Addio di due lacrime amanti (1/2)

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Il giorno prima della partenza arrivò troppo presto.

Le si buttò addosso davanti ai suoi occhi, tramortendola prima ancora che lei potesse spalancare le palpebre e vederlo piegarsi al suo cospetto. Come un treno in anticipo la investì di tutti i suoi addii ancora non detti, di tutte le parole ancora rimaste inespresse, a calpestarle le labbra chiuse.

Edith si era sentita trascinare in una voragine infinita, scandita dai secondi che pesavano sulle sue dita rotte, tremanti, mentre iniziava a preparare le valigie, ad avvertire le poche persone che erano rimaste nella sua vita in merito alla sua decisione.

Aveva preso i pezzi più importanti che erano rimasti della sua casa e li aveva attentamente ripiegati dentro i bagagli, e ad ogni cosa infilata in valigia aveva pensato di star raccogliendo anche gli scarti di sé stessa, pezzo dopo pezzo, sentimento dopo sentimento. Come una vagabonda senza più casa aveva scoperto i rimasugli della sua esistenza negli angoli sporchi del proprio cuore. Smarrita tra le macerie, si era guardata attorno e aveva provato a ritrovar l'ordine nei suoi pensieri, depositandoli prima sui suoi palmi pallidi, e poi nella tasca del cuore, da dove non sarebbero mai caduti.

Si era ricercata da sola, costringendosi a non perdersi.

E solo allora aveva visto per la prima volta ad occhi umani la devastazione che aveva dentro, finora sentita ma mai concretamente realizzata in testa; si era vista in tutti i suoi cocci infranti, sparpagliati nel vuoto della malattia, e con speranze moribonde aveva provato a non farsi ingoiare dalle trappole della sua infezione, ad aver coraggio quel tanto che bastava per non rinunciare a tutto, proprio ora che era così vicina a fare la cosa più giusta.

La cosa più giusta, l'addio più doloroso.

A passi di danza, come una ballerina, Edith aveva cercato di immagazzinare ogni suo frammento, perché potesse mostrarlo, più tardi, alle persone che l'avrebbero aiutata a incollarlo di nuovo ai suoi fratelli. Ed era stato tremendo, un pellegrinaggio in cui si era riflessa e aveva dovuto attribuire un nome e un cognome a tutti i suoi rottami abbandonati.

Aveva così compreso, in quel modo, che al mondo non esisteva nulla di più agonizzante del guardare dentro sé stessi e riscoprire un abisso.

Aveva informato quasi con paura Amelia e Lily della sua decisione; per attimi febbricitanti la sua voce aveva divampato in gola pur di impedirle di ammettere quella scelta, perché mormorarla l'avrebbe resa irrevocabile, irrimediabile.

Entrambe avevano accolto quella notizia con una sinfonia di entusiasmo e lacrime dentro cui Edith non aveva trovato accordi.

«Sono così fiera di te, bambina» le aveva detto Amelia al telefono. «Così... oh... così fiera, non puoi neanche immaginare quanto, tesoro. Aspettavo questo momento da tempo, amore mio» aveva poi aggiunto in italiano, e aveva pianto, con lacrime che erano arrivate persino attraverso la cornetta, perché Edith le aveva sentite chiaramente scivolarle sulle guance e gocciolarle dentro la gola. «Torno subito lì, ti darò una mano a fare le valigie. E ad aiutarti. E ad abbracciarti.»

La pioggia prega in autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora