»

Certo non si poteva dire che quella donna non fosse coraggiosa o comunque avventata, per possedere almeno più di settant'anni. La sicurezza con cui si fermò di fronte a lui rasentava la normalità, ma, nonostante ciò, il ragazzo non poté che provare un profondo e riverenziale rispetto nei confronti di quell'anziana signora che, decisa, non aveva avuto problema a mostrarsi apertamente per fronteggiarlo.

Trovò il coraggio di parlare solo dopo qualche secondo di silenzio, quando ormai i suoi occhi erano riusciti a ritrovare sul viso della donna quei punti essenziali che facevano da denominatore comune alla ragazza che lo aveva ingaggiato come domestico: le lentiggini sparse sul viso, gli spigoli pronunciati della mascella, l'arco rigido delle sopracciglia e la boria che le investiva lo sguardo, rendendolo quasi liquido e traslucido.

La pioggia prega in autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora