L'umanità del mostro (parte uno)

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Da quando aveva conosciuto Edith, si era scoperto molte volte a pensare a lei nei momenti più inaspettati: mentre puliva con diligenza le stoviglie, ad esempio, o quando ritirava i capi dalla lavatrice, persino durante i brividi della notte, quand...

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Da quando aveva conosciuto Edith, si era scoperto molte volte a pensare a lei nei momenti più inaspettati: mentre puliva con diligenza le stoviglie, ad esempio, o quando ritirava i capi dalla lavatrice, persino durante i brividi della notte, quando permetteva al cuscino di sottrargli il battiti del cuore echeggianti nelle orecchie, sbatteva le palpebre, ed ecco che lei fioriva sull'orlo delle sue ciglia.

L'immagine di Edith gli era stata incisa nel rovescio delle palpebre, e ogni qual volta chiudeva gli occhi, questi tornavano a riempirsi di capelli di fuoco e di sguardi rammaricati, offuscati dalla cenere. 

L'effige di quel volto non era mai delineata, i bordi apparivano sempre sfocati, sfasati lungo i margini dei contorni; allora il sorriso di lei scompariva, l'argentite dello sguardo tramutava nello sfregio di un graffio di metallo, e al posto di quel capo avvolto da ciocche di papavero si addensava una nuvola pregna di pensieri, dubbi e quesiti a cui mai aveva saputo dare risposta.

Perché non importava quanto si stesse avvicinando a lei, zampettando nella sua direzione come un cucciolo di merlo, Edith continuava a sfuggirgli; la gentilezza che cercava di donarle non era sufficiente per convincerla a mostrargli i suoi peccati, persino quelli più corrotti, i più orrendi e immondi, perché lui non li avrebbe mai graffiati né biasimati, lui li avrebbe comunque accolti a sé - là, nel suo cuore, c'era spazio anche per loro, per i loro sfregi e lamenti, per l'inchiostro infetto che li aveva inghiottiti.

Ma lei non cedeva. Lei restava paralizzata nel mondo dell'agonia, donando ancor più fumo alla nube di incubi che le nascondeva il volto e impediva così a Timmy di scoprire quale fosse il suo aspetto. 

Perché Edith le memorie se le tatuava addosso, le cuciva e nascondeva nella carne cruda, fino a farle diventare la sua seconda pelle, come merletti minuziosi a ricamarle i contorni, così da vederli quando necessario e mai correre il rischio di riesumarle in momenti poco opportuni.

Ma ecco che il miracolo era successo, ecco che ora Edith era stata costretta a rivelarsi, senza possibilità di fuggire. La nuvola di misteri si era sciolta nell'istante stesso in cui Lily l'aveva abbracciata, era colata a terra e l'aveva liberata dall'inchiostro con cui la donna aveva da sempre offuscato il suo volto.

Umana, umana paura che le aveva rotto il volto, tramutato la pelle in spirali d'agonia, creato fosse, avvallamenti, addirittura cicatrici dapprima irrintracciabili sulle labbra che lei aveva quasi ingoiato, pur di trattenere il lamento esploso dentro la strozzatura delle pupille.

Lei aveva tentato di rifiutare quel tocco, di scollarselo di dosso come se non fosse mai giunto al mondo; si era lasciata schiaffeggiare, sfiorare, toccare dalle dita dell'amica, ingoiando però l'animo ancor più a fondo nel suo corpo, in un angolino sperduto che l'aveva separata da quel tocco - imprigionata lì, racchiusa nella sua caverna di egoismo, il corpo ormai vuoto, guscio apatico al mondo.

Ciò che non avrebbe mai potuto comprendere, ciò di cui mai si sarebbe accorta, era che Timmy era riuscito comunque a guardarla dentro, e che persino in quella scorza abbandonata dall'animo aveva notato immediatamente, cristallizzato sugli occhi, il biasimo di non riuscire a piangere, un incubo così tremendo che, nel vederlo, quasi era stato tentato di regalarle le sue, di lacrime, impilargliele come perle sulle ciglia arrossate.

La pioggia prega in autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora