Capitolo 17.

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«Come hai fatto a lasciarli li?» Urlai peggio di una pazza ricoverata in un manicomio. Mi madre voleva farmi arrabbiare già dopo meno di 24 ore dal suo ritorno.

«Dai tesoro, li andremo a prendere un giorno.» si intromise mio padre.

«Sì, come sempre.» Ma non avrebbero vinto loro, anche a costo di partire da sola sarei davvero andata a prendere tutta la mia roba.

Sapevo che i miei genitori avrebbero lasciato metà delle mie cose nell'altra casa, ma non avrei mai immaginato anche tutte le mie scarpe preferite per portare qui solo due paia che sarebbero state da buttare fra due giorni, e altrettanto avevano fatto con i vestiti. Per non parlare del portatile, delle mie foto che di solito portavo ovunque, erano parte della mia stanza e di me, e altri miei effetti a cui tenevo molto, avevano lasciato di tutto e di più in quella casa. Tutto ciò mi infastidiva, soprattutto il fatto che le loro cose le avessero portate tutte, anche le più futili.

Uscii da quella casa sbattendo la porta, con il bisogno di trovare qualche svago. Erano arrivati da meno di un giorno e già mi avevano fatto scoppiare la testa tra tutti i discorsi senza alcuna importanza per me, e altre idiozie varie sul loro alloggio in albergo e quindi sul come li trattavano, servizio in camera, gentilezza e altre banalità che non interessavano neanche ai muri.

«Vicky!» urlò Alice a pochi metri da me.

«Ehi.» la salutai vedendola avvicinarsi.

«Dove vai?»

«Non lo so, in giro...» non avevo una vera e propria meta in testa, dovevo solo allontanarmi da lì. «Tu?»

«Sto andando a comprare una cosa per mia madre al supermercato qui vicino. Vuoi venire?» propose.

«Okay.» accettai, restando comunque con la mia espressione da "non dire nulla o ti faccio saltare in aria" stampata in viso. Pensai che almeno avrei avuto qualche minuto di compagnia.

«Problemi con i tuoi?» Ecco, lei mi capiva al volo, anche quando non era presente. Certo non sempre, ma nella maggior parte dei casi era così.

«Mi hanno già rotto le ovaie, le mie cose più importanti le hanno lasciate nell'altra casa.» spiegai in breve.

«Come sempre.» aggiunse per me.

«Già.» sospirai.

Dopo averle fatto compagnia, per un breve tempo, lei tornò a casa mentre io non avendone voglia andai ancora in giro, destinazione ELEM bar. Erano appena le 17 e c'era già abbastanza gente. Presi posto ad un tavolino fuori inizialmente, ma poi cambiai idea e mi spostai dentro sedendomi al bancone.

Ora non so se mi seguiva o meno, ma dopo pochi secondi vidi entrare Zayn, che appena mi vede venne verso di me.

«Vic, sei sola?»

«No Zayn, come vedi qui c'è il mio amico immaginario, si chiama bello, sga-bello. Volete fare le presentazioni o le continuo io?» dissi indicando una seduta vuota accanto a me. Non avevo ancora bevuto e già davo il peggio di me, ero acida e mi infastidiva la qualunque.

«Simpatica...» forzò un sorriso «Se vuoi vieni a sederti con noi, siamo io e Marco qui fuori.»

Non ebbi il tempo di rifiutare malamente che arrivò il biondo del locale. «Ciao bella.» Theo mi salutò passando un vassoio vuoto ad una ragazza dietro al banco, sicuramente la sorella, o comunque qualche parente, vista una certa somiglianza, e mi lasciò un bacio volante sulla guancia sotto lo sguardo curioso di Zayn.

«Ciao Theo.» lo salutai pacata. Avrei voluto fargli presente quanto mi infastidisse quel suo modo di salutare, ma non volli dare spettacolo.

«Cosa ti porto?»

Il fratello della mia migliore amica è uno stronzo!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora