capitolo 6

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Raul

21 Maggio 2011

Credevo che avremmo dovuto pregare i nostri padri per darci delle spiegazioni, ma mi sbagliavo.

Sono le sei del mattino, Domenico e Davide sono rientrati da poco, ma siamo stati tutti e tre convocati dai nostri genitori.

Da circa dieci minuti mio padre sta spiegando al mio fratellino l'origine e la natura degli affari di famiglia. Sul volto di Davide persiste un'espressione di disgusto che ha fatto piegare le spalle di nostro padre, ma non scorgo nessuna sorpresa nei suoi occhi; del resto sospettavamo che lui avesse capito tutto da qualche tempo, che fosse solo in attesa di conferme.

Aspetto con pazienza che mio padre gli spieghi quali sono i settori di cui lui si occupa per conto di Ferraro, i ruoli che con Pietro ricoprono nell'organizzazione, e attendo che arrivi alla parte peggiore, quella in cui gli spiega che un giorno dovremo essere noi a subentrare.

Ricordo ancora quanto è stato difficile per me accettare tutto questo, capire di non poter disporre a mio piacimento della mia stessa vita, come se il solo fatto di essere un Mancuso mi avesse condannato senza appello a delinquere come tutti i miei parenti.

È maledettamente doloroso prendere atto che spezzare la catena è possibile solo a patto che il tuo stesso sangue sia versato, perché è questo il prezzo della ribellione, della mancata accettazione del proprio status, la morte delle persone a te care o la tua.

Regole barbare istituite ai tempi in cui la famiglia ha avuto origine per assicurarsi obbedienza, per piegare anche gli spiriti più forti e alla quale solo alcuni sono riusciti a sfuggire, pagando comunque un prezzo.

"Quello che non capisco papà, è cosa diavolo avevi in mente quando hai accettato di far parte di tutto questo schifo." La voce di Davide si alza all'improvviso facendomi saltare in aria. La sua calma apparente è evaporata, ora il suo corpo esprime tutta la tensione accumulata negli ultimi minuti.

"Ti ripeto che non avevo scelta, non ci siamo arruolati, né siamo stati pescati a caso, siamo nati in questo meccanismo e tirarsene fuori non è possibile, non senza causare la morte delle persone che amiamo. Rinunceresti a tuo fratello o a tua madre per la tua libertà? Per avere una fedina penale pulita? Per dormire sonni tranquilli? Che cosa credi, che a me piaccia fare quello che faccio? No! Non mi piace! Ma non c'è via d'uscita." Mio padre ha raddrizzato le spalle, guarda mio fratello con espressione severa e gli si avvicina fino a fronteggiarlo.

"Ho scelto di chinare la testa, di vivere da servo e ti ho regalato quanto più tempo ho potuto, ma adesso è ora che tu accetti chi sei."

"Un mafioso! Dillo papà, dillo!" Davide ringhia ad un palmo dal volto di nostro padre. Gli basterebbe un passo per far scontrare i loro corpi che vibrano di rabbia, vorrei intromettermi, ma non posso, è giusto che se la sbrighino da soli.

"Calmati Davide, non fare il bambino."

"Bambino un cazzo, ma come pensavi che avrei reagito? Mi hai appena detto che sei un maledetto usuraio, che comandi i magnaccia di tutta la provincia, che ripulisci denaro sporco per i Ferraro, e che io dovrò occupare il tuo posto insieme a mio fratello e Domenico quanto prima, e mi chiedi di calmarmi? Ho lo stramaledetto diritto di essere incazzato e se non avessi portato questa merda di barca al largo, me ne sarei già andato." Impreca mio fratello e si tira i capelli frustrato. "Hai fatto bene a salpare, sapevi che sarei voluto scappare, vero? Tu sai sempre tutto e io che ti credevo costretto a fare qualche favore a quel bastardo di Ferraro, invece no, sei il suo cazzo di braccio destro!" Fa avanti e indietro nella cabina che funge da ufficio, sembra un animale in gabbia mentre inveisce contro nostro padre che assorbe tutta la sua rabbia non provando nemmeno a calmarlo.

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