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Jessica

Rientrata in classe tutti mi guardavano in modo diverso, come se provassero pena per me.

Sapevo perché mi fissavano così.

Avevo ricevuto anche io quel messaggio sul fatto che fossi bulimica, ma io semplicemente lo ignoravo, a differenza loro.

Anche Sarah, Vanessa e Valentina sembravano che parlassero di me, visto che quando sono entrata sono subito state zitte.

Ignorai anche ciò. Ero troppo stanca quel giorno.

Finite le lezioni Valentina e Vanessa si avvicinarono a me, mentre il prof di diritto disse a Sarah di seguirlo.

"Che c'è?" Chiesi a loro sospirando, anche se sapevo la risposta.

"Ultimamente sembri molto strana." Cominciò Vanessa.

"Non ho niente, state tranquille." Risposi non avendo voglia di parlare.

"E dai!! Abbiamo ricevuto un messaggio che..."

Interruppi Valentina, alzando gli occhi

"Lo so, lo so. Che sono bulimica, cornuta eccetera, ma non me ne frega un cazzo."

"Lo sai che provocarsi il vomito è una cosa pericolosa? E comunque, perché lo fai?" Mi chiese Vanessa preoccupata.

"Vi prego non ne voglio parlare." Sospirai implorandole.

Capirono la mia esasperazione così smisero di insistere ed uscimmo dalla classe per tornare a casa.

"Venite a mangiare a casa mia e poi usciamo con Sarah?" Domandò Vanessa per cambiare argomento.

"Io sì, tu Jessica?"

"Ehm... No, non posso ho molte cose da fare." Mentii. Ultimamente avevo veramente perso la voglia di fare tutto, addirittura uscire con le mie amiche. Non sapevo proprio cosa mi succedeva, o forse sì, ne avevo una vaga idea.

Mentre loro due tornarono a casa insieme io mi diressi per la mia via.
Cominciai a sentirmi ancora strana.

Per tutta la settimana mi sono sentita strana e avevo paura che l'unica spiegazione fosse che... No, no. Non volevo pensarci. Cancellai quel pensiero dalla mente.

Attraversai il tunnel che collegava la strada di casa mia a quella della scuola. Passare lì mi ricordava molto Daniele. Era dove ci eravamo rifugiati dopo quell'episodio alla profumeria.

La sensazione di nausea mi venne ancora su e mi fermai un attimo per prendere un bel respiro. Poi mi accorsi di una cosa.

C'era un bellissimo graffito disegnato sul muro del tunnel. Era un graffito dalle tonalità blu, aveva una bellissima grafia e... il mio nome:

"Sarai sempre mia, Jessica ...TI AMO. Daniele."

Non potevo crederci.

Daniele aveva fatto un graffito per me, mentre io non gli rivolgevo la parola da giorni.

Cercai di trattenermi ma mi venne un sorriso da ebete.

Non riuscivo più ad essere incazzata con lui nonostante tutto. Ed avevo bisogno di parlargli.

Quando oltrepassai il tunnel mi fermai davanti ad una farmacia vicino casa mia.

Prima di entrare mi assicura di avere abbastanza soldi in borsa.

Li contai e mi sembrava che bastassero per un test di gravidanza.

Entrai e senza chiedere aiuto alla commessa mi diressi verso gli articoli e ne scelsi uno.

Andai in cassa a pagarlo, sperando che semmai i miei dovessero venire qui, la commessa non gli riferisse niente.

Quando arrivai a casa non c'era nessuno, per fortuna.

Presi il test è mi diressi in bagno.

Era un momento molto delicato per me.

Prima di farlo mi immaginai come avrei reagito se il test fosse positivo.
Da un lato avevo paura, perché non ero pronta ad avere un bambino, ma dall'altro ero abbastanza tranquilla ripensando a ciò che mi aveva detto Daniele. Non importava il risultato. Avevo lui al mio fianco.

Le mia mani tremavano e il mio cuore batteva forte. Non ero mai stata così nervosa per fare la pipì.

Presi il telefono per chiamare Daniele intanto che aspettavo il risultato. Così avremmo reagito in diretta alla notizia.

Squillava ma lui non rispondeva. Gli lasciai un messaggio vocale.

"Ciao, amore, ehm.... ho visto il fantastico graffito che hai fatto sul tunnel. Anche io ti amo... comunque non chiamavo per questo... Sto facendo un test di gravidanza... Già hai sentito bene. Chiamami così ti dico il risultato."

Misi via il cellulare presi il test, pronta a scoprire la verità.

Feci un bel respiro, e poi guardai.

Era positivo.

Lo sapevo. Cercai di calmarmi. Avevo assolutamente bisogno di parlare
con Daniele, ma lui non mi chiamava.

Non resistetti ad aspettarlo. Presi la mia borsa ed uscii di casa. Rimasi alla fermata dell'autobus per pochi minuti e poi passò un bus.

Salii e mi sedetti su un posto qualunque. Diedi ancora un'occhiata al telefono per vedere se lui mi avesse risposto ma niente.

Venni attirata dalle sirene di un ambulanza e di due auto della polizia che superarono il bus.

Guardai fuori dalla finestra. Sembrava fosse successo qualcosa di grave nelle vicinanze. Le vidi allontanarsi mentre entravano nel quartiere dove abitava Daniele e il bus fece lo stesso.

Poi le sirene smisero di suonare e quando il bus voltò a destra mi accorsi che l'ambulanza e le auto erano ferme esattamente davanti alla casa di Daniele.

Avendo un brutto presentimento, mi alzai di scatto dal sedile e chiesi all'autista di fermarsi, non accorgendomi che non eravamo ancora arrivati alla fermata.

Come previsto, lui mi ignorò. Non volevo attirare l'attenzione dei passeggeri, ma sentivo che era successo qualcosa.

"La prego, si fermi!" Esclamai aspettando che la porta si aprisse.

Dopo qualche secondo lui si fermò alla fermata ed aprì le porte.

C'erano più di 5 persone che volevano salire tutte allo stesso momento io mi trovai bloccata.

Mandai al diavolo tutto e li spinsi per scendere.

Una signora mi urlò "maleducata." Ma la ignorai e corsi verso la casa di Daniele.

Mentre mi avvicinavo vedevo delle luci ambulanti attorno a casa sua e un mucchio di persone lì ferme a guardare.

Non capivo cosa succedeva ed in quel momento il cuore mi batteva a mille; Mi guardai intorno e vidi la mamma di Daniele piangere sulla spalla di suo marito.

Facendo spazio tra la folla corsi subito da loro.

"Dov'è Daniele?" Chiesi e stranamente la mia voce risultò un pò tremante.

Sua madre alzò la testa per guardarmi e poi rimise la testa sulla spalla di suo marito che fissava il cielo con uno sguardo assente. In quell'esatto momento uscivano due soccorritori che trasportavano una barella con un lenzuolo bianco che copriva un corpo.

Fu in quel momento che il mio cuore aumentò di battiti.

"Dov'è Daniele?" Chiesi con più aggressione al soccorritore che stava davanti; lui mi guardò e forse vedendo la disperazione nei mei occhi, capì che ero veramente legato a lui.

"Mi dispiace. È morto per overdose di Eroina."

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