Capitolo quarantasei

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-1972-

La cerimonia era ben allestita e piena di gente. I colori dell'America apparivano ovunque, tra striscioni e bandiere. Io, Logan, Charles ed Hank ci eravamo camuffati tra la gente, un po' distanti gli uni dagli altri, per poter tenere sotto controllo la situazione. 

C'erano centinaia di persone, e Mystica poteva essere ognuno di loro. Dalla mia postazione riuscivo a scorgere la figura di Charles. Due dita erano puntate sulla tempia, e continuava a guardarsi intorno da sotto le lenti scure che indossava. Stava frugando tra tutte quelle menti alla ricerca di Raven. Era la nostra ultima possibilità di fermarla, e non potevamo lasciarcela sfuggire.

Il presidente tenne il suo discorso, che cercai di ascoltare il meno possibile. A volte la pensavo come Erik, anche se non condividevo i suoi metodi o atteggiamenti. Però... in quel momento mi sentivo a disagio. Ero imbucata in una cerimonia destinata a promuovere le Sentinelle, organi pronti a uccidere tutti i mutanti, compresa me e le persone che amavo. 

Molti dei miei amici – tra cui Banshee – erano già morti, altri avrebbero fatto la stessa fine. Ero Americana, ma non mi sentivo parte di quell'Unione. Anzi, ne sarei stata cacciata, perseguitata, fino alla distruzione della mia razza. L'enorme telo posto dietro il Presidente e i membri del Governo fu lasciato scivolare via, e otto enormi prototipi di Sentinelle svettarono contro il cielo.

Erano meno tecnologici, diversi da quelli dell'oscuro futuro che tentavamo di scongiurare, ma solo perché non avevano ancora catturato Mystica, e non si erano dunque appropriati dei segreti del suo potere mutante. La gente applaudiva, la donna di mezza età seduta accanto a me le guardò stupita, con degli occhi così meravigliati che me ne sentii nauseata.

È questo ciò che pensano? Che sia un gioco? Quelle Sentinelle uccideranno mutanti e anche umani... quelli umani che potrebbero avere una discendenza mutante. La gente non è affatto cambiata nel futuro. Fino a quando non hanno cominciato a morire anche loro, ci hanno trattati come mostri. È così che ci vedono anche in questo momento. Pensano che questi stupidi aggeggi infernali possano difenderli, proteggerli. Non si rendono conto che spesso siamo noi a doverci difendere da loro e dalla concezione del diverso che ci pesa addosso.

Rivoltai lo sguardo verso Charles. Lui ci credeva. Credeva e sperava in una coesistenza e convivenza armoniosa tra umani e mutanti. Ci credeva così fermamente, che per riflesso lo facevo anch'io. Del resto, la sua speranza era anche germogliata, e aveva dato dei frutti, no? Bastava guardare Logan. Bastava guardare gli X-men. Quelli del futuro, ma anche quelli del passato, quelli di cui avevo fatto parte anch'io. Sì, qualcuno si era perso per strada, come Angel, e dopo Raven, ma Charles era stato capace di unirci. E noi stavamo salvando il nostro mondo insieme, passato e futuro. 

Non era forse la speranza di Charles che si rendeva concreta e reale? 

Un frastuono improvviso mi richiamò all'attenzione. Le Sentinelle si stavano innalzando in volo, e avevano cominciato a sparare sulla folla. Tutti cominciarono a correre e a urlare, in preda al panico. Corsi verso Charles, e cercai con lo sguardo gli altri, senza riuscire tuttavia a scorgerli.

 «Charles!»

«Ivy!» esclamò lui, non appena gli fui accanto. Mi strinse per un braccio. «Questa è opera di Erik... solo lui sarebbe stato in grado di manomettere le Sentinelle!» 

Stavo per rispondergli, ma ciò che vidi mi fece morire le parole sulle labbra. Alzai inorridita il capo, e Charles seguì il mio sguardo. Nel cielo, ciò che rimaneva di uno stadio si avvicinava lentamente a noi, con Erik al centro. Indossava l'elmetto, dunque Charles non avrebbe potuto fare niente. Divenne sempre più grande e più vicino, fino a quando capii che stava scendendo verso il basso. Parte della massa gravava sul nostro capo. 

«No no no no no...» blaterava Charles, mentre cercavo di spostare la sedia a rotelle. Purtroppo pietre e rottami avevano già cominciato a cadere, e uno di essi si era impigliato tra le ruote. Per quanto mi sforzassi di spostarlo, non ci riuscivo. 

«Via, Ivy, vattene!» urlò alla fine, quando l'ombra scura già si delineava sulle nostre teste. Mi parai con un braccio e crei velocemente una barriera respingente. Lui si lanciò dalla sedia a rotelle, rotolandosi un po' più in là, mentre uno dei massi mi franava addosso. Non avrei resistito molto, perché era troppo pesante e la barriera non era abbastanza potente, senza contare che mi sentivo in pericolo. 

Il cuore mi batteva da morire, e la preoccupazione per la sorte di Charles, che in quel momento mi sembrava maledettamente indifeso, senza l'uso delle gambe, mi portava a perdere la concentrazione. Dovevo innalzare una barriera per lui. Feci scivolare il masso di lato e, mentre molti altri ci investivano, mi gettai sul suo corpo, proteggendo entrambi con una nuova barriera, eretta con tutte e due le mani e con un notevole sforzo di pura energia. 

Ero indignata, furiosa, mentre notavo Erik circondato dalle Sentinelle. 

Sì, era stato decisamente lui a manometterle. 

Si fermò in mezzo a quel caos, noi circondati dall'enorme stadio, una marea di massi sparpagliati su ciò che rimaneva di un prato verde e curato, e una centinaia di sedie bianche sopravvissute all'attacco. 

Non ci vide. Non poteva vederci, dal momento che eravamo praticamente nascosti dalle macerie. Quando fui sicura che niente venisse più giù dal cielo annullai la barriera, con un sospiro di stanchezza. Mi tastai la testa, poiché mi girava un po' a causa dello sforzo subito.

«Ivy...» esordì Charles. Il suo tono di voce era preoccupato, e non per la mia salute, ma per la mia reazione. E faceva bene ad esserlo, perché mi conosceva, e sapeva che ero molto arrabbiata.

«Quello stronzo... ingrato, imbecille, idiota! Avevo ragione, fa sempre di testa sua! Io gli spacco la faccia... io gli spacco il-»

«Ivy, calmati!»

«No! Io...»

Le parole che Erik rivolse alle Sentinelle, mi zittirono immediatamente. Avevo sentito bene? Fate quello per cui siete state create?!

«Charles...» mugolai, sgomenta. Le Sentinelle avevano individuato Logan e Hank, che balzarono all'interno dell'area delimitata dallo stadio, e ingaggiarono una lotta contro di loro. Hank era diventato Bestia, e balzava da una maceria all'altra, cercando di schivare i proiettili nemici. 

Logan, invece, aveva estratto i suoi artigli e tentava un corpo a corpo.

«Non possono farcela da soli... Charles, resta qui, non farti vedere, non fiatare, non-» cominciai a parlare a raffica, inquieta, mentre mi scrollavo la polvere di dosso e uscivo allo scoperto, incurante della manica di pizzo strappata, della gonna stropicciata e dell'acconciatura rovinata.

Corsi e stesi le braccia in avanti, aprendo bene i palmi delle mani. Volevo creare delle barriere protettive per loro ma, nel frattempo, si erano divisi. Restai impalata per qualche istante, indecisa sul da farsi. Mi voltai verso Hank, che stava cercando di distruggere una Sentinella staccandone a morsi i cavi elettrici. 

Poi mi voltai verso Logan, che stava schivando tutto ciò che di metallico Erik gli lanciava contro. Per istinto scelsi Hank, poiché mi sentivo maggiormente legata a lui. Così, non appena la Sentinella lo sbalzò via, attutii la caduta con una barriera. 

Purtroppo il mio gesto attirò l'attenzione del nemico, che mi scaricò addosso una serie di proiettili. Incrociai le braccia a x, innalzando una barriera assorbente. Strinsi i denti, ringhiai per lo sforzo e indietreggiai sotto i colpi, ma non mi lasciai sopraffare. 

Non potevo permetterlo, né di morire, né di fallire la missione. I proiettili cadevano inermi sul suolo, non appena venivano risucchiati dalla mia barriera. Sembravano tanti sassolini che scomparivano oltre la superficie dell'acqua.

|𝐓𝐡𝐞 𝐖𝐚𝐥𝐥| 𝘟-𝘮𝘦𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora