Capitolo quattordici

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Cominciavo a non ricordare più le cose, a non essere più sicura di tutto ciò che avevo sempre pensato e conosciuto. Probabilmente, la mia mente stava cercando di tornare a farsi spazio in quella di Logan, per riavviare il processo al contrario e tornare al futuro. Ma c'era qualcosa che non andava, perché il nostro compito non era ancora finito...

Era una stonatura, un errore, un incidente di percorso. Un trauma? Possibile che uno dei due stesse subendo un trauma che ci stesse destabilizzando a tal punto da rischiare la morte?
Le fitte al capo divennero ancora più lancinanti, tanto che non riuscii più a capire cos'avessi attorno.
Poi tutto cessò, ed io riaprii gli occhi.

Cosa... dove sono...

Ero stesa sul pavimento, e qualcuno mi aiutò, sollevandomi a sedere. Mi tastai la testa e mi accorsi che un uomo era seduto a terra, poggiato contro un muro. Si rimise in piedi all'istante.

«State bene? Ivy, Logan!»

Sgranai gli occhi. Quella voce... non la sentivo da quanto? Cinque anni? Mi voltai incredula. Charles era lì di fronte a me, con i capelli più lunghi, la barbetta e, cosa più straordinaria di tutte, era in piedi. Era stato proprio lui ad aiutarmi ad alzarmi.

«Charles! Tu... tu cammini!» esclamai, incredula. Lui mi guardò preoccupato.

«Sì, io... Ivy, hai battuto la testa?»

Faceva per caso lo spiritoso?

«Charles, se questa è una mia percezione mentale, non è divertente! Esci subito dalla mia testa! È successo qualcosa, vero? La mia barriera mentale è ceduta di nuovo, per qualche motivo... e tu ne hai approfittato per entrare nella mia mente! Avevi promesso che non l'avresti mai fatto senza il mio consenso!» esclamai, tentando di innalzarla immediatamente e scacciarlo. Mi concentrai, e restai perplessa quando mi resi conto che era al suo posto. Non aveva mai ceduto.

«Che diavolo...»

La voce dell'uomo alle mie spalle mi distrasse.

«Chi siete? Dove mi trovo?»

Charles lo guardò come se fosse matto.

«Logan, sono io... Charles».

«Come ci sono finito qui? Mi ci avete portato voi?» ringhiò. Sembrava davvero molto incazzato e molto poco incline al dialogo.

Era un mutante come noi, perché estrasse degli artigli ossei da entrambe le mani e ci fissò con aria torva e minacciosa. Alzai il palmo delle mani, pronta a creare una barriera.

«Sta' calmo, bello. Nemmeno io so perché mi trovo qui... L'ultima cosa che ricordo è che-» cominciai a dire, ma mi bloccai. Beh, l'ultima cosa che ricordavo era di essere uscita dal Night Club a notte fonda, con un ragazzone dai capelli neri e gli occhi azzurri, di nome Matt. Eravamo finiti a letto insieme, mi ero addormentata, e quando avevo aperto gli occhi ero lì.

Mi guardai dal petto in giù, notando di avere indosso uno dei miei vecchi vestiti, uno di quelli che avevo lasciato tempo addietro alla scuola di mutanti. Un vestito a mezze maniche di jeans, per la precisione.

«Charles, sei stato tu a portarci qui?! Ma ti ha dato di volta il cervello? Ho capito perché cammini... tu devi aver preso uno di quei sieri su cui lavorava sempre Hank... cos'hai combinato? Ci hai portato qui per cosa? E poi... mi hai spogliata e infilato i miei vecchi vestiti?! Ma che razza di depravato sei diventato?!»

Avevo cominciato a lamentarmi e a dirgliene di tutti i colori, con il risultato che anche l'altro individuo si incazzasse ancora di più.

«Io vi ammazzo e me ne vado!»

Charles tese le mani in avanti, come a discolparsi.

«Ma che vi prende? Logan, Ivy, siete venuti voi a cercarmi! Arrivate dal futuro... cinquant'anni in là, no?»

Restai a guardarlo, basita. Non sapevo davvero cosa pensare e, cosa peggiore di tutte, quei dannati occhi celesti mi sembravano sinceri. Quegli occhi, da quanto tempo non li vedevo! Erano sempre bellissimi, più chiari dell'acqua e più luminosi del cielo. Fisicamente, del resto, era sempre l'uomo dei miei sogni.

E non era solo un modo di dire. Lo sognavo continuamente, da anni. Cercavo un po' di lui in ogni uomo che incontravo, e forse era proprio per quel motivo che tutti coloro con cui finivo a letto, avevano inevitabilmente gli occhi chiari. Come i suoi, però, non li avevo ritrovati mai.

Una nuova fitta al capo mi fece strizzare gli occhi e piegare un po' in avanti. La cosa strana fu che la percepì anche l'altro tizio.

«Ivy!» udii Charles gridare, ma era come se fossi appena caduta sott'acqua, e sentissi tutti i suoni, i rumori, le voci, giungermi nelle orecchie ovattate e indefinite. Di nuovo chiusi gli occhi.

Questa volta, quando li riaprii, tornai completamente in me. Ricordai tutto: la missione, la me e Logan del futuro, il perché ci trovavamo lì e anche del tentato omicidio di Magneto.

«State bene?» ci domandò di nuovo Charles, sospettoso.

Io e Logan ci scambiammo uno sguardo eloquente, ed entrambi annuimmo col capo.

«Ma eravate sotto l'effetto di qualche acido?»

«Charles... Dove sono gli altri?»

Lui sospirò.

«Ho potuto seguire la faccenda fino ad un certo punto. Erik ha tentato di eliminare Raven, ma per fortuna Hank si è trasformato in Bestia ed è riuscito a proteggerla. Solo che, adesso, Raven è fuggita e nessuno ci garantisce che non tenterà nuovamente di uccidere Trask».

Proprio in quel momento, Hank entrò nella sala.

«Dobbiamo andarcene di qui, e alla svelta!»

«Ed Erik?»

«Se n'è andato».

Charles sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Io sbuffai sonoramente, stanca e arrabbiata.

«Io lo ammazzo. Fa sempre, perennemente, di testa sua!» mi lamentai, riferendomi ovviamente ad Erik. «Ma non lo capisce che così facendo combina più danni che bene? Un fottuto lavoro di squadra, ogni tanto, no, eh? Quando torno nel futuro gliene dico quattro, ovunque si trovi!»

Hank si strinse nelle spalle.

«Torniamo al jet... torniamo alla scuola, dopodiché decideremo il da farsi».


|𝐓𝐡𝐞 𝐖𝐚𝐥𝐥| 𝘟-𝘮𝘦𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora