Capitolo Trentasei

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Scendo pigramente le scale trascinando i miei piedi in cucina. Il mio viso si contorce in una smorfia di sofferenza nel momento in cui sollevo la testa.

Mi sta letteralmente scoppiando ed è tutta colpa di Kelsy e le sue assurde idee.

E poi ho anche fame.
Lo stomaco sembra un trattore ed è abbastanza imbarazzante.

Entro in cucina strofinando gli occhi socchiusi prendendo posto a fianco di mia cugina, intenta ad inzuppare un biscotto al cioccolato.

La tazza di latte fumante emana un profumo dolciastro e lo stomaco, se possibile, brontola ancora di più.

« Buongiorno, cugina», borboglia sputacchiando qualche briciola qua e là.

Solleva gli occhi bloccando le iridi luminose e allegre sul mio volto stravolto.

« Stai proprio una meraviglia, eh!»

È come se le sbronze non le facessero alcun effetto! Non ha nemmeno un accenno di occhiaie.

Sorrido forzatamente. « Sì, proprio una meraviglia», scimmiotto afferrando la tazza anch'essa piena quasi fino all'orlo del liquido biancastro. 

« Sei una musona, dovresti divertirti di più»

« Esistono altri modi per divertirsi », ubriacarsi fino a vomitare l'anima e il cenone di Natale di tre anni fa non rientra tra i modi fantastici per divertirsi.

« Hai partecipato, però », mi fa notare.

« Mi hai costretta», replico con stizza, addentando un biscotto sotto il suo sguardo divertito.

« Questi sono piccoli dettagli, lo sai. E poi hai incontrato Carter, il tuo amico. Insomma… una serata piacevole», ribatte con un tono malizioso.

E non mi piace per niente.

« So a cosa stai pensando e non è così», la ammonisco puntandole il dito contro. 

Fa spallucce guardandomi con aria innocente. « E tu che ne sai di cosa sto pensando?»

« Ti conosco», replico ovvia.

« È figo»

« Kelsy...» 

« Sguardo penetrante, sorriso strappamutandine...», sussurra con aria allusiva e maliziosa. « Un bel bocconcino, non trovi? E poi sembrava molto interessato. Secondo me gli piaci»

« Abbiamo parlato solo qualche volta, è impossibile. È un mio collega di corso e rimarrà tale» replico, già stufa di parlare, ingoiando l'ultimo pezzetto del buonissimo biscotto al cioccolato. « Adesso, devo andare a studiare. Ho un esame tra meno di una settimana e non ho intenzione di perdere tempo dietro ai tuoi stupidi film mentali».

Carter è un bravissimo ragazzo ed è, forse, l'unico quasi amico con il quale abbia instaurato un quasi rapporto di amicizia. 

Non ho mai avuto tanti amici. Non perché fossi timida e mi trovassi in difficoltà ma perché sin dall'inizio ho sempre compreso quali fossero i reali motivi per cui mi volessero al loro fianco. 

I soldi? Certo.
La fama? Soprattutto.

Avrei potuto fingere che tutto questo mi andasse bene. Avrei potuto appropriarmi del buon nome dei miei genitori per entrare a far parte della stretta cerchia dei più popolari della scuola oppure, ancora meglio, avrei potuto essere anche la leader: la reginetta della scuola, la capo cheerleader.

Ma non ho voluto.
Non mi interessava.

« E con Noah?»

I miei piedi si bloccano in automatico, come se il suo nome fosse abbastanza per arrestare anche i battiti del mio cuore. 

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