capitolo 11

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Giada

26 maggio 2011

Quando mi sveglio e guardo fuori dall'oblò della mia cabina mi accorgo che è già buio. A giudicare dall'enorme distesa d'acqua scura che sto osservando, abbiamo lasciato il porto, ma non riesco a capire perché: dovevamo restare ad Agrigento ancora un giorno.

Provo ad alzarmi, ma un capogiro improvviso mi fa perdere l'equilibrio e arrivo con il sedere per terra facendomi un male cane. Mi rimetto in piedi massaggiandomi i glutei e cerco di recuperare stabilità. Sono un bagno di sudore, eppure ricordo di essermi coperta prima di addormentarmi perché stavo morendo di freddo. Mi libero dei vestiti a fatica mentre mi avvio verso il piccolo bagno in camera, faccio scorrere l'acqua sui miei polsi e quando si intiepidisce un po' mi sciacquo il viso. Il mal di testa non è diminuito e mi fanno male tutte le ossa proprio come quando ho la febbre, credo che il freddo di stanotte mi abbia messo KO.

"Giada." Sento Raul chiamarmi e lo avviso che sono in bagno.

"Dio mio... ma tu stai male! Perché non ci hai chiamati?" Si avvicina, mi sorregge per la vita, e poggia le sue labbra sulla mia fronte per sentire se scotta; proprio come mia madre faceva quando ero bambina. Il suo profumo investe subito i miei sensi e il cuore si sveglia dal suo torpore. Lui è la cura a ogni malattia, ma qualcosa mi dice che potrebbe trasformarsi anche nel male peggiore di tutti, quello al quale non troverei mai rimedio.

"Mi sono svegliata da pochi minuti, allontanati sono tutta sudata." Cerco di scansarlo, ma lui serra la presa attorno ai miei fianchi e scuote la testa. "Raul, ti prego, mi gira la testa devo stendermi."

Mi solleva senza sforzo e mi porta in stanza, afferra una maglietta pulita dal mio armadio e mi aiuta a indossarla. Torna poi in bagno, recupera il termometro dal mio beauty e mi misura la febbre.

"È colpa mia, non è stata una buona idea gettarti in mare ieri sera." Afferma sconsolato osservando il numero trentotto che lampeggia sul display del misuratore di temperatura. Lo afferro per il colletto della polo che indossa e lo bacio, desideravo farlo da quando mi ha svegliata stamattina e lui sembra aver avvertito lo stesso bisogno vista l'intensità con cui mi stringe. La sua bocca è avida, prepotente, ingorda, ed è una fortuna che io abbia tolto il termometro altrimenti, sarebbe esploso.

Quando ci stacchiamo siamo senza fiato e lui ha un problemino molto evidente nelle zone centrali del suo corpo.

"Stiamo tornando a casa!" Esclama allontanandosi e accarezzando una delle mie mani.

"Perché?" Domando non capendo cosa può aver convinto mio padre ad anticipare il rientro.

"I nostri padri hanno digerito male la nostra serata, sono arrabbiati perché ci siamo divisi, non hanno gradito la tua sbronza, e il fatto che tu ed io siamo rimasti soli tutta la notte. Non so come, ma hanno visto un video pubblicato su internet dell'esibizione che avete fatto in discoteca e tua madre ha dato di matto. Sarà un pessimo rientro."

"Davide l'ha presa male." Gli dico cambiando discorso e accarezzando il suo volto sempre più cupo. Non so quanto tempo abbiamo prima che arrivi qualcuno a interromperci, ma non voglio passarlo a parlare di mia madre e le punizioni che mi darà.

"Lo so, mi ha detto che ti ha chiesto di tenere il segreto." Annuisco e lui continua a parlare. "Ieri notte è stata magica, ma quello che ti ho detto non cambia, le nostre famiglie non appoggeranno mai la nostra relazione. Non possiamo stare insieme! Mio padre ha intuito che tra noi c'è stato qualcosa e vuole che io ti stia lontano. Vorrei che tu capissi che non ho scelta... Giada per il tuo bene devo fare come mi dice. Se sapessero quello che abbiamo fatto finiremo entrambi nei guai. So che per te è difficile capire... ti prego non guardarmi così."

Il Prezzo Della VendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora