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«Golden», ripete Christian, reggendomi a sé.
Porge una mano verso il mio viso, sta per accarezzarmi il volto, quando il mio corpo agisce da solo, senza controllo, senza autorizzazione.
Con l'avambraccio scanso via la sua mano e le mie gambe sembrano riprendere la forza di sorreggermi.
La nausea si sta facendo orribile, e credo vomiterò da un momento all'altro.
Mi fa schifo.
Mi fa tutto schifo.

L'uomo che ha cercato di violentarmi si sta coprendo parte del volto con una mano, e alla sola vista del suo corpo sento un crampo allo stomaco.
Devo andarmene.
Via.
Mi volto e ritorno in bagno.
Christian non riesce neanche a capire, che io sono già scomparsa.
Mi aggrappo al lavandino, ma evito il mio riflesso allo specchio, temo di trovarci quel mostro che tutti vedono e credono vada punito.
Mi sento in colpa, senza aver fatto nulla.
Mi sento male come se avessi commesso un reato, e quasi desidero la pena.
Ma no, non posso meritarla.
Mentre le lacrime continuano a scorrere e a cadere sulla porcellana bianca del lavandino, sento Christian bussare alla porta e chiamarmi.

«Golden, esci, ti prego», mi supplica, e la sua voce è così straziante da farmi piegare in due come fossi un libro sul punto di essere chiuso, decretando la fine della storia.
«Golden, non me ne importa nulla, tra due secondi entro là dentro», inizia a dire.
La rabbia e il senso di impotenza lo immergono in un bagno di fuoco in cui l'unica cosa che conta è la vendetta.
Ma non voglio vederlo.
Non deve vedermi.
Nessuno deve vedere il mostro che sono.
Nessuno lo vedrà più.
Mi volto e do le spalle allo specchio.
Osservo la porta beige del gabinetto, con la vista sfocata e i conati a vuoto che mi pervadono.
Ho schifo per il mondo.
Schifo per gli uomini.
Schifo per me stessa.
Schifo per ogni cosa.
Anche per quel bambino innocente che starà nascendo in questo momento.
Mi fa schifo.
Perché quel bambino non sarà diverso dagli altri uomini, e quella bambina non sarà diversa da me.
Mi fa schifo.
Ogni.
Cosa.

«Golden!», esclama Christian, mentre corre verso di me, e al contempo da un gabinetto esce una signora non più tanto giovane che ci osserva come se davvero avessimo commesso un omicidio.
Christian mi afferra un braccio e mi trascina in fondo alla stanza, vicino alla finestra.
«È già successo?», domanda, mentre negli occhi vedo comparire l'ombra dell'odio, quel fuoco che non riesce a sciogliere il ghiaccio e quel vento freddo che non è in grado di spegnere il fuoco.
«È già successo, non è vero?», le sue mani mi fanno stare male, mi toccano in punti che non sono più miei, ricordandomi in ogni istante che li ho persi senza aver dato loro il permesso di andarsene.
Ricordandomi che in questa vita l'unica cosa che si può scegliere è come morire prima del tempo.
Ed io non sono mai stata così coraggiosa da scegliere il momento.
Sono una vigliacca, codarda e masochista, e forse proprio per questo merito tutto ciò.
«Golden ti prego!», vuole una risposta, la vuole adesso.
Alzo lo sguardo verso il suo, e non so cosa sarei in grado di dire.
E non mi interessa neanche più saperlo, quando vedo che nei suoi occhi c'è già la consapevolezza di quel dubbio che non è altro che certezza.
Lui lo sa già.
Non serve che io risponda.
Sa che sono un mostro.
L'ha visto nei miei occhi, l'ha visto nel mio corpo.
Anche lui ora lo sa.
Anche lui ora vorrà farmi del male.
Anche lui ora potrà farmi del male.
E lo farà.
Perché nessuno, oltre a lui, potrebbe salvarmi qui.
Lui che era quell'angelo che non credevo esistesse.
Lui che ora è solo uno dei tanti demoni.
Un'ombra.

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Capitolo corto ma necessario...
Ci sentiamo domani DREAMERS, intanto 650 baci per voi!😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘

GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime.         WATTYS2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora