Scegliere di soffrire (parte due)

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Si era aspettata di tutto, tranne che Killian Marito.

Lui era immobile di fronte a lei, il gigantesco corpo a riempire l'uscio d'ingresso, e gli occhi lividi, scuri di una rabbia inespressa, soffocata dal sorriso che, stavolta, pareva tutto tranne che ironico.

Era Killian il Marito del Panda, non c'erano dubbi su questo. Ma ora che lo guardava, c'era qualcosa di diverso. Una solennità e un'ira che gli impregnavano il corpo, gli irriggidivano i muscoli - e gli occhi da rapace, freddi e calcolatori, labbra distese in una curva furente.

Edith aveva sempre pensato a lui come a un amico stupido e fin troppo affettuoso, un ragazzo giovane, privo di peli sulla lingua, volgare e pervertito.

Eppure, l'uomo che ora la stava fissando non portava più con sé nessuno di quel tratto. Un panneggio di ombre gli vestiva il viso, facendo brillare di fuoco verde i suoi occhi.

«Cosa stai facendo qui?»

La domanda schizzò dalle sue labbra come un proiettile, prima ancora che se ne rendesse conto, lo guardò di nuovo, sempre più sorpresa ad ogni secondo che passava, e sentì tutte le sue ossa cigolare quando lui, in uno slancio improvviso, afferrò il bordo della porta per spalancarla.

«Come ho già detto, io e te dobbiamo parlare, vecchietta.»

Ora il suo accento profondo picchiava la voce, un colpo dopo l'altro, rendendola cavernosa, estremamente volgare, consonanti come pietre e vocali strascicate. 

«Non ti ho mai invitato ad entrare.»

Lui, però, la ignorò. Si guardò attorno velocemente, osservando le creste di sporcizia che si erano create sul mare della casa quasi come se se le aspettasse, con uno sguardo che pareva aver dato conferma a un sospetto. «Cristo santo, non sono passate neanche due settimane da quando Pandino ha smesso di lavorare per te, e già hai ridotto la casa in questo modo. Sei messa persino peggio di quanto temevo.»

La rabbia che provocò con quell'affermazione non fu sufficiente per soffocare lo stupore che stava sorgendo in Edith. Perplessa, lei, estremamente confusa. Non aveva idea di chi fosse l'uomo che la stava guardando, perché tutto era tranne che il migliore amico di Timothy, tutto era tranne che quell'assurdo marito comico.

Era altro, ben altro che questo.

«Cosa c'è?» le domandò, e il ghigno che gli morse le labbra rese ancor più pesante la sua voce. «Sei sorpresa? Sconvolta? Per cosa? Perché sono qui o perché mi comporto così?»

«Che diavolo sei venuto a fare qui? Come facevi a sapere-»

«Alcune volte sono io ad accompagnare Pandino, quando lavora per te. Per quanto riguarda il perché sono qui, mi sembra evidente.» Richiuse la porta alle sue spalle con un rombo inaudito, e quando chinò il capo verso di lei, gli occhi tuoneggiarono d'ira.

«È evidente solo a te, a quanto pare» gracchiò Edith, le clavicole affossate nei muscoli. «Perché io non ne ho la più pallida idea.»

«Non ne hai la più pallida idea? Mi prendi per il culo?» ringhiò l'altro, ed Edith sussultò, sbigottita. «Oh, giusto, mi ero dimenticato.» Una risatina amara lo attraversò, squarciandogli il sorriso. «Sei così abituata a piangerti addosso e a fare la povera vittima da non pensare mai a come fai soffrire gli altri. Piccina, tu sì che soffri, vero? Tu sì che stai male, non è così?»

Simili parole parvero graffiarla dentro, lasciare squarci che bruciarono fino ad avvelenarle il sangue di rabbia. «Tu non sai un bel niente di

La pioggia prega in autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora