Capitolo Quattordici

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Bonnie's POV.

« Kelsy, riesci a stare in piedi?»

Il mormorio confuso che scappa dalle sue labbra mi lascia intuire la risposta e scuotendo il capo afferro le sue braccia, invitandola ad aggrapparsi al mio corpo. È ubriaca fradicia ma non mi aspettavo diversamente, non dopo una serata come questa all'insegna dei giochi alcolici. Il fatto che la debba trascinarla su per le scale, ogni volta, è un'impresa ardua e sfiancante. Non è di certo una passeggiata sollevare un corpo morto, soprattutto se fisicamente è più pesante di me.

I tacchi picchiettano sull'asfalto, provocando un rumore continuo che si mescola con i suoni armoniosi della notte. Lancio diverse occhiate alla facciata di casa mia, sospirando di sollievo quando noto che al piano superiore, e inferiore, le luci sono spente; segno che i miei genitori sono già andati a dormire da un pezzo, anche se alle tre del mattino non mi aspetto il contrario.

Jennifer, essendo a conoscenza dei nostri orari leggermente esagerati, si premura di lasciare la porta sul retro aperta, costantemente controllata dal giardiniere, meglio chiamato portinaio o semplicemente Jeremy.

Jeremy è una sorta di nonno acquisito, nonché marito di Jennifer. Le uniche due persone sulla quale possa contare, le uniche due persone che considero più vicine ad una famiglia. Si occupano dell'intera villa ventiquattro ore su ventiquattro, quasi come se fosse di loro proprietà e fondamentalmente lo è, se non fosse per il fatto che per lo stato appartenga ai miei genitori.

Raggiungo la porta, anche se con fatica, trascinando con me Kelsy, la quale sonnecchia sulla mia spalla tranquillamente, sbavando di tanto in tanto.

Ruoto gli occhi al cielo abbassandomi sulle ginocchia. Sfilo i suoi tacchi lasciandoli in un angolo e, senza causare ulteriori rumori, sfilo anche i miei. Kelsy, in tutto ciò, dorme beatamente e spero continui così, perché se si svegliasse la probabilità che possa vomitare in salotto è alta.

Un'esperienza che non voglio certamente ripetere.

« Mi regali le Louboutin nere? O rosse, non fa differenza», farfuglia sbavandomi sul collo. Arriccio il naso, disgustata. « Merda, le Jimmy Choo… Niente Louboutin, voglio le mie amate Jim-», strilla, colpendomi mollemente sulla schiena. Le tappo la bocca, evitando così che sia lo strillo, che la sua risata sguaiata, venga sentita dall'altra parte del globo.

I miei genitori non sono a conoscenza della realtà dei fatti, non sanno che frequento locali del genere e che mi capita di bere qualche bicchierino, talvolta di troppo. Credono che passi le mie intere serate insieme a Kelsy, in casa, tra studio proficuo e film noleggiati. Certo, Netflix ha sostituito da molto tempo il noleggio dei film, ma considerata la mentalità arcaica dei miei genitori sarebbe anche inutile spiegarne la differenza.

« Forza, aggrappati, se i miei genitori dovessero scoprirc-»

« Signorina, cosa fa ancora qua sotto?», sobbalzo al bisbiglio di Jennifer e per un attimo la presa su Kelsy mi scivola via. Fortunatamente, riesco ad afferrarla in tempo ed un sospiro di sollievo scappa dalle mie labbra.

« Cavoli, Jennifer, mi hai spaventata», sorrido, decisamente sollevata dal fatto che non mi abbia beccata lei e non i miei genitori. « Sto cercando di trascinarla al piano di sopra, ma è praticamente impossibile», borbotto sbuffando.

La donna si avvicina e senza pensarci due volte la afferra da un braccio, alleggerendo il peso sulle mie spalle. Da una parte mi dispiace che venga trascinata in questi drammi notturni, ma dall'altra non ha la minima idea di quante volte mi abbia salvata dai problemi.

« Grazie, Jennifer». Mi sorride come se non le abbia appena chiesto niente di così difficile ed esagerato e ricambio, un po’ dispiaciuta.

Raggiungiamo la mia camera e dopo pochi minuti, passati per lo più ad adagiare Kelsy sul mio letto, Jennifer abbandona queste quattro mura, non prima di avermi augurato la buonanotte.

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