Capitolo Trentanove

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Noah's POV.

« Noah! Un'altra cassa di prosecco! Quel gruppetto di teste di cazzo chiede altre bottiglie»

Grugnisco infastidito osservando il privè poco distante dalla console; i quattro tipi ubriachi che ridono sguaiatamente stanno urtando il mio sistema nervoso da ben due ore, e non solo.

« Non fare quella faccia, manca poco ormai» sibila Billie, reprimendo un sorriso divertito nel vedere il mio volto rabbuiarsi. « Le ultime bottiglie e poi, che se ne vadano affanculo!»

Billie Joe è un ragazzo di appena vent'anni, con un figlio di due anni da dover accudire e una relazione sentimentale andata male. La madre, infatti, pochi mesi dopo aver dato alla luce il figlio, mollò la sua famiglia in tronco - perché, a detta sua: " si sentiva soffocare, non sentiva quell'innato istinto materno" - lasciando nelle mani di un Billie diciottenne la vita di un neonato.

Quest'ultimo, sebbene non avesse alcun tipo di esperienza, terrorizzato dalle innumerevoli responsabilità e abbandonato dal resto della sua famiglia, scelse ugualmente di fare il grande passo. 

Certo, vestire sia i panni del padre che della madre non sarà stata una passeggiata, ma ad oggi, nonostante le innumerevoli difficoltà si ritiene un uomo felice a cui non manca nulla, che stravede per il figlio e che farebbe di tutto pur di non fargli mancare niente.

D'altra parte, è assurdo come una donna, anzi una madre, possa abbandonare il proprio figlio, sangue del proprio sangue, senza percepire alcun tipo di sofferenza e dolore all'atto del distacco. E dopo, nei mesi e negli anni avvenire.

« Affanculo, eh?» 

« Be'? Cosa credi? Non ho intenzione di tornare a casa alle sei del mattino, ho pur sempre un bambino che mi aspetta» asserisce, giustamente, anche se la facciata da duro non gli si addice per nulla. « Anche a me stanno sul cazzo questi figli di papà, ti pare! Con tutti i soldi che spendono quotidianamente a bevute e feste di ogni tipo potrei benissimo comprarmi un'auto nuova di zecca!»

Billie è paziente, cordiale, ha un carisma notevole; è tutto, fuorché burbero e scontroso.

È assai divertente, quindi, sentirlo inveire con quell'aria minacciosa, se così vogliamo chiamarla.

« E non guardarmi così. La tua situazione è assai diversa» aggiunge, poi, assottigliando lo sguardo.

« Non poi così tanto».

Distolgo lo sguardo puntandolo altrove. 

« E invece è qui che ti sbagli»

Sento la mano di Billie appoggiarsi sulla mia spalla, con fare fraterno. « È vero, se solo lo volessi potresti navigare nell'oro e asciugarti il culo utilizzando bigliettoni da cento ma tu, amico mio, non sei minimamente paragonabile a quelle fecce umane. Sei uno dei pochi amici che ho e che in questi due anni mi è rimasto accanto, nonostante tutto. Dopo Nate… dopo la nascita di mio figlio tutti i miei cari amici si sono volatilizzati nel nulla» una risata amara scappa dalle sue labbra. « Quindi, no, Noah, non sei minimamente uguale a quei tizi lì».

Esiste il marcio, Billie. Esiste il marcio che ognuno porta dentro di sé.
Uno squarcio invisibile ma percepibile da ogni particella del nostro corpo. Della nostra anima.
E io ce l'ho dentro. Non è facile scovare del buono, in me, se esso è nascosto sotto cumuli di peccati, di colpe.

« Quelle facce di merda spariranno prima del previsto» pronuncio quasi a fatica, abbozzando un sorriso, prima di voltare le spalle e scendere giù nello scantinato.

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