Capitolo otto

712 52 0
                                    

- 1973 -

Quicksilver, un ragazzetto magrolino e dai capelli grigi, si voltò di nuovo a guardarci.

«Allora... quindi da qui in poi proseguo da solo. Libero Magneto e vi raggiungiamo subito».

Strinsi un braccio di Logan per attirare la sua attenzione, dato che stava già annuendo alle parole del ragazzo.

«No, un momento... sono sicura che Erik perderà un po' di tempo per andare a recuperare qualcosa che gli è fin troppo utile e prezioso».

Logan mi guardò interrogativo. Pensavo ci arrivasse da solo, visto che nel futuro non l'aveva visto una sola volta senza il suo elmetto a portata di mano.

«L'elmetto» commentò Charles, un po' seccato. Quicksilver fece un cenno affermativo col capo.

«D'accordo, recupero elmetto in programma. Ma che cos'è? È davvero così essenziale recuperarlo?»

Charles lisciò le pieghe del completo giacca e cravatta che aveva indossato, forse per camuffarsi meglio tra i membri del governo. Io l'avevo imitato, indossando una giacca nera molto formale, e una gonna dello stesso colore lunga fino al ginocchio, ma Logan non aveva rinunciato al suo tipico abbigliamento.

«Per lui lo è sicuramente, dato che con quello indosso mi è impossibile entrare nella sua mente. A dire il vero, ora come ora non potrei neppure farlo, ma lui questo non lo sa» spiegò.

Il ragazzo si strinse nelle spalle.

«Capisco. Funziona un po' come la barriera nella mente di Ivy, a quanto ho capito».

«Esattamente».

Adesso il tono di voce di Charles era amaramente divertito, come a voler sottolineare che proprio due tra le persone più legate a lui si schermavano la mente con tanta attenzione. Lo ignorai completamente, schiarendomi la voce.

«Pietro, adesso vai».

Detto fatto, in un milionesimo di secondo era già sparito.

«Speriamo bene...» sussurrai a bassissima voce, anche se Logan – dall'udito fine – mi udì.

«Deve andare bene. Anche se temo sarà difficile gestire il gruppo, con Magneto che si unisce alla compagnia» osservò. Puntai le mani sui fianchi, sorridendogli.

«Ci sono io con te».

«Questo potrebbe essere un problema. Probabilmente invece di gestirne due, dovrò gestirne tre, con te. Per non parlare di quando fermeremo Mystica».

Charles sospirò, passandosi una mano tra i capelli, dando loro una parvenza d'ordine.

«Abbiamo stabilito di collaborare».

Annuii, fermandomi davanti una porta con il codice per accedere.

«Già, e collaboreremo. E poi, cosa può andare così male? Mi raccomando Logan, taglia il filo blu» spiegai, smontando l'apparecchio, come avevamo fatto per la sala precedente.

Lui si avvicinò, annuendo col capo e fece quanto richiesto.

Un allarme cominciò a suonare impazzito, e nel tentativo di zittirlo, Logan distrusse tutto il marchingegno. Il fumo si innalzò, attivando i sensori antincendio. In men che non si dica, ci ritrovammo sotto le pioggerelline a spruzzo.
Scansai i capelli bagnati che mi si stavano appiccicando sulla faccia.

«Ehm, ho detto blu? Dovevo dire verde, dannazione. Perché ho detto blu?» cercai di giustificarmi, sorridendo carinamente. Logan mi guardò esasperato, così come Charles.

Quest'ultimo alzò gli occhi al cielo e aprì la porta. Ci trovavamo dentro la cucina del pianerottolo, e due guardie ci aspettavano con i fucili puntati contro.

Io alzai le mani, tenendo i palmi ben aperti, pronta ad innalzare delle barriere che ci proteggessero. Charles tentò di cavarsela con la dialettica.

«Signori, questo è un codice rosso... abbandonate tutto il piano... abbiamo fatto in modo che noi e i miei colleghi... possiamo controllare la situazione».

Quelle non sembrarono molto propense a lasciarci passare.

«Chi siete?»

«Ehm siamo... delle operazioni speciali.. noi... dobbiamo portarvi tutti al terzo piano, è essenziale che lo capiate, perché...»

Fu Logan a prendere in mano la situazione, mostrando gli artigli e mandandoli k.o con poche mosse. Poi si voltò con aria da figo verso di noi, rivolgendosi a Charles.

«Ah, non avevi finito?»

Era parecchio tempo che non ridevo di gusto. Certo, con tutta la faccenda delle Sentinelle, non ce n'era stata né l'occasione e né la voglia. In quel momento, però, mi sentii bene e in pace col mondo.

Non sapevo spiegarne il perché, forse per quell'attimo di complicità che con quella singola frase divertente, Logan era riuscito a creare.

Mi sentivo di nuovo la Ivy del passato, quella che sapeva sorridere in mezzo ai guai, fiduciosa di uscirne sana, salva e più forte di prima, proprio come le aveva insegnato a credere Charles, prima che capitassero quella serie di incidenti che gli avevano portato via la voglia di reagire e vivere.

E così, senza che potessi fermarlo, il mio sorriso si allargò. Tentai di coprirmi la bocca con le mani, ma il risolino strozzato che ne uscì attirò l'attenzione di entrambi.

«Scusatemi, mi ricompongo immediatamente» decretai, senza riuscire a smettere di ridere. Per istinto i miei occhi corsero a cercare quelli di Charles. Li trovarono, si incatenarono, ci sorridemmo. Mi riscossi in tempo e distolsi il mio sguardo.

Quando lo rispiai notai che aveva ancora stampato un sorrisetto sul viso. Si chinò a prendere le pistole – probabilmente, conoscendolo, avrebbe fatto di tutto per non usarle, ma in quella situazione erano la sua unica arma, essendo ormai privo di poteri – e me ne tese una.

«Pistola?»

«No, preferisco avere entrambe le mani libere».

Lui annuì.

«D'accordo, anche se servono solo per spaventarli. Io non uccido, non ne sono capace. Anzi, non sono proprio portato per la violenza!»

Lo lasciammo a blaterare, e Logan mi fece segno di avanzare. Lo sorpassai, facendogli intendere che preferivo andare io in avanscoperta. Avevo già creato una barriera davanti a me, e mi muovevo come se fosse uno scudo.

Logan avrebbe potuto tranquillamente rigenerarsi, ma perché rischiare di farsi comunque male?

Non appena varcai la soglia, sobbalzai. Erik Lehnsherr, vestito con la divisa bianca della prigione, stava giungendo proprio dall'altra parte.

|𝐓𝐡𝐞 𝐖𝐚𝐥𝐥| 𝘟-𝘮𝘦𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora