Capitolo Trentacinque

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Bonnie's POV.

"Mi accompagni in un posto?"

Noah mi osserva con lo sguardo corrucciato, con le mani ad agguantare il mio viso arrossato e con uno strano luccichio ad attraversare i suoi occhi neri; sembra pensieroso.

Le sue iridi scure per la prima volta sono leggibili e non indecifrabili. Adesso, più che mai, so per certo quale sentiero stanno percorrendo i suoi pensieri.

In questi mesi ho avuto a che fare con i suoi lunghi silenzi, con i suoi comportamenti talvolta contraddittori, con i suoi modi sgarbati e, in alcuni casi, anche gentili… Ho cercato di capire il perchè dei suoi modi bruschi e prevenuti, senza alcun risultato.

Ho cercato di capire lui.

Noah, però, non mi ha mai dato la possibilità di farlo, non mi ha mai dato l'opportunità di entrare nella sua vita. Piuttosto, innalzava un muro invalicabile tra me e lui.

Un muro apparentemente indistruttibile.

Questa sera, però, qualcosa sembra essere cambiato.

Non c'è più traccia del Noah scorbutico e distante. Non indossa più la solita maschera da ragazzo irraggiungibile.

Stasera, a qualche centimetro di distanza dal mio viso, c'è solo Noah Miller; un ragazzo dai mille problemi e della mille fragilità.

Un ragazzo che soffre la mancanza della madre e, in maniera contorta, la perdita inesorabile del padre. Un ragazzo che farebbe di tutto per rendere felice la propria sorella e che preferirebbe morire piuttosto che vederla piangere e soffrire.

Avevo già avuto un piccolo assaggio del rapporto burrascoso che lo lega al padre. Ricordo ancora i suoi occhi infuocati alla vista di quell'uomo in casa sua e la violenza con la quale lo cacciò via.

Lui non lo voleva lì, insieme a Layla e nella sua, o meglio loro, quotidianità.

E, sebbene mi trovassi in quella posizione alquanto scomoda, tra le urla e le minacce, i pianti della bambina e lo sgomento ad appiccicarsi al mio volto come una seconda pelle… non mi sono mai permessa di andare oltre, di superare quel limite che implicitamente Noah aveva imposto sin dall'inizio.

Così, presi la bambina e la portai in camera e qualche ora dopo feci finta che non fosse successo nulla.

Non mi aspettavo, però, che mi raccontasse una parte così importante della sua vita con tanta fluidità, come se fossi un'amica di vecchia data e non una semplice ragazza conosciuta solo qualche mese prima.

Eppure è successo.

Noah Miller mi ha reso partecipe, ha scelto di aprire un minuscolo varco e mi ha permesso di entrare in punta di piedi nel mondo caotico che è la sua vita.

Ed io non mi sento di allontanarlo, né di rimanere ferma e inerme ad osservare anziché agire.

« Che posto?»

« Un posto segreto. Tutti ne abbiamo uno, no?», replico indietreggiando di qualche passo. « Un posto in cui nascondersi quando qualcosa va' storto, in cui scappare quando la vita sembra prendersi gioco di te. Il luogo in cui ti rifugi quando sei triste, amareggiato e… deluso», mormoro sollevando lo sguardo. Noah mi osserva e mi ascolta, forse mi ascolta veramente per la prima volta. Nessuna battuta pungente, nessuna risata derisoria.

Solo silenzio.
Puro e dolce silenzio.

Infila le mani dentro le tasche della giacca e scrolla le spalle. « Non io», ammette, forse vergognandosi un po'.

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