Capitolo quarantuno

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Quando aprii gli occhi percepii una fitta lancinante al capo che mi fece fare subito una smorfia. Provai a guardarmi intorno, realizzando immediatamente di essere premuta contro un muro gelido, con le braccia alzate sulla testa e i polsi incatenati al muro.

«Ti sei svegliata, finalmente» commentò una voce dal tono seccato. La voce di Betsy. Mi sentii invadere dalla rabbia e dal risentimento mentre sollevavo lo sguardo su di lei. Mi stupì trovarla imprigionata nella mia medesima posizione, di fronte a me. Il continuo traballare mi fece intuire che ci trovavamo in viaggio sul furgone. Il bambino mutante di dieci anni si trovava sdraiato su una barella, legato e senza conoscenza.

«È vivo?!» domandai allarmata, sgranando gli occhi.

«Sì, è stato semplicemente sedato».

«Ci hai ingannati! E perché sei in catene anche tu?»

«Posso spiegare-»

«Oh, ma davvero, puoi spiegare! E credi che adesso io ti dia ascolto? Dov'è Bestia?!» esclamai, guardandola in cagnesco. Lei rimase impassibile.

«Non è qui».

«E allora dove?»

«L'ho lasciato lì dov'è svenuto. Stammi a sentire: sto osservando i Purificatori da molto tempo, e ho scoperto delle cose orribili. Non si limitano a rapire i mutanti per poi ucciderli, li rinchiudono in qualche laboratorio e conducono degli esperimenti su di loro!»

L'ascoltai di mala voglia, senza riuscire a fidarmi delle sue parole.

«Per quale ragione ci hai colpiti?»

«Questa locazione è sconosciuta, e nemmeno con la mia telepatia sono riuscita a scoprire dove si trova. I Purificatori hanno addosso dei dispositivi che rilasciano strane onde magnetiche che indeboliscono o addirittura annullano i nostri poteri. Dev'essere opera di Jason Stryker» spiegò, guardandosi la punta delle scarpe. 

«Volevo assolutamente venire qui, e ho pensato che l'unico modo per riuscirvi fosse quello di fingere una collaborazione: io avrei aiutato a purificare New York dai mutanti, e in cambio sarei diventata una di loro, invece che una loro preda. Per conquistarmi la loro fiducia avrei dovuto portar loro un pesce grosso, uno degli X-men, così ho organizzato tutto e sono venuta alla scuola di Xavier, ho osservato la situazione e ho capito che potevi essere la mia esca».

Mi morsi un labbro.

«Perché?»

«Per via della barriera che hai nella testa! Ti avrei rapita e consegnata a loro, e Charles Xavier non avrebbe potuto rintracciarti in alcun modo, poiché la tua mente è schermata. Quanto a rintracciare me, be' sono una telepate anch'io, posso impedirgli di entrare nella mia testa. Tu poi però hai portato con te il bestione, ed è per questo che l'ho lasciato lì senza sensi: sarebbe stato facile ritrovarlo, per Xavier».

Inarcai un sopracciglio, con l'intento di provocarla.

«Ma qualcosa è andato storto, giusto? Ti hanno ingannata, perché anche se sei una traditrice e codarda, per loro resti sempre una mutante».

«Non sono una traditrice né una codarda, faccio solo quello che posso per salvaguardare quelli come noi. Ma immagino di sì, per loro sono anch'io qualcosa che infetta questo mondo» convenne, smorzando il tono. Restammo per qualche istante in silenzio, senza sapere cosa fare o cosa dire, e alla fine sospirai.

«Va bene, inutile lamentarci, quel che è fatto è fatto, adesso aspettiamo di arrivare alla loro base».

«Sì...»

«In fondo raggiungerla non era quello che volevamo?»

Betsy inarcò un sopracciglio.

«Sei ottimista come il tuo professore, lui ti sta cambiando».

Oh, lo so. Lui mi sta cambiando e in meglio. E in questo momento non sento alcun tipo di paura. Sono fasciata dalla mia sgargiante tuta da X-men gialla e nera, e l'unica cosa che riesco a pensare è di andarcene via di qui il più presto possibile, perché voglio tornare da Charles.

«Riesci a fare qualcosa con la tua telecinesi?»

Betsy scosse il capo.

«No, anche in questa cella c'è questo strano campo magnetico... una scocciatura».

«Va bene, ci toccherà improvvisare».

Il viaggio andò avanti per molto, tra curve e sentieri di montagna ciottolati. Alla fine, dopo qualche ora, il furgone cominciò a decelerare e io e Betsy ci scambiammo uno sguardo d'intesa. Restammo in silenzio fino a quando due uomini armati non aprirono le portiere sul retro del furgone, salendo a bordo e guardandoci con aria soddisfatta. Senza dire ancora nulla, uno di loro si caricò il bambino sedato e senza sensi sulle spalle, mentre altri due si avvicinavano a noi. I restanti ci puntarono le loro armi contro.

«Non vi ribellate, o i nostri colleghi non ci penseranno due volte a sparare» commentò uno di loro, mentre apriva le due catene di ferro e mi bloccava i polsi con un paio di manette, mentre un altro faceva la stessa cosa con Psylocke. Il Purificatore mi spintonò fuori dal furgone, rischiando di farmi cadere. Mi voltai indietro verso l'altra e quello mi tirò un ceffone.

«Cammina e non guardarti intorno».

Avvertii Psylocke cercare di attaccare la mia barriera mentale, e capii che quello era il segnale. Lì fuori dal furgone non c'era quel dannato campo magnetico ad annullare i nostri poteri, l'unica minaccia erano le armi che ci puntavano contro. Fulminea alzai entrambe le mani ammanettate e creai due barriere respingenti, una attorno a me e una attorno a Psylocke.

Questo sì che è uno sforzo enorme: le barriere a distanza mi prosciugano ancora le energie, ho bisogno di molto più allenamento...

I Purificatori cominciarono a sparare a raffica, e una miriade di proiettili urtò contro le mie barriere, ferendoci le orecchie per il frastuono. Sembrava che qualcuno stesse scaricando un mitragliatore su una cupola di vetro indistruttibile!

Psylocke cercò di farsi udire sopra tutto quel pandemonio.

«Questa non è la loro base, questo è solo uno dei loro covi, maledizione!» esclamò, lanciando un'occhiata alla piccola struttura che si trovava di fronte a noi, in una zona di alta montagna. Utilizzò il suo potere per creare due lame violette di pura energia telecinetica, e si scagliò sui nemici. Notai subito che era molto brava nel corpo a corpo, avrebbe potuto tranquillamente tenere testa a Raven.

Purtroppo il capo mi doleva ancora per il colpo a tradimento di prima, e la barriera a distanza diventava troppo difficile da mantenere attiva.

«Fa' presto, non ce la faccio più!» esclamai, strizzando gli occhi. Psylocke intensificò la velocità del suo combattimento, mentre quattro dei due uomini erano già caduti a terra privi di coscienza.

La barriera cominciò a cedere fino ad annullarsi. Prima la sua, poi la mia. Mi toccai sotto al naso, sentendo il sangue colare per lo sforzo, e uno dei due uomini mi colpì alla nuca con il calcio del fucile.

Eh già, di sicuro quella era una pessima giornata.

|𝐓𝐡𝐞 𝐖𝐚𝐥𝐥| 𝘟-𝘮𝘦𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora