#42

343 28 26
                                    

Ci misi un po' ma mi riabituai alla mia vita di sempre. Mi riabituai al mio lavoro, ad uscire sempre più spesso la sera, mi riabituai ad Arek. Mi legai ancora di più a lui e lui a me, eravamo una sola cosa. Mia sorella non ritrattò le sue accuse e il calvario del mio compagno si prolungò fino alla fine di giugno quando furono gli inquirenti a scagionarlo per mancanza di prove. La nostra vita ritornò quella di sempre e Arek ricominciò a rigiocare col Napoli solo nella nuova stagione.
La cosa che mi turbò e non poco, fu il mio legame quasi ossessivo con lui. Senza la sua presenza mi sentivo vuota, inutile. Mi sentivo completa solo quando c'era lui, volevo fare le cose solo con lui, ridere solo con lui, piangere solo con lui, vivere solo con lui. Qualsiasi cosa purché con lui. Quando lo ammisi a me stessa, mi dissi che non potevo continuare così. Non potevo legare la mia vita a doppio nodo con un'altra persona, avrei rischiato di soffrire troppo quando lui poi se ne sarebbe andato stanco di me. Non che al momento Arek mi desse a pensare che non mi volesse più o cose del genere, era solo una mia fobia.
Era una sera di metà maggio quando presi la mia decisione. Lui era sdraiato accanto a me a letto, leggeva un libro in polacco, era concentrato, serio. Mi passava le dita tra i capelli, come se fosse un suo anti stress personale.
"Voglio fare l'amore" dissi, improvvisamente. Si voltò lentamente verso di me, deglutì rumorosamente e si inumidì le labbra. Era passato più di un mese da quando ero uscita dall'ospedale ma non eravamo stati ancora davvero insieme. Lui non me l'aveva mai chiesto ed io non mi sentivo ancora pronta fino a stasera. Mi guardò negli occhi e annuì.
"Sono qui per te, se ti senti pronta sono pronto anche io" disse chiudendo il libro e mettendosi seduto.
"Lo sono però Arek.." non volevo che capisse una cosa diversa da ciò che intendevo "dobbiamo stare attenti" accentuai l'ultima parola per fargli capire il concetto e lui acconsentì.
"Certo" disse con un mezzo sorriso, spostandomi i capelli dalle spalle.
Sorrisi anche io, mi mancavano le sue mani calde addosso, mi mancava vederlo eccitarsi per me, ne avevo voglia. Non volevo però, rischiare di rimanere incinta quindi misi in chiaro la cosa. Lui fu d'accordo e dopo un imbarazzo iniziale iniziò a baciarmi. Prima dolcemente, poi sempre con più foga. Tra un bacio e l'altro mi diceva che ero bellissima, che gli mancavo, che ero l'amore della sua vita. I suoi occhi lucidi piantati nei miei, i suoi movimenti lenti e decisi, rapidi e tentennanti, mi fecero impazzire. Avevo paura di ciò che avrei potuto sentire, temevo che i punti non avessero retto, che internamente non fossi ancora guarita anche se il dottore mi ripeteva che stavo benissimo. Avevo paura di non riuscire più a provare piacere, a donare piacere. Per questo fino a quel momento non avevo voluto la penetrazione. Ma in quel preciso istante, tutti i pensieri negativi sparirono, si volatilizzarono. Arek era su di me, la mia unica fantasia, il mio unico desiderio, lui. Fu perfetto, dal primo all'ultimo movimento. Il modo in cui mi entrava dentro, il modo in cui mi accarezzava, come mi chiedeva se stavo bene, come si sforzò di far arrivare prima me al piacere per poi pensare a lui.
Cademmo entrambi distrutti sul materasso, col fiatone e dolori piacevoli ovunque.
"Ti amo" mi disse, baciandomi la fronte vistosamente soddisfatto.
"Devo andare, non posso più stare qui" risposi.

Heartless | Arkadiusz MilikDove le storie prendono vita. Scoprilo ora