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Il cielo non è mai stato così plumbeo, neanche il giorno in cui Fred è tornato a casa grondante.
Il celeste è scomparso, ed al suo posto una coltre di nuvole a coprire ogni centimetro di luce, rendendo questo pianeta una cappa di vapore acqueo.
La macchina di Christian invece è calda, e profumata. Sa di fresco, quel tipo di freschezza che ti fa sentire bene dopo una giornata passata al sole.
Stiamo andando a casa mia, il giardiniere dovrebbe arrivare in serata, ma solo se non inizia a caderci il mare addosso.

«Come mai questa casa?», mi domanda Christian, lungo il tragitto.
Non gli ha spiegato nulla Fred, ma lui ha accettato lo stesso di accompagnarmi, forse si merita una risposta sincera, e forse è in grado di non giudicarmi.
Ma è difficile fidarsi quando nessuno si è mai fidato di te.
«Speravo in qualcosa che...», non trovo le parole.
«Non fa nulla, se non vuoi, non dirmelo», non voglio, abbasso lo sguardo e spero che non faccia altre domande.
Non di quelle alle quali non so rispondere.
Siamo quasi arrivati quando l'auto inizia a fare i capricci.
Manca un'ultima curva, ma credo non riusciremo mai a superarla, se l'auto continua così.
«Cosa c'è?», domando a Christian, preoccupata.
«Non lo so, non è la benzina», spiega, corrugando la fronte e sporgendosi verso il cruscotto.
Ancora pochi metri e l'auto si ferma del tutto.
«Porca miseria!», esclama colpendo il volante e facendo suonare il clacson.
Rabbrividisco e inizio a preoccuparmi.
«Aspetta qui», mi dice, prima di scendere ed andare a controllare il motore.
Resta fuori per qualche minuto, poi risale, ma dall'espressione intuisco che nulla sia migliorato.
«Non so cosa abbia, devo chiamare il carroattrezzi», tira fuori il telefono ed inizia a digitare il numero.
Attende che qualcuno risponda.
Non deve aspettare molto che sento la voce di un uomo dall'altra parte della cornetta.
Dopo pochi minuti richiude la chiamata.
«Non può arrivare prima di domani mattino!», esclama, voltandosi verso di me.
«Cosa facciamo?», domanda.
«Casa mia non è lontana, possiamo andare a piedi», propongo.
Aspetteremo il giardiniere lì.
«Potremmo tornare con il giardiniere», aggiungo, aprendo lo sportello dell'auto.
Christian mi imita e dopo aver chiuso l'auto iniziamo a camminare.
Svoltiamo alla curva quando inizia a piovere a dirotto.
Non abbiamo un ombrello ed iniziamo a bagnarci come se l'acqua cadesse a secchiate, ed immagino già che il giardiniere non verrà.
«Vieni qui», mi invita Christian, togliendosi il giubbetto e mettendolo sopra le nostre teste per coprirci dalla pioggia.
Ma dopo qualche metro è completamente inzuppato e non serve più a molto...
Giungiamo davanti al cancello della casa e mi accorgo del disastro.
L'albero pericolante deduco sia quello che ora giace davanti al cancello, impendendogli di aprirsi completamente.
«Oh», esclama Christian, mentre io lascio che il silenzio sia la cassa di risonanza del mio stupore.
«Forse riusciamo a passare lo stesso...», corro verso le sbarre, la pioggia è sempre più violenta.
Tiro fuori la chiave e cerco di infilarla nella serratura mezzo arrugginita, non ricordavo fosse così malandata.
Il cancello si apre dopo qualche tentativo, ma non riusciamo comunque a passarci.
Non ci sono più di dieci centimetri di spazio e neanche un gatto ci passerebbe.
«Vieni, ti aiuto», Christian mi si avvicina e unisce le mani così che io possa salire e scavalcare il cancello.
Mi aggrappo alle sbarre del cancello e vado dall'altra parte, senza però riuscire ad evitare di inzupparmi sia la maglia che i pantaloni.
Sto congelando, i denti prendono a battere da soli ed io inizio a credere di non essere più in grado di controllare i miei muscoli.
Per di più ci si mette anche il sole, che sembra essere sul punto di scomparire per sempre, camuffandosi in un tramonto troppo affrettato.
«Va tutto bene?», mi domanda, osservandomi preoccupato.
Annuisco.
«Tu vai intanto, ora arrivo», aggiunge, osservando il cancello per capire come passare dall'altra parte.
Non posso lasciarlo qui da solo...
Gli vado vicino.
«Prova ad appoggiare un piede qui», indico una sbarra orizzontale del cancello, ma è piuttosto sottile, e non so se reggerà il suo peso.
«Stavo pensando proprio a questo, ma non so se riuscirà a sostenermi...», riflette, tentando lo stesso.
Afferra le sbarre davanti a se e si da una spinta così da poter saltare direttamente sopra al cancello, e appoggiarsi il meno possibile sulla sbarra insicura.
Ci riesce al primo tentativo, ma il pantalone si aggrappa contro una sbarra appuntita e si strappa, proprio lungo il fianco.
«Cavolo!», impreca, prima di scendere dall'altra parte e raggiungermi.
«Andiamo!», mi stringe per le spalle e cerca come può di ripararmi dalla pioggia, anche se è praticamente impossibile.
Raggiungiamo il laghetto davanti alla casa.
La sirena esercita su di me lo stesso fascino della prima volta, come se questa casa fosse parte di un mondo fatato, fiabesco, irreale.
La pioggia fa increspare l'acqua melmosa e crea un rumore che al contempo mi impaurisce e mi rilassa.
Christian mi accompagna fino all'entrata, saliamo le scale ed io prendo la chiave cosi da aprire la porta.
Quando la chiudiamo alle nostre spalle cala il buio nella stanza, ed un silenzio quasi irreale ci circonda, interrotto soltanto dal gocciolio dei nostri indumenti e dal rumore della pioggia all'esterno.
Sento il respiro di Christian, veloce come il mio.
Siamo soli.

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Eeehm... Cosa accadrà ora?😅
Via con le scommesse dreamers!!!😏😏😏😏
Vi aspetto tra 1000 baci di gratitudine😘😘😘😘😘😘😘😘
Anche se la storia non ha molte letture, ne ha comunque più di quante potessi pensare e questo è già molto😍

GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime.         WATTYS2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora