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Valentina

Finalmente la scuola era finita e finalmente potevo cominciare una nuova vita. Quel sabato mi ero svegliata di buon umore. Precipitai subito in bagno a farmi una doccia e poi mi vestii. 'Ohh! Finalmente posso mettermi le mie magliette scollate senza che un professore mi dica su roba!' Pensai. Mi misi un top color crema sotto ai shorts di jeans a vita alta e dei sandali marroni. Mentre mi facevo le sopracciglia mia mamma bussò alla porta ed entrò senza che le diedi il permesso.

Teneva in mano il suo cellulare. "Tuo padre mi ha appena chiamato. Cos'è sta storia che te ne vai a vivere in America?"

"Sì, ho deciso. Vado a vivere da lui."

"Se lo fai per vendicarti della discussione che abbiamo avuto...."

"Mamma non lo faccio per vendetta. Sono stanca di stare qui, di odiare ed essere odiata. Voglio cambiare vita e lui ha che detto che mi dava il permesso."

"Senza il mio consenso però."

Ci fu un silenzio lungo di quasi un minuto. Alla fine sospirò.

"Tra pochi giorni compirai 18 anni e avrai il diritto di fare le tue scelte e io non posso impedirti di vivere con tuo padre."

Il mio viso si illuminò.

"Questo vuol dire che mi lasci andare?!"

Lei annuì un po esitante. Le saltai addosso e la rangraziai. Poi presi la mia borsa, il telefono e gli occhiali da sole.

"Dove vai?" Mi chiese.

"A fare shopping, devo stare al passo con la moda americana."

"Tieni." Mi porse 50€. La ringraziai di nuovo e poi uscii.

Andai in qualche negozio e comprai un paio di cose. Arrivai al mio negozio preferito di scarpe. Lessi il cartello alla porta. Quel giorno era chiuso. Mi girai e mi accorsi che di fronte c'era il palazetto dove abitava Thomas. Feci finta di niente, ma poi lo vidi mentre entrava in compagnia con una donna. Le sorrideva, rideva e parlava.

Attraversai la strada e mi ritrovai davanti all'ingresso. Aspettai un attimo che andassero avanti e poi entrai e li segui. Mentre salivo le scale riuscivo a sentire la donna sghignazzare in qualche piano superiore. Poi arrivai al corridoio. Si stavano salutando amichevolmente mentre lei apriva una porta e poi lui si voltò e mi vide.

"Valentina, che ci fai qui?"

"Stai tradendo mi mamma?" Gli chiesi con le braccia conserte.

"Tradirla? Ma se non stiamo neanche insieme." Disse inserendo le chiavi alla porta del suo appartamento.

"Ah si? E chi era quella donna?"

"Quella donna è semplicemente la mia vicina." Sbuffò. "Stai difendendo tua madre oppure sei tu quella gelosa?"

"Io non sono gelosa. Ho occhi per un'altro." Mentii.

"Oh si si si, certo." Disse entrando. Senza aspettare che mi invitasse entrai anche io.

"Mi spieghi perché sei qua?" Chiese.

"Beh, volevo salutare il mio professore preferito prima di partire."

Lui sembrava interessato. "Partire per dove?"

"Vado a vivere da mio padre, in America."

"Wow, ci resti per sempre?"

"Credo di sì."

"Perché lo fai? Insomma, non vuoi prima finire la scuola e diplomarti?"

"Io e te sappiamo benissimo il vero motivo." Lo guardai negli occhi. "Dopo tutto quello che è successo tra noi, io ho bisogno di cambiare aria..."

"Stai scherzando vero?" Mi interruppe. "Se un ragazzo ti lascia scappi e te ne vai a vivere in un'altro paese?"

"Io non scappo... ultimamente sono troppo stressata, delusa e non trovo più niente che mi intrattenga qui."

"Quindi te ne vai, per sempre... E questa sarebbe l'ultima volta che ci vediamo."

Annuii.

"Beh, prima che tu parta ci tenevo a farti sapere che nonostante ci siamo lasciati e nonostante tutto..."

"Con 'nonostante tutto' intendi aver di baciato mia mamma, ovviamente." Lo interruppi più come affermazione che come domanda. Lui mi ignorò.

"... Continuo ad essere innamorato di te."

"Non ti credo. Ultimamente mi sei sempre stato contro e hai dimostrato più di odiarmi che amarmi."

Lui scosse la testa ed esitò un momento prima di dirmi qualcosa. "Sai quel bacio che ti hanno dato in ospedale? Ero io."

"Ora cominci anche ad inventarti le cose? Lo so già chi mi ha baciata."

"Te lo giuro. Sono stato io."

Gli presi le mani. Già, erano quelle stesse mani grandi e ruvide con le dita affusolate. Mi avvicinai di più e riuscivo a sentire quel buonissimo odore alla menta che proveniva dal suo collo. E poi lo baciai. Riuscivo a sentire emozioni ancora più forti di quelli che provai in ospedale.

"Allora eri tu..." Dissii staccandomi. "Quello stupido gatto mi ha mentito." Dissi pensando a Silvestro. Lui aggrottò la fronte.

"Niente lascia stare, comunque non riesco a spiegarmi una cosa. Perché quando ho chiesto a mia mamma se fosse venuto qualcuno lei mi ha risposto di no?"

"Si all'inizio ero venuto per cercare tua mamma e chiederle come stavi ma non ho visto nessuno. Evidentemente non era orario di visite in quel momento. Così sono entrato e sono uscito subito prima che mi fermassero."

"Perché mi dici tutto questo solo ora?"

"Perché non mi sembrava il caso di fartelo sapere prima. E poi non vorrai mica partire senza salutarmi come si deve." Disse facednomi appoggiare la schiena e la testa sulla porta.

"Sono ancora minorenne."  Gli sussurrai all'orecchio.

"Ma non sei più una mia studentessa." Disse baciandomi il collo.

Mi prese in braccio portandomi in camera sua. Così facemmo sesso e 15 minuti dopo finimmo.

Ero abbracciata a lui, nudi. Continuava a biaciarmi il collo, la fronte le guance, ad un certo punto si fermò.

"Valentina, ti prego pensaci. Non andartene."

"Se io non parto, le cose non cambieranno. Il prossimo anno sarò ancora una tua studentessa e mia mamma continuerà a provarci con te. Seriamente io non voglio più stare qua e non trovo ragione per starci."

"Neanche io sono una ragione?"

Per evitare di rispondergli mi presi i miei vestiti e mi vestii.

"Devo andare." Gli dissi velocemente.

"No, aspetta!" Mi urlò.

Non mi fermai e me ne andai. Sarebbe stato inutile parlare con lui e restare. Avevo bisogno di dimenticare.

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