Da quel giorno al picnic, sento la vita, scorrere come se fosse acqua di un ruscello nelle mie vene, la vedo accanto a me, la sento dentro di me, e mi sembra di non poter mai essere abbastanza veloce da coglierne ogni dettaglio o colore.
È... strabiliante, incredibile, e il modo in cui tutto questo viene ignorato è altrettanto inimmaginabile.
La bellezza di tutto questo...
Perché non l'ho vista prima?
Perché ho lasciato che le ombre mi raggiungessero e facessero di me il loro riflesso, uno specchio della loro vergogna?
E perché non riesco ad ignorare la loro forza ammaliante?
Nonostante ciò che so, nonostante il mondo, la vita, non riesco ad evitare di piangere...
Non verso più lacrime, ma il mondo riesce lo stesso a ferirmi, i ricordi ci riescono, ed io mi domando quando riuscirò a trovare quella forza per superare ogni cosa.«Devo partire, starò via per qualche giorno, tra una settimana», Fred mi avvisa mentre facciamo colazione, mi osserva, valuta ogni mia espressone e tenta di capirmi prima ancora che io apra bocca.
È commovente lo sforzo che fa per essermi vicino, ma ancora di più lo è il fatto che ci riesca.
Non ho mai avuto bisogno di nulla, da quando sono con lui.
Anzi, spesso mi sono ritrovata a chiedere di meno...
«Dove andrai?», domando, bevendo il mio tè.
«A New York, un incontro d'affari», spiega.
New York...
Per qualche giorno...
Rimarrò da sola, questa casa sarà troppo grande, e il mio rapporto con Rosalinda non è mai migliorato.
«Vieni con me», mi propone, ripiegando il tovagliolo appena usato.
«Cambierai aria, vedrai gente nuova, posti nuovi, ti farà sicuramente bene», aggiunge, come se il suo invito non potesse essere abbastanza da convincermi ad accettare.
«Davvero? Posso accompagnarti?», domando, più che entusiasta, euforica, direi, come lo ero da troppo, troppo tempo.
New York, non credo di aver mai sognato qualcosa di migliore.
Sono sicura che mi divertirò, e sono felice, felice di non avere più qualcosa di cui preoccuparmi, se non me stessa.
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«Ciao», mi saluta Christian, quando io e Fred entriamo nel loro ufficio.
Gli sorrido.
Sono passati quattro giorni dalla nostra gita, ed oggi è la prima volta che rivedo Christian dopo quella sera.
Fred mi ha detto che è stato impegnato per problemi famigliari.
Ed io non ho fatto domande, ma rivederlo in ufficio mi fa piacere.
Vado verso il divano, divenuto ormai il mio posto, e afferro il libro che ho trovato negli scaffali della sala a casa di Fred, è un libro di poesie.
Quando lo leggo mi sembra di essere di nuovo seduta su di uno sgabello, in una stanza piena di specchi, un lampadario che sembra fatto di stelle, e due mani le cui dita corrono sui tasti bianchi e neri, come fossero ali che si posano delicatamente sui petali dei fiori appena sbocciati.
È la mia musica, e mi ispira.
Christian mi si avvicina, mentre Fred apre una cartellina posta sopra la sua scrivania, legge velocemente e poi la richiude, afferrandola.
«Come stai?», mi domanda Christian, con un sorriso modesto in volto.
Uno di quei sorrisi che ti fanno sentire in debito nei confronti degli altri.
Un misto di desiderio e riservatezza ed un'impressione di eccessiva premura, qualcosa di così delicato da rendere chi lo indossa la creatura più dolce dell'universo.
Una voglia di protezione ti afferra, fino a quando non ha conficcato le sue grinfie dentro di te e tu sei costretto ad assecondarla, a prenderti cura di qual qualcosa di così fragile.
Ed io voglio farlo.
Voglio impegnarmi.
Ho promesso a me stessa la felicità, e non voglio deludermi.
«Bene», rispondo.
Fred mi sorride passandomi accanto e poi va verso la porta.
«Noi ci vediamo all'ora di pranzo, Golden, se hai bisogno di qualcosa sai sempre come trovarmi», mi ripete, prima di chiudersi la porta alle spalle.«Posso?», chiede Christian, indicando il posto sul divano accanto a me.
Annuisco, sorpresa dal fatto che mi abbia chiesto il permesso di sedersi accanto a me.
«Sembri più solare, oggi», osserva, sedendosi ed incrociando le gambe fasciate elegantemente dai dei pantaloni gessati.
«Grazie», gli rispondo, in imbarazzo.
Ma ringrazio chiunque ne sia l'artefice, per il fatto che non sto ancora tremando.
«Cosa leggi?», si sporge verso il libro che stringo tra le dita e cerca il titolo.
«Sono poesie, di autori diversi e su temi diversi, ma mi piacciono», spiego, la bocca completamente asciutta ed il cervello a corto di parole, oltre che di ossigeno, a causa del respiro irregolare.
«Mmmm, poesie... Non mi è mai piaciuto leggerle, trovavo che la mia voce non fosse in grado di render loro giustizia, come se le storpiassi, e leggerle in silenzio... be, non è la stessa cosa che ascoltarle...», riflette, sorridendo tra sé e sé.
«Tua madre ti leggeva poesie, quando eri bambina?», chiede, con l'innocenza di chi non sa che sta per entrare in un campo minato, in cui le bombe non sono nascoste nel suolo, ma dentro di me, ed un respiro sbagliato, un semplice pensiero sbagliato può innescarle e decretare la mia morte.
«No», rispondo, stringendo ancora di più il libro.
«Mia madre non mi ha mai letto poesie, non mi ha mai letto nulla, forse posso dire che non è stata neanche una madre, una donna sì... ma madre...», la voce si affievolisce a tal punto che non riesco più ad andare avanti.
Abbasso lo sguardo sulle mie mani e lascio che i capelli sciolti mi coprano il volto.
Vorrei aggiungere altro, molto altro, ma non trovo le parole.
Ed ho paura.
Ciò che dico potrebbe non interessare Christian, ma peggio ancora, potrebbe ferire me ancora di più.
Non ho più parlato dei miei genitori, con nessuno, e farlo qui, adesso, con un mezzo sconosciuto davanti, non mi fa sentire esattamente a mio agio.
Anche se vorrei dirgli che non mi sento di giudicare mia madre, né nessun altro, che ognuno nella sua vita fa le proprie scelte, che influenzano in modo più o meno significativo lo scorrere degli eventi, che nessuno può permettersi di giudicarle, resto in silenzio.
Mia madre ha preso le proprie decisioni, ed io non la rimprovero, non sapendo neanche cosa significhi avere una vera e propria madre, non ne ho mai conosciuta una diversa e non avevo mai voluto conoscerla...
Ed ora mi rendo conto che non so nulla della vita, in un attimo di improvvisa consapevolezza, anche se, fino a pochi mesi fa, credevo di aver già vissuto tutto.Alzo lo sguardo e ritrovo quello di Christian, curioso e allo stesso tempo rattristato, empatico.
«Non volevo ferirti, o portarti a pensare cose che...», inizia a scusarmi, ma lo interrompo.
«Oh, sono così tante le cose che potrebbero ferirmi, non scusarti», lo incoraggio, incoraggiando anche me stessa.
Non credevo di poter pronunciare una frase simile, ed invece ci sono riuscita.
Ho fatto un passo avanti, ammettendo le mie debolezze.
«Sei molto forte, Golden e...», qualcuno bussa alla porta.
Le labbra di Christian rimangono socchiuse, mentre entrambi ci giriamo verso Vanessa che ha infilato la testa nel piccolo spazio da lei aperto.
«Posso?», domanda.
Christian si alza in piedi e le va incontro.
«Sì, certo».
«Fred ti cerca», lo avvisa Vanessa, sorridendomi.
«Ciao Golden», le rispondo anche io con un sorriso.
«Ci vediamo a pranzo», mi saluta Christian, prima di uscire, seguito da Vanessa.
Vengo lasciata sola con le mie poesie e tutto ciò che una semplice parola può esprimere._________________________________________________
Le cose sembrano migliorare, credete che questa sia la volta buona?
Ditemelo nei commenti, mentre io vi lascio 1260 baci parolosi dreamers😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘
Vi ricordo che nel mio profilo potete trovare un'altra storia, completa.
JUNIPER, un incontro tra passione e perdono, passato e coraggio, e chissà cosa ne esce fuori...
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GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime. WATTYS2019
ChickLitDa bambini sembra tutto semplice, diventare adulti è qualcosa di automatico. Da adulti, invece, è tutto più difficile, ci sono responsabilità dalle quali non ci si può tirare indietro, ma questo, Golden ancora non lo sa. Vissuta sempre nel suo mondo...