Questa sera non ci sono rumori, e non ci sono più tutte le luci della volta scorsa, forse non è prevista una cena, anche se io non ho mangiato.
Seguo Roger, che mi stringe per mano.
Mi faccio aiutare per salire a bordo e poi mi accompagna fino al ponte superiore.
Entriamo in quella che potrebbe benissimo essere la cucina di una villa, o di casa mia.
Sul bancone c'è una bottiglia di champagne, all'interno di un secchiello con del ghiaccio, che divide due bicchieri dal gambo lungo ed un candela bianca al centro.
Roger va verso il frigorifero e tira fuori un vassoio colmo di spiedini di frutta e tartine di pesce.
Quelle con il salmone sono le mie preferite.
Poi si avvicina all'interruttore della luce, ma non la spegne, ne diminuisce solo l'intensità, così da far risaltare la fiamma della candela.Mi si avvicina da dietro e mi cinge la vita con le braccia, prima di baciarmi il collo.
Sospiro e spero che questa sera duri in eterno, o che almeno possa ripetersi, in eterno.
Non so come, ma mi ritrovo un bicchiere in mano, Roger stappa lo champagne e ne versa un po' per entrambi.
«A noi», dico.
«A te, Golden», risponde, allungando il bicchiere verso di me.
Beviamo entrambi e mangiamo entrambi, tra un bacio ed una carezza.
La candela ha bruciato parte di se stessa e noi abbiamo bisogno di aria.
Usciamo sul ponte e vado a sedermi sulle ginocchia di Roger, sui cuscini che ricoprono le panche lungo tutto il perimetro dell'enorme barca.
Roger sembra diverso, ma mi piace.
I suoi movimenti non hanno più nessun freno, e credo neanche i miei, dopo la bottiglia di champagne.
Le sue labbra sono più morbide del solito, e le sue mani più insistenti.
Il mio corpo sembra essersi sensibilizzato all'improvviso, ed ogni suo tocco è un fiammifero che viene sfregato su di una superficie ruvida e prende fuoco.
Le sue dita sono ovunque, che scorrono lentamente, lasciando scie di calore sulla mia pelle, le sento sulle braccia, sul seno, e sulle cosce.
Bacio Roger, lo stringo e lo bacio di nuovo, sulla bocca, sul mento, sul collo, fino a togliergli la giacca.
Lui alza il bordo del mio vestito, spingendo sulle cosce.
Ma sono sicura di ciò che sto facendo?
Lo champagne non sarebbe una buona scusante, neanche per la mia mente, e lo so.
Ci sposiamo tra poco più di un mese, ho tutto il tempo che voglio, e se sento di dover aspettare ancora un po', nessuno me lo impedisce.
«Roger...», lo chiamo, continuando ad accarezzargli il collo, e mi sembra il replay della volta scorsa, io che sussurro il suo nome, e lui che lo prende per un gemito di piacere, e come la volta scorsa, devo allontanarlo a forza.
Questa sera, però, non ci riesco.
Roger ignora le mie mani.
«Roger», ripeto, e adesso più forte.
Lui si allontana un po' da me, ma solo per potermi guardare in viso.
«Che c'è?», domanda, scocciato.So che non è la prima volta che lo fermo, ma non voglio andare avanti.
«Non questa sera», affermo, cercando di trovare la forza davanti al suo sguardo che sta concedendo a poco a poco spazio all'ira.
La mia voce risulta comunque ferma, perché è ciò che voglio, e se lo voglio sarà mio.
«Ah, no?! E quando? Quando?», il suo tono mi fa paura e la sua espressione ancora più della voce.
Improvvisamente cambiato, non lo riconosco più in quel viso contorto, dagli occhi scuri e dalle labbra arricciate.
«Roger...», bisbiglio e tento di calmarlo, allungando una mano verso di lui.
«Quando sarò pronta», rispondo, ancora sicura di me.
«E tu credi che io voglia aspettare che tu sia pronta? Non passerò la mia vita ad aspettare te!», ma cosa sta dicendo?
Che gli è peso?
«Noi ci dobbiamo sposare», gli ricordo, alzandomi in piedi, ma lui mi riafferra per il polso, tirandomi di nuovo a sedere stretta a lui.
«Sposare?!», ripete, come se non avesse mai sentito questa parola.
«Davvero credevi che mi sarei sposato a ventitré anni? E con una come te?! I miei non ti possono vedere, né te, né quella volgare di tua madre, né quello stupido imprenditore di tuo padre, sull'orlo della crisi finanziaria per più di una volta», continua, e la sua voce non sembra più appartenergli, non a quel Roger dal quale mi sono fatta invadere.
È rabbiosa, fredda, e inonda disprezzo in ogni parte.
Tento nuovamente di alzarmi, non riesco a credere a ciò che sta accadendo, ma non riesco a soffrire, voglio solo andarmene.
«Lasciami andare», dico, quando lui mi afferra per la seconda volta, impedendomi di allontanarmi.
«Pensi che ti lascerò andare così, dopo tutto questo tempo? É passato più di un mese e non permetterò che questi giorni vengano sprecati!», la sua voce è lontana e questa volta è lui ad alzarsi, tirandomi dietro di sé.
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GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime. WATTYS2019
ChickLitDa bambini sembra tutto semplice, diventare adulti è qualcosa di automatico. Da adulti, invece, è tutto più difficile, ci sono responsabilità dalle quali non ci si può tirare indietro, ma questo, Golden ancora non lo sa. Vissuta sempre nel suo mondo...