Capitolo cinque

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- 1962 -

Avevo da poco compiuto diciassette anni, e quella notte avevo deciso di andarmene a ballare in discoteca.

Nonostante in quell'ultimo decennio fosse diventato uno dei posti più frequentati dalla gente, io l'avevo fatto per starmene da sola. Era così che mi sentivo, sola in mezzo ad una marea di volti che, per quanto sembrassero simili al mio, erano tutti diversi.

Anzi, io ero diversa, ero diversa da tutti loro. Già all'età di quattordici anni mi ero resa conto di esserlo.

Avere il potere di creare barriere bluastre dalle mani non era da tutti, vero? E soprattutto... non era normale. All'inizio ne avevo avuto paura, mi ero rinchiusa in casa per giorni, isolata dal mondo. Avevo sperato che tutto tornasse come prima, ma con il tempo nulla era cambiato. Così avevo ripreso a uscire, a mischiarmi con la gente, a confondermi con essa.

E adesso ero lì in quella sala da ballo, in pista, con gli occhi serrati e ad alzare le braccia al cielo, improvvisando un movimento di bacino, un gioco di gambe. Sola con me stessa, lontana da tutti, perché quella musica assordante mi dava la sensazione di essere un trampolino di lancio per un mondo solo mio, dove nessuno aveva accesso.

O, per lo meno, di solito.

Salve... ci stiamo divertendo?

Mi bloccai immediatiamente, mentre la gente attorno a me continuava a ballare ignara di tutto. Cos'era quella voce nella mia testa? Mi guardai intorno, un po' spaventata, e la musica cessò, la gente si immobilizzò. Non ebbi neppure il tempo di entrare nel panico, che due figure mi furono subito accanto. Per istinto mi voltai verso quella più alta, che mi sovrastava di parecchio, per poi voltarmi fulminea a guardare anche l'altra.

«Sei Ivy Anger, vero?» domandò l'uomo alla mia sinistra, e riconobbi subito il tono di voce, quello che esattamente qualche secondo prima era stato nella mia testa. Annuii confusamente col capo, incrociando il suo sguardo. Due dita erano poggiate sulla sua tempia, e aveva un sorriso a stirargli le labbra sottili, un sorriso rassicurante e – almeno così mi parve – contento. Non potei fare a meno che restare incantata dai suoi occhi. Anche i miei erano chiari, ma i suoi erano qualcosa di davvero sorprendente.

Uao! Sono gli occhi più azzurri che abbia mai visto...

Il suo sorriso si fece più accentuato.

Ti ringrazio tanto. 

Sobbalzai, passandomi una mano tra i capelli.

«Ehi! Chi siete? Come avete fatto a bloccare tutto? E tu... per caso eri nella mia testa?» domandai incredula. Lui annuì, tendendomi una mano.

«Sì, sono stato io a "bloccare tutto", e credo che tu abbia già qualche idea su come abbia fatto e su quale sia la mia natura. Sono come te, anche se- scendendo nei dettagli- sono un telepate. Mi presento, il mio nome è Charles Xavier e insieme al mio compagno Erik Lehnsherr, sto reclutando giovani come te...»

Osservai con diffidenza la sua mano tesa, e riportai l'attenzione sull'uomo più alto, che prese la parola.

«Che ne dici se ti facessimo una proposta? Ci seguiresti al nostro quartier generale? Conoscerai tante persone speciali come te» mi sorrise. 

Il suo sorriso era decisamente diverso da quello di Charles. Era un sorrisetto sardonico, divertito, fascinoso, quasi seducente.

«Perché mi dovrei fidare?»

Erik si strinse nelle spalle, infilando poi le mani nelle tasche della giacca in pelle marrone che indossava.

«Non saprei... magari perché la tua vita fa schifo. Sei una ragazzina che si divide tra scuola e lavoretti part-time, senza idea di cosa fare della tua esistenza. Costretta a nasconderti e fingere di essere chi non sei».

Charles chiuse per un attimo gli occhi e si intromise nella conversazione, quasi come se volesse calmare i toni.

«Ti sarai sentita molto sola, Ivy, in questi anni. Ti sentivi diversa dalle ragazze della tua età. Sappi che non sei sola... ci sono tantissime persone come noi, e se decidi di seguirci, le conoscerai presto. Avrai nuovi amici e non dovrai mai più sentirti diversa, neppure per un secondo» mi rassicurò, e quegli occhi fecero più del resto.

Quel Charles Xavier aveva un ché di carismatico, elegante – anche nel modo in cui vestiva – rassicurante e attraente che mi fece venire i brividi fin da subito.

«Non dovrai entrare nella mia testa, però!» lo ammonii.

«D'accordo, lo prometto. Non entrerò nella tua testa senza il tuo consenso».

«Ma questo è già un compromesso!»

Di nuovo quegli occhi azzurri mi fecero salire un brivido lungo la schiena.

«Un giorno potrebbe risultare necessario, e non voglio infrangere una promessa».

Ah, che uomo d'onore.

«Mi avete convinto... allora, dove si va?»

Erik mi passò una mano dietro la schiena, con finta galanteria, e stese un braccio verso l'uscita dalla discoteca.

«Da questa parte...»

|𝐓𝐡𝐞 𝐖𝐚𝐥𝐥| 𝘟-𝘮𝘦𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora