Gli occhi.
Non guardare i suoi occhi.
Nei suoi occhi c'era il brivido, lo sfrigolare della follia, la scaglia di speranza che da tempo stava cercando di allontanare da sé; oltre il ricamo delle ciglia di lui, in quella tempesta sepolta nelle iridi bollenti, Edith percepiva il proprio corpo tremare come quello di un neonato appena giunto al mondo - e piangere, e gridare, e rovinare il silenzio del mondo con le sue urla di vita, graffiare la nebbia dell'indifferenza e dell'apatia con la bocca grondante di bava e la pelle ancora sporca del liquido che finora l'aveva sempre protetto.
Lei lo guardava negli occhi e si sentiva d'improvviso pulita; con lui che, con diligenza e impegno, con quella ingegnosità taciuta agli occhi dei più stolti, si piegava e pian piano la svestiva da quell'abito d'aculei che le era sbocciato nella gabbia toracica ed era infine fiorito fino a bucarle la pelle.
Delicato e assorto, lui la guardava e le sfilava quelle spine, una ad una; nonostante sicuramente dovessero fargli male, graffiargli e tagliargli i polpastrelli, far colar gocce di sangue dal suo gentile sorriso; ma continuava, Timmy, continuava a disossarla da quei rovi in più cresciuti per sbaglio dentro di lei, fino a scoprirla del tutto, fino a ritrovarle il lembo sfrangiato dei pensieri per ricucirglieli ad uncinetto.
Non guardare i suoi occhi.
Edith non guardava, nossignore, non lo faceva; ma i suoi occhi impazziti sembravano legati al corpo di Timmy, allo strascico della sua ombra sull'abitacolo della macchina, all'orlo delle sue dita sulla leva del cambio - aveva delle dita belle, lui, semplici e delicate, che le avevano avvolto il collo con una sciarpa che avrebbe dovuto togliersi, ma che egoisticamente continuava a tenersi addosso. Perché quella sciarpa aveva un bell'odore, il profumo di una gentilezza dai colori caldi e confortevoli, vivaci e semplici, un quadro che avrebbe volentieri rappresentato nelle sue tele.
Non guardare i suoi occhi.
Temeva con orrore ciò che essi avrebbero potuto scoprire di lei, quanti segreti avrebbero dissacrato ed esposto, se solo si fossero posati sui suoi fino a raccogliere i nomi seppelliti nelle lacrime che più non riusciva ad avere.
Non guardare i suoi occhi.
Se lo ripeteva in continuazione, ad ogni secondo, ma non bastava mai. Il suo corpo di cenere sembrava liquefarsi ad ogni sussulto della macchina per colpa di una buca della strada, ad ogni respiro profondo di lui che Edith aveva contato - ma da quant'era che li stava contando? Quando aveva iniziato a numerarli nella sua testa?
Sapeva cosa avrebbe dovuto fare; Timmy si stava avvicinando troppo a lei, stava correndo il rischio di venir bruciato dal suo fuoco, l'unica scelta possibile e razionale per salvarlo da esso era scagliarlo lontano da sé. Scoprire i denti, morderlo con le sue parole, ma non trovava il coraggio per riuscirci.
Continuava a ripetersi nella testa di doverlo licenziare, trovare qualsiasi scusa possibile per impedirgli di avanzare ancora nel suo cuore; d'altronde Edith aveva ormai capito che Amelia non si sarebbe mai arresa, nemmeno dopo aver visto che la sua casa stava tornando pulita. Quindi perché continuare a pagarlo e a farlo star lì, quando non sarebbe servito a nulla?
Per non rimanere sola, le sussurrò la voce maligna nella testa, per continuare a vederlo sorridere, per non rovinare il suo volto delicato.
Lei era sempre stata una persona disinteressata agli altri.
Tanti erano gli sprovveduti che avevano tentato di entrare nella sua vita, per poi uscirne zoppicanti e malmessi, e a Edith tutto ciò non era mai interessato. Perché non era stata lei a chieder loro di sacrificarsi così.
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La pioggia prega in autunno
ChickLitQuando piove il mondo si spegne, i colori si sfaldano, i contorni scompaiono. Quando piove c'è solo dolore, morte, rancore, ed Edith lo sa bene. Quel pianto del cielo le ha portato via tutto, ogni cosa: amori, amicizie, speranze e lui, colui che non...