Capitolo diciotto

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-1973-

Sedevo sul letto della mia vecchia stanza, a guardarmi passivamente intorno. Analizzavo tutto con aria critica, come se fossi una semplice spettatrice, come se fossi un'estranea entrata lì per la prima volta. Il rancore, l'odio e la rabbia che avevo provato per Charles aveva lasciato il posto a una sorta di delusione bruciante. Avevo pianto a lungo, mi ero sfogata, ma invece di sentirmi meglio mi sentivo terribilmente stanca e assonnata.

Un rumore alle mie spalle mi fece voltare di scatto. Logan si grattò la nuca, con aria imbarazzata.

«Scusami, ho visto che la porta era aperta, e così... come stai?»

Mi strinsi nelle spalle, ma mi sforzai di sorridergli. Era stato carino, soprattutto contando che non era decisamente il tipo che consolava gli altri.

«Delusa. Depressa».

Lui storse il naso, divertito.

«Nah, sei solo sconsolata. Ma ci riusciremo a farlo ragionare, vedrai».

Distolsi lo sguardo.

«Non credo più in lui. Per questo me ne sono andata e non sono tornata più. Per questo ero così inquieta quando me lo sono ritrovato davanti. Io lo sapevo che non era cambiato affatto, lo sapevo che era diventato una testa di cazzo».

«Tutti sbagliamo... ma sai cosa mi ha insegnato Charles? A dare una possibilità al prossimo. Con me l'ha fatto, e adesso eccomi qua. È anche merito suo».

Mi osservai le mani.

«Logan... hai mai amato qualcuno così tanto da non respirare? Qualcuno che a volte si è lasciato sfiorare, afferrare, e che così tu hai pensato di avercela fatta, di essere giunto alla meta, di essere arrivato davvero a casa... per poi aprire gli occhi e non comprendere davvero se il suo cuore è mai stato tuo o meno?»

Lui si sedette alla sedia della scrivania, si sporse in avanti, poggiò i gomiti sulle ginocchia e intrecciò le dita delle mani.

«Sì, l'ho fatto. L'ho fatto per tutta la vita. Non che la conoscessi davvero da così tanto, ma per me la vita è cominciata da quando ho incontrato lei».

«E com'è andata a finire?»

Si fece serio. Gli lessi sul volto una muta disperazione.

«È morta tra le mie braccia».

Sobbalzai.

«Mi dispiace, scusami».

«Non hai motivo di chiedermi scusa. Invece, lascia che ti dica io una cosa. Sai cos'ho visto nel futuro? Una signora che si porta i suoi anni con tutto rispetto-» e qui si interruppe per sorridermi, e io feci altrettanto «-e un uomo saggio, forte, sempre a disposizione dell'umanità. Penso che quelle due persone avrebbero tranquillamente potuto passare insieme la vita, se solo avessero dato ascolto al proprio cuore, in passato».

Rimasi in silenzio, a riflettere sulle sue parole.

«Il trauma... La barriera che è ceduta... c'entra con lui?»

«Sì».

- 1962 –

USA contro URSS, e l'isola di Cuba nell'occhio del ciclone, influenzata e soggiogata ormai dai sovietici, lì dove stavano costruendo delle basi missilistiche. Shaw era stato capace di giocare con le sottili e delicate trame del rapporto tra le due maggiori potenze mondiali, già di per sé tesi – in quella che sarebbe stata ricordata come la Guerra Fredda - per portare a termine il suo piano. Voleva che l'umanità si annientasse, decimasse, e che lui regnasse incontrastato sulla razza mutante, a capo di un nuovo mondo. Bastava che i Russi oltrepassassero una zona limite la cosiddetta linea di quarantena, stabilita con il blocco navale deciso dal presidente Kennedy, e la Terza Guerra Mondiale sarebbe inevitabilmente scoppiata.

|𝐓𝐡𝐞 𝐖𝐚𝐥𝐥| 𝘟-𝘮𝘦𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora