Dedicarti dolore per trovare l'amore (parte uno)

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Odore di lacrime

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Odore di lacrime.

Il languore di rabbia a scoppiargli nel cuore, enzima di paure e tormenti.

E la bocca di Audrey che gli gridava contro, il suo volto tumefatto dalle rughe del disgusto, bava agli angoli delle labbra squarciate, mani di plastica a schiaffeggiargli la guancia rappresa dall'agonia.

Lo strillo di quella voce che sembrava sgusciare densa come fumo, riempire e ossidargli le vene fino a incrostarle, e lui avrebbe potuto giurare di aver sentito il proprio sangue calcificarsi, aggrapparsi ai vasi sanguigni e occluderli, riempirli di peccato fino a far piangere rose nere ai suoi occhi.

Sangue malato, il sangue del peccato.

E in quella notte in cui la luna si era trasformata in fattucchiera di incubi, Timothy aveva scoperto la verità.

Aveva dodici anni e un intero mondo di speranze davanti.

Aveva dodici anni e una nuova verità in mano, così efferata e deplorevole da avergli accartocciato lo stomaco e indotto conati nella gola.

Per tutto quel tempo si era sempre chiesto in cosa avesse sbagliato. Giorni interi passati a corrodersi dentro, a tentar di capire perché Audrey non gli si avvicinasse mai, perché continuasse a scansarlo e rifuggisse dal suo tocco ogni volta che s'incontravano.

Era sua madre, d'altronde, le madri dovrebbero amare i propri figli. E Audrey lo faceva, Timmy ne era consapevole, Audrey sapeva amare la propria prole: l'aveva vista festeggiare con Vincent i suoi voti eccellenti, dargli baci sulla fronte, rammentargli lezioni di vita, pizzicargli le guance e sussurrargli devoto amore.

Ma non con lui, mai con lui.

Così Timothy si era impegnato, aveva fatto del suo meglio, sì. Lui ci aveva provato davvero, a trovar un modo per potersi sentir suo figlio. Tentava di pulire, di esser ordinato, catalogando tutto in ordine alfabetico o cromatico, cercava di non piangere, di non ferirsi mai, di aiutare chiunque, di donare consolazione, persino al fratello che rifiutava d'incrociare il suo sguardo, persino al padre che lo guardava di sbieco, quasi trasognante e assorto, quasi non lo vedesse davvero.

Timmy ci aveva provato, santo cielo, ci aveva provato e si era sentito morir dentro; aveva pregato e supplicato un Dio in cui non aveva mai creduto di ordinare la sua vita come lui faceva con i libri negli scaffali e gli asciugamani nei cassetti, aveva devotamente scongiurato un'entità sconosciuta affinché ogni quadro raddrizzato e ogni stoviglia ripulita si trasformassero in ponti con cui raggiungere la sua famiglia, in gradini su cui inerpicarsi per conquistare la loro riconoscenza, il loro tocco.

Tutto ciò che era riuscito ad ottenere ogni volta era stata la grassa risata di Audrey, il vivido sorriso che gli aveva marchiato la pelle e risucchiato i respiri, e l'orrida consapevolezza che nessuna delle sue fatiche sarebbe mai stata ricompensata.

La pioggia prega in autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora