Capitolo Trentaquattro

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Noah's POV.

Vancouver è divertimento, confusione, vita. Vancouver è arte in tutte le sue sfaccettature. Vancouver è casa, l'unico posto che a distanza di anni sento sotto pelle e che ho cominciato ad apprezzare solo dopo una serie di catastrofici eventi.

Ho viaggiato parecchio nella mia vita. Il lavoro di mio padre, in passato, mi ha dato la possibilità di girare il mondo, di ammirare le bellezze di ogni luogo e le diverse culture. Ho avuto la fortuna di conoscere luoghi magici e persone fantastiche, con le quali ancora oggi -sporadicamente, lo ammetto- mi tengo in contatto ma alla fine degli innumerevoli viaggi volevo solo tornare a casa mia, per vivere la mia quotidianità.

Fino ad allora io e mio padre avevamo un buon rapporto. Un rapporto basato su fiducia, rispetto e bene in quantità smisurata. Tanto da desiderare, in un futuro non troppo lontano, di diventare come lui: un grande uomo d'affari come pensavo che fosse davvero.

Ma le esperienze ti cambiano, ti segnano dentro e difficilmente riescono a riportarti indietro. E la vera realtà, prima o poi, risale a galla in tutta la sua potenza.

Quando mia madre ci lasciò, per la prima volta mi resi conto della persona con cui ebbi a che fare in tutti quei anni. Mi accorsi che dietro alla sua maschera di padre amorevole e dedito alla famiglia si nascondeva un uomo senza scrupoli, interessato solo ed esclusivamente ad accrescere il denaro e il potere. Che fosse invischiato in affaracci sporchi lo avevo già capito da tempo. Nella mia ingenuità avevo scoperto cosa facesse tutti i giorni e soprattutto le notti ma, essendo un bambino, non avevo dato peso alla questione. La visione della mia vita, però, cambiò dopo la morte di mia madre. Quando scoprì che il grandissimo signor Miller sin da prima della mia nascita si divertiva a tradire mia madre, con svariate spogliarelliste e ragazzine della mia età, ogni traccia di rispetto verso di lui cadde.

Il padre perfetto che avevo idealizzato e idolatrato non era altro che uno stronzo traditore.

Vivere con il rimorso, con il senso di colpa che non mi fa dormire nemmeno la notte, è opprimente. L'idea che mia madre abbia sofferto così tanto, per lo più in silenzio, mi uccide dentro. Non mi sono mai accorto di quanto soffrisse, non mi sono mai accorto delle lacrime cariche di dolore versate sul suo cuscino a causa di tutti i tradimenti del marito.

Ero solo un ragazzino stupido ed egoista.

Un figlio ingrato.

« In quale ufficio si trova?»

Al mio arrivo improvviso, la segretaria sobbalza sulla sedia sollevando di scatto il viso truccato. Troppo truccato.

« S-signor Miller, salve! Suo padre è... è in riunione». Lisa sistema gli occhiali dalla montatura spessa con gesti nervosi. Non riuscendo a reggere il mio sguardo insistente, abbassa il suo puntando le sue iridi cioccolato sullo schermo accesso del pc.

Una risata amara scappa dalle mie labbra. « Riunione? E dimmi, Lisa, questa improvvisa riunione è una rossa o una mora? Oppure qualche bionda?»

La ragazza, imbarazzata fino al midollo, deglutisce. Si guarda attorno con aria smarrita ma non smentisce. Di certo, la colpa non è sua. Lei obbedisce, fa semplicemente il suo lavoro.

« Suo padre non vuole essere disturbato, mi dispiace», schiarisce la voce assumendo un tono più sicuro. « Può attendere qui oppure può lasciare un messaggio. Riferirò personalmente-»

« Ascolta, Lisa». Sbatto le mani sul bancone con forza mentre la vena del collo pulsa, per la rabbia che a poco a poco cresce. « Non me ne frega un cazzo del volere di mio padre e del fottuto messaggio da lasciare. Devo parlare con lui. Quindi, o mi dici dov'è nascosto o ti assicuro ch-»

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