Capitolo Otto

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Noah's POV.

« Quando arriviamo?»

Layla sbuffa un lamento frustrato ed incrocia le braccia al petto, ripetendo per l'ennesima volta la stessa domanda di cinque minuti fa. Appoggia la nuca al sedile guardando la strada davanti a sé, impaziente di arrivare a destinazione.

Ruoto gli occhi al cielo ma non posso fare a meno di incurvare le labbra in un mezzo sorriso.

« Smettila di fare la bambina. Non è la prima volta che ti porto con me» la riprendo non troppo seriamente, guadagnandomi una linguaccia infantile.

« Lo so ma non vedo l'ora!» esclama battendo le mani ritmicamente, sorridendo eccitata.

Quello che faccio quasi tutte le sere, salvo per le volte in cui lavoro assiduamente, non è un mistero per Layla. Non mi piace nascondere le cose, anche se esistono determinate situazioni che ancora oggi non conosce, e tanto meno mentire spudoratamente, ma è pur sempre una bambina e certe cose richiedono un certo tatto. Quello che praticamente manca al sottoscritto.

Il fatto che sappia dove mi rifugio tutte le volte, è solo un modo per rassicurarla ulteriormente.

La morte di nostra madre ha innescato in lei una sorta di sindrome dell'abbandono. Questa profonda paura è difficile da mandar via. Il suo costante bisogno di affetto, di protezione, di amore, i crolli emotivi frequenti, non sono altro che conseguenze che con il tempo sto cercando di toppare al meglio. Non è stato facile trovare un modo, un equilibrio di vita, non è stato facile per un ragazzino, che non sapeva nemmeno cosa fosse la paura, trovare un modo per colmare quel vuoto che aveva dentro di sé. Non avevo idea di cosa fare, come cominciare... Layla è sempre stata una bambina difficile e non semplice da gestire. La perdita della figura più importante della sua vita l'ha distrutta e ci sono voluti anni prima di arrivare a questo punto. Vorrei poter dire che le sedute dallo psicologo servono, vorrei poter dire che il tempo è in grado di cicatrizzare le ferite e vorrei poter dire che tutto si supera, sebbene le difficoltà che ammontano tenteranno sempre di schiacciarti... ma non è così. Per Layla non è stato così.

Ricordo bene il suo atteggiamento schivo, i suoi occhi verdi così intensi ma vuoti e la paura di ancorarsi a qualcuno per il terrore di perderlo l'istante dopo. Chiudersi a riccio non è mai un buon segno, eppure quel guscio vuoto sono stato costretto a viverlo. Puoi tendere la mano, puoi almeno provarci ma ciò che fai, in realtà, è fissare inerme tutto quello che accade attorno a te. Mia sorella è la mia famiglia, tutto quello che mi rimane e mi ci son voluti anni prima di vedere i primi cambiamenti.

Adesso sorride, parla, mi abbraccia. Siamo legati in una maniera quasi surreale e mi va bene così. Farei di tutto pur di vederla sorridere, pur di vedere i suoi occhi brillare, anche barattare la mia felicità, se necessario.

« Devo farti la solita ramanzina?»

Layla arrossisce visibilmente inarcando un sopracciglio.

« Non sono più una bambina» borbotta.

« Ho i miei dubbi...» ribatto risoluto. « È troppo grande per te, potrebbe essere tuo padre!»

« Ethan ha la tua età! Ed io ho nove anni!» puntualizza come se avere una cotta per un ragazzo che ha il doppio dei suoi anni, se non di più, sia assolutamente normale e non una follia.

Le lancio un'occhiataccia ammonitiva ma non sembra proprio suscitare alcun effetto.

« Ti sei risposta da sola. A nove anni dovrebbero interessarti ragazzini della tua età» svolto a destra imprecando contro un vecchio. « Non farmi incazzare, Layla, ti conosco meglio di quanto io conosca me stesso»

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