Capitolo ventisei

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«Charles, sono nei guai!» esordii un mattino, dopo aver bussato al suo ufficio e atteso che mi invitasse ad entrare. Se ne stava dietro la sua scrivania, intento a leggere un libro. Lo fissai disperata e lui ricambiò con uno sguardo confuso e tenero.

Charles era tenero, maledizione. A volte i suoi occhi azzurri sembravano diventare quelli di un cucciolo, altre volte mi sembrava assolutamente sexy. Ero pazza e probabilmente era fuori luogo pensare certe cose, ma per fortuna lui non poteva leggere nella mia mente.

«Cos'è successo, Ivy?» mi domandò, abbandonando il libro e spostandosi con la sua sedia a rotelle. Fece il giro oltre la scrivania e si fermò poco distante da me in attesa che gli spiegassi tutto.

«I miei genitori hanno telefonato poco fa. Loro adesso sanno della mia natura, della nostra natura, e vorrebbero visitare la scuola. Categoricamente, hanno aggiunto».

Charles sorrise contento.

«Più che naturale. Sono davvero felice di poterli ospitare. Quando arriveranno?»

«Domani mattina...»

«Okay, farò in modo di accoglierli nel miglior-»

«Oh no, dovranno venire sul serio?»

Lo interruppi, incrociando le braccia sul petto e distogliendo lo sguardo, puntandolo sul libro ancora aperto sulla scrivania.

Lui parve non capire.

«Di cosa ti preoccupi, Ivy?»

«Siamo in tre qui... e come donna ci sono soltanto io, senza contare che non so nemmeno se Hank abbia voglia di incontrarli. Mia madre è un po' apprensiva» ammisi. Solo allora Charles parve ricordare quel particolare.

«Oh. Be', non c'è niente da temere e i tuoi genitori lo capiranno presto. Hai parlato dei tuoi poteri alla tua famiglia in così poco tempo! Sono davvero fiero di te».

Quelle parole mi fecero sentire accaldata ed ebbi la sgradevole sensazione di stare arrossendo. Per camuffare quel mio stato d'animo -il cuore aveva già aumentato il suo ritmo- camminai verso la finestra, affacciandomi a guardare fuori. Il tempo era molto bello, il sole splendeva alto, le cicale cantavano e Charles era alle mie spalle.

«Loro volevano sapere come fosse successo. Non l'avevo mai raccontato ad alta voce prima, forse perché nessuno sapeva di me fino a qualche settimana fa e perché nessuno me l'aveva mai chiesto».

«Ivy... ti va di raccontarmi cos'è successo? Cos'è che ha scatenato la prima manifestazione dei tuoi poteri mutanti?» domandò, diminuendo le distanze. Rimase in silenzio ad aspettare che prendessi una decisione. Raccontargli o meno di quel momento particolare della mia vita, momento particolare della vita di ogni mutante, era una scelta soltanto mia.

Lo apprezzai molto. Charles era sempre stato così, del resto. Mai invadente, mai fuori luogo, mai ingombrante. Ti guardava con quei dannatissimi occhi azzurri -ai quali bisognava avere davvero un cuore di pietra per potervi resistere- e ti faceva capire che lui era lì per te. Sempre.

Ed io avevo voglia di raccontargli tutto. Avrei voluto dirgli ogni cosa, svelargli ogni mio segreto e lasciargli scorgere ogni mia emozione, ma per quanto lo desiderassi era evidente che non fossi pronta. A testimoniarlo c'era quella barriera nella mia mente che non riuscivo ad abbassare nemmeno per un attimo.

Lui lo sapeva, e per questo attendeva in silenzio una mia reazione.

«Avevo quattordici anni quando successe per la prima volta. Ero in campagna dai miei nonni, i genitori di mio padre, e stavo aiutando mio nonno a riparare l'antenna sul tetto. Due completi incoscienti, entrambi eravamo saliti senza alcuna protezione. Loro avevano un gatto di nome Chuck. Nero, in forma e con un bel paio di occhi verdi. Adorava sgattaiolare sul tetto...»

Feci una pausa, per creare un po' di mistero.

«E così, mentre gli passavo gli attrezzi per sistemare l'antenna -in realtà non aveva bisogno di me, ma io volevo a tutti i costi salire sul tetto e guardare il paesaggio- Chuck spuntò accanto a me con un balzo, facendomi saltare per lo spavento. Lui però si è spaventato anche più di me, non dimenticherò mai quel suo miagolio terrorizzato! È stato un attimo, sono scivolata fino a quando non ho sentito più le tegole sotto i piedi, e sono cascata giù. Istintivamente aprii le mani, non so neppure io come ho fatto, ma l'istante dopo mi sembrò di attraversare una superficie d'acqua verde e blu. Provai la tipica strana sensazione, con quel risucchio che riempie e ovatta le orecchie. Però non c'era la sensazione del bagnato. Avevo creato la mia prima barriera... prima di finire dritta nella piscina che aveva costruito mio cugino.

Quel giorno io e mio nonno finimmo ricoverati all'ospedale. Io per dei semplici controlli, anche se non mi ero praticamente fatta niente essendo finita in acqua, e mio nonno per lo spavento preso. Mentre mi trovavo all'ospedale ho smesso di pensare a quanto era accaduto, credevo che la mente mi avesse giocato un brutto scherzo. Poi, però... rimasta sola per qualche minuto ho aperto una mano, e ho riprovato a farlo. Una piccola barriera ha cominciato a espandersi sotto il mio sguardo sbarrato e incredulo. Non era normale, nessuno poteva fare quelle cose, continuavo a ripetermi.

Ne avevo paura. Non dissi niente a nessuno dei miei poteri, temevo di essere giudicata, guardata con disprezzo e paura, perché ero diversa. Ed ho continuato a vivere nascondendo la mia natura mutante in questo modo fino a quando non ho incontrato te ed Erik in quella discoteca».

Mi voltai per guardare Charles e, con mia enorme sorpresa, lui stava trattenendo il riso. Appena si vide scoperto capì che era inutile mentire, così si lasciò andare ad una risatina, abbassando un po' il capo e scuotendolo un po'.

«Scusami. È che sono felice che tu non abbia avuto un orrendo trauma che ha portato i tuoi poteri mutanti a manifestarsi per la prima volta».

«Già, è vero. Purtroppo ad alcuni capita in questo modo. A causa della morte di qualcuno di caro, oppure quando si tratta di ragazzini e ragazzine vittime di incidenti o ingiustizie».

«Esatto, ma tu, Ivy, tu sei scivolata giù da un tetto e finita in una piscina per colpa di un gatto».

Ridacchiò ancora.

«È proprio nel tuo stile».

|𝐓𝐡𝐞 𝐖𝐚𝐥𝐥| 𝘟-𝘮𝘦𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora